2023-05-07
Tridico in lacrime altro martire da barzelletta
Pasquale Tridico (Getty Images)
Pasquale Tridico è un uomo fortunato. Da sconosciuto professore di economia dell’Università Roma Tre, un bel giorno divenne prima commissario dell’Inps e poi addirittura presidente dello stesso ente. La fortuna naturalmente fu assistita dal fatto che lo sconosciuto docente originario di Scala Coeli, provincia di Cosenza, con le sue proposte sul Reddito di cittadinanza entrò nelle grazie del Movimento 5 stelle al punto che, in vista delle elezioni, i grillini lo indicarono come possibile ministro del Lavoro. Poi, siccome il posto fu occupato da Luigi Di Maio, il quale non avendo mai lavorato si ritenne perfetto per l’incarico, il professore ottenne come risarcimento la guida dell’istituto che garantisce le pensioni di 13 milioni di italiani. Come si sa, la fortuna però va e viene. Dunque, un bel giorno la pacchia finì. E precisamente lo scorso 4 maggio, quando, senza farla troppo lunga, il governo Meloni ha accorciato di un anno il mandato di Tridico, commissariando l’ente. Pare che il poveretto fino all’ultimo non ne abbia saputo nulla, al punto da riunire la squadra di collaboratori per pianificare le prossime settimane. Della brutta sorpresa il quasi ex presidente (lascerà l’incarico fra poco più di una settimana) si è lamentato ieri sulle pagine del Corriere della Sera, dolendosi non solo del mancato preavviso, ma dello sgarbo istituzionale. Tridico contesta anche la legittimità del provvedimento, precisando che a termini di legge l’istituto previdenziale è autonomo e non può essere sottoposto allo spoils system, ovvero non si possono cambiarne i vertici con il mutare del governo. Per il professore, dunque, non c’erano e non ci sono le condizioni per il commissariamento. Peccato che l’illustre docente dimentichi come lui stesso fu insediato ai vertici dell’ente. Era la metà di febbraio del 2019 quando l’allora governo gialloblù presieduto da Giuseppe Conte diede il benservito a Tito Boeri, che a sua volta era stato insediato da Matteo Renzi. Per qualche settimana la maggioranza litigò sul nome del sostituto, poi i grillini ebbero la meglio sui leghisti e imposero il nome dell’ex aspirante al ministero del Lavoro, che certo aveva meno titoli del suo avversario, Mauro Nori, che essendo stato direttore generale dell’istituto, di pensioni quantomeno ne capiva. Nell’intervista al Corriere in cui frigna per la rimozione, Tridico si autoelogia, descrivendo la sua presidenza come un fulgido esempio di successi. Peccato che i dati non dicano la stessa cosa. Per l’anno in corso l’Inps prevede un buco di bilancio che sfiora i 10 miliardi di euro, vale a dire in netto peggioramento rispetto all’anno precedente, quando i conti furono chiusi con un dato positivo di 1,8 miliardi. Certo, sui risultati pesano l’inflazione e anche la riduzione dell’occupazione, ma parlare di successi come ha fatto Tridico più che una forzatura pare una balla. E poi non ci sono solo i dati, che un esperto come Giuliano Cazzola ha messo uno in fila all’altro, rilevandone la scarsa trasparenza, ma ci sono anche le gaffe, difficili da dimenticare. Sebbene lui provi a tirare le somme dicendo di aver traghettato l’istituto verso traguardi unici, i ritardi sul pagamento della cassa integrazione durante il periodo Covid e il disastro del bonus da 600 euro resteranno negli annali quale prova di come non si gestisce un’emergenza. Senza dire poi di quando la piattaforma dell’Inps collassò sotto il peso delle domande e Tridico dette colpa agli hacker. Sì, sarà difficile scordare l’ex sconosciuto professore. Anche perché io sono certo che farà di tutto per farsi notare. Ieri al Corriere ha dichiarato che lui non ha tessere, nemmeno quella del Movimento 5 stelle, tuttavia non è da escludere che fra un anno, quando si voterà per le elezioni europee, rivedremo il «padre» del Reddito di cittadinanza e ricorderemo i suoi disastri.
Crollano le forniture di rame, mercato in deficit. Trump annuncia: l’India non comprerà più petrolio russo. Bruxelles mette i dazi sull’acciaio, Bruegel frena. Cina e India litigano per l’acqua del Tibet.
Elly Schlein (Imagoeconomica)