2024-06-06
Il Tribunale Ue va in retro su Carige. Così la Bce risparmia 880 milioni
Sconfitto Vittorio Malacalza: l’ex azionista principale dell’istituto ligure chiedeva i danni legati al commissariamento. Decisione opposta rispetto al caso di una piccola azionista che però non reclamava un risarcimento.La Bce non dovrà risarcire con 880 milioni di euro gli ex azionisti di riferimento di Banca Carige, la famiglia Malacalza. Lo ha deciso ieri mattina la Corte Ue pronunciandosi sull’azione giudiziaria presentata da Malacalza investimenti e da Vittorio Malacalza come socio privato che chiedevano un risarcimento rispettivamente di 870.525.670 euro e di 9.546.022 euro. Il ricorso era incentrato sulle azioni o omissioni della vigilanza di Francoforte sull’istituto ligure a partire dal 2014 e sull’amministrazione straordinaria a inizio 2019 della banca (oggi in Bper). I Malacalza, già industriali siderurgici oggi nei magneti superconduttori, erano entrati nel 2015 in Carige acquistando il 10% dalla Fondazione conferitaria, per finire - di aumento in aumento, con un investimento cumulato di oltre mezzo miliardo - primi azionisti della banca con il 27,5% a fine 2018, e poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano al commissariamento deciso da Bce a inizio 2019. Tra il 2015 e il 2019, quando Mario Draghi era già alla guida della Banca centrale, quest’ultima aveva adottato diverse misure di intervento. Secondo i Malacalza, «alcune di tali azioni sarebbero contrarie ai doveri connessi a tali funzioni». Secondo il Tribunale a Lussemburgo, invece, «nessuno degli illeciti contestati alla Bce nell’ambito della sua vigilanza su Carige può far sorgere una responsabilità extracontrattuale dell’Unione». Nella sentenza, la Corte sottolinea che per accertare tale responsabilità individui e imprese devono dimostrare che tre condizioni sono cumulativamente soddisfatte: l’illiceità del comportamento imputabile all’istituzione o ai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento denunciato e il danno lamentato. Rispetto alla illiceità del comportamento tale condizione è soddisfatta quando il comportamento contestato implica una norma giuridica preordinata a conferire diritti agli individui e alle imprese e quando la violazione contestata all’istituzione è sufficientemente qualificata. Secondo il Tribunale, Malacalza investimenti e Vittorio Malacalza avrebbero dovuto dimostrare che la Bce abbia violato in modo grave e manifesto, abusando del suo potere discrezionale, una norma di diritto dell’Unione che conferisce loro diritti. Per il giudice tale primo requisito non è stato soddisfatto e ha quindi respinto il ricorso senza valutare le altre due condizioni per l’accertamento di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Facciamo però un passo indietro al 12 ottobre del 2022 quando la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva annullato la decisione della Bce che a inizio 2019 ha posto la banca ligure in amministrazione straordinaria. La Corte aveva dato ragione al ricorso di Francesca Corneli, piccola azionista dell’istituto ligure. Simili anche le contestazioni. La differenza? Il sospetto è che stia qui: la vicenda Corneli non chiedeva un risarcimento, i Malacalza sì. Tornando all’ultima domanda su cui si è espressa la Corte ieri, i Malacalza puntano il dito contro la vigilanza della Bce consistenti «sia in omissioni di interventi doverosi, sia in positive condotte pregiudizievoli». Si lamenta, in primo luogo, che la Bce abbia concorso a determinare una «rappresentazione della situazione e delle prospettive della banca, nell’affidamento della quale gli azionisti hanno investito ingenti risorse nell’acquisto di azioni Carige e nella sottoscrizione e versamento di aumenti di capitale; e abbia successivamente tale affidamento frustrato con comportamenti e con l’emanazione di provvedimenti contraddittori, impositivi di misure ingiustificate, sproporzionate e anche sotto altri profili illegittimi, che si inscrivono in una condotta complessiva illecita e pregiudizievole». I Malacalza si riferiscono in particolare: agli affidamenti ingenerati sulla situazione di Carige determinatasi per effetto degli aumenti di capitale del 2014, 2015 e 2017; alla successiva frustrazione di tali affidamenti conseguita a comportamenti e provvedimenti della Bce; «all’illegittimità dei provvedimenti della Bce - forieri di gravi danni consistenti in perdite di valore delle partecipazioni degli azionisti di Carige - che avrebbero imposto la dismissione di crediti deteriorati, in modo e in misura ingiustificati, sproporzionati e contrastanti con il principio di parità di trattamento e di altri principi». Secondo i Malacalza, la Bce ha effettuato «impropri condizionamenti e ingerenze nei processi di governance della banca, favorendone una gestione autocratica da parte degli amministratori delegati» così da assicurare «l’attuazione di misure scorrettamente imposte, precludendo altresì la reazione a pratiche gestionali del management improprie e pregiudizievoli, nonché determinando un fattore di debolezza della banca». Contro la decisione del Tribunale può essere presentata impugnazione alla Corte entro due mesi e dieci giorni dalla data della sua notifica. Vedremo se i Malacalza lo faranno.
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