2023-12-29
Resa della Treccani alla propaganda: «Femminicidio» parola dell’anno
L’Enciclopedia italiana definisce l’uccisione delle donne il prodotto della «cultura maschilista e patriarcale». Un pessimo modo di fare marketing sulla morte di Giulia Cecchettin, in barba al parere degli esperti di destra e sinistra.Siamo alla politica delle parole. Perfettamente integrata nel sistema delle «narrazioni» e delle bolle mediatiche, anche la Treccani scende in campo ed «evidenzia l’urgenza di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere». Chi pensa che gli sia sfuggito qualcosa e che alla presidenza dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana sia arrivata Laura Boldrini, ovviamente sbaglia. Ma è come se fosse. L’austero consesso, un tempo custode della lingua italiana, scende tre gradini e nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, sceglie «femminicidio» come termine dell’anno.Fin qui niente di particolarmente nuovo. Il tema è di grande attualità nell’Italia commossa dalla tragedia di Giulia Cecchettin. L’onda è alta e fare surf per guadagnarsi popolarità e qualche titolo di giornale non è peccato. Anche la Chiesa in questi anni ha privilegiato la terminologia di moda (inclusione, resilienza, parresia, ecologismo, global warning, Casarini). Se un’istituzione in auge da 2.000 anni avverte il bisogno di diventare pop per sentirsi moderna, è normale che lo facciano tutti. Peraltro senza alcun sussulto, perché la parola femmicidio era stata registrata fra i neologismi dell’enciclopedia nel 2008. Dove la Treccani scivola e si mette al pari di un talk show di La7 è nella definizione entrata nel vocabolario: «Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica di una donna in quanto tale, espressione di una cultura plurisecolare maschilista e patriarcale che, penetrata nel senso comune anche attraverso la lingua, ha impresso sulla concezione della donna il marchio di una presunta e sempre infondata inferiorità e subordinazione rispetto all’uomo». La spiegazione, socialmente ferma al contesto temporale da paleolitico descritto nel capolavoro di Roy Lewis Il più grande uomo scimmia del pleistocene, merita un approfondimento.Nel dibattito seguito alla morte di Giulia, le voci in campo sono state molte ed è deludente che un totem di autorevolezza come Treccani si sia fermato alla molliccia cultura sessantottina e all’interpretazione delle femministe arrabbiate di «Non una di meno». Arrivare ad agganciare con superficiale naturalezza quel femminicidio al patriarcato è un azzardo di bassa lega, anche perché non esiste unanimità nel supporre un legame di causalità. Insomma, «non lo dice la scienza», ma lo dice il Pd. La sinistra progressista ha cavalcato il tema per denigrare la società italiana e la struttura della famiglia, per contrapporre uomini e donne in una guerra dei Roses permanente, per dimostrare l’inconsistenza culturale della parte del Paese che probabilmente non la vota. Tutto questo basta a Treccani? È sconfortante notare che il lemma paia scritto sotto dettatura da Elly Schlein.«Eliminazione fisica espressione di una cultura secolare maschilista e patriarcale». Ma chi l’ha detto? Non autorevoli psicanalisti come Luigi Zoja: «Il patriarcato non è responsabile. Pur con tutti gli errori commessi, ha retto le realizzazioni più grandiose della nostra civiltà. Buttarlo alle ortiche così, in blocco, è da pazzi. Dissolto l’ordine del padre si è tornati all’orda». Non uomini di legge come Nicola Gratteri: «Patriarcato colpevole nel caso di Giulia? No, è il risultato di cattiva educazione ed egoismo». Non filosofi catodici come Massimo Cacciari, peraltro spesso ospiti delle trasmissioni che la direttrice scientifica di Treccani, Valeria Della Valle, evidentemente segue con entusiasmo. Ha spiegato l’ex sindaco di Venezia da Lilli Gruber, fulminandola: «La famiglia patriarcale non esiste più da 200 anni, queste tragedie sono frutto di personalità deboli».La spiegazione della scelta da parte della direttrice Della Valle conferma l’approccio politico-mediatico: «Non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola femminicidio in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socio-culturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica?». Nessun approfondimento sulla passiva e automatica associazione con il presunto patriarcato, del tutto arbitraria. Purtroppo non è la prima volta che la massima espressione enciclopedica italiana si lascia tentare dal popolarismo un tanto al chilo. Difficile dimenticare quando, per definire il perimetro del termine «mobbing» e delle umiliazioni professionali, comparve sul sito della Treccani l’esempio della vicenda di Sara Pedri, ginecologa scomparsa e non ancora ritrovata. Allora, sull’onda dell’indignazione mediatica a senso unico (ma in assenza di uno straccio di sentenza), si parlò di «persecuzione subìta» facendo infuriare gli avvocati difensori del primario Saverio Tateo. Poi quella parte venne opportunamente tolta. L’anno prossimo Treccani potrebbe dedicare le sue attenzioni a una parola che sembra starle molto a cuore: marketing.
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)