2019-11-27
Tra limature e rinvii l’esecutivo ha fatto un buco di 800 milioni
A forza di emendamenti, la coperta della manovra si è fatta troppo corta. Inevitabile ricorrere ai tagli lineari ai ministeri.Tutto secondo copione, con scarsa fantasia. Prima il governo riempie la manovra di tasse, e poi (con grancassa mediatica a supporto) annuncia di volerle sforbiciare un pochino, per gettare fumo negli occhi dei contribuenti e dare la sensazione di un (inesistente) alleggerimento fiscale. Saremo tassati più di adesso, alla fine: ma l'obiettivo del governo è raccontare che avremmo potuto essere tassati ancora di più (stesso schema seguito per il disinnesco degli aumenti dell'Iva), come se gli italiani dovessero festeggiare un mancato aumento fiscale o un aumento leggermente minore del previsto. Sembra questo il destino anche della tassa sulla plastica e di quella sulle auto aziendali, su cui ieri il premier Giuseppe Conte e il ministro Stefano Patuanelli si sono affannati a prospettare ridimensionamenti e rinvii. Per il momento, senza indicare a quali coperture faranno ricorso. Per ciò che riguarda le auto aziendali, per Conte era necessario inventarsi qualcosa, perché ieri era ospite di una conferenza presso l'Automobile club d'Italia, e sarebbe stato bruttino presentarsi in veste di tassatore. Così, con faccia di circostanza, Conte ha dichiarato: «Sulle auto aziendali dobbiamo fare ammenda: con umiltà ci siamo messi al lavoro per rimodulare la misura fino a svuotarne l'effetto negativo che potrebbe avere sul sistema produttivo». Stessa musica da Patuanelli, audito in commissione Industria al Senato sul suo programma al Mise (per quanto appaia incredibile, i ministri stanno ancora facendo il giro delle Commissioni parlamentari per la loro audizione di presentazione programmatica): il governo si sta spostando verso «l'incentivazione di un certo tipo di auto e non la penalizzazione delle altre». Sempre secondo Patuanelli, l'aumento non determinerà «un gran tiraggio, non sono cifre epocali», ma - aggiunge il ministro - «la rimoduliamo perché abbiamo percepito questa criticità». Come se ad introdurla fosse stato qualcun altro. Secondo quanto risulta alla Verità, l'ultima ipotesi a cui starebbe pensando l'esecutivo sarebbe di far concorrere le auto aziendali al reddito per una percentuale più contenuta (15%) in caso di auto elettrica o ibrida, e per una percentuale maggiore (dal 40% su su fino al 100) per quelle più inquinanti. Ma soprattutto l'intervento riguarderebbe solo le auto acquistate da gennaio prossimo: in sostanza, sarebbe fatto salvo il parco auto esistente. Resta tuttavia un tema di fondo: i veicoli ibridi o elettrici sono pochissimi, e le auto aziendali rappresentano circa il 40% delle nuove immatricolazioni. Quindi, per quanto ridotta, la tassa non sarà certo d'aiuto al settore. Discorso analogo per la tassa sulla plastica: anche qui si prepara un mix di limature e rinvii (con un occhio tattico al voto in Emilia Romagna a fine gennaio: come se gli elettori si facessero turlupinare da un rinvio di un semestre). Secondo le indiscrezioni, la misura, che ora avrebbe un gettito annuo previsto di 1,1 miliardi, verrebbe dimezzata. Sarebbero inoltre tenuti fuori dalla tassazione i prodotti compostabili e quelli con una parte frutto di riciclo. E poi ci sarebbe un mini rinvio, annunciato sempre da Patuanelli: «Inizialmente era prevista al primo gennaio. Ho chiesto esplicitamente che fosse traslata almeno di sei mesi, visto che comunque incide probabilmente in modo troppo rapido sul nostro sistema produttivo». E sulle elezioni regionali in un territorio dove sono insediate molte imprese del settore, c'è da aggiungere. Nessuna notizia precisa sulle coperture a cui il governo farà ricorso per reperire i 7-800 milioni che a questo punto mancherebbero all'appello. Realistico immaginare che l'esecutivo se la caverà con la consueta voce dei mini tagli alle spese dei ministeri.Per il resto, il cammino parlamentare della manovra (al Senato, in commissione Bilancio) e del decreto fiscale (alla Camera, in commissione Finanze) procede a ritmo rallentato. Il governo può proporre le sue modifiche in qualunque momento della discussione, ma non è ancora pronto (forse lo sarà venerdì). Al Senato sono stati falciati in commissione, in sede di vaglio tecnico di ammissibilità, poco meno di 200 emendamenti, e ne restano poco più di 500 da votare (sono i cosiddetti emendamenti «segnalati»: quelli cioè selezionati da ciascun gruppo affinché siano effettivamente messi al voto), a cui si aggiungeranno le proposte dell'esecutivo. La commissione Bilancio del Senato doveva esaurire il suo compito questa settimana, ma il ritmo da tartaruga del governo potrebbe far slittare fino al 7-8 dicembre l'arrivo in Aula inizialmente previsto per il 3. Quanto alla commissione Finanze della Camera, le prime proposte del governo hanno riguardato il finanziamento della cassa integrazione e gli straordinari per vigili del fuoco e polizia. Si proseguirà oggi, con l'obiettivo dell'approdo in Aula tra la fine di questa settimana e l'inizio della prossima.