2019-10-14
De Benedetti a 84 anni
rivuole «Repubblica» e va in guerra con i figli
A 84 anni l'Ingegnere propone di riprendersi il 30% di Gedi e scatena la faida in famiglia. Rodolfo: «Siamo sconcertati».Qualche buontempone potrebbe evocare la battuta cult del don Pietro Savastano della serie tv Gomorra: «Ce ripigliamm' tutt' chell' ch'è 'o nuost». Pure lì, ma in tutt'altro ambito - chiariamolo - si preparava una potente sfida familiare, senza nemmeno bisogno di offerte formali e pagamenti. Scherzi a parte, la bomba nel mondo dell'editoria l'ha sganciata Carlo De Benedetti. Nota Ansa di ieri: «Carlo De Benedetti ha presentato alla Cir, attraverso la sua controllata al 99% Romed, un'offerta di acquisto cash del 29,9% delle azioni Gedi al prezzo di chiusura di giovedì, euro 0,25 ad azione». Traduzione: il vecchio patron Carlo De Benedetti torna prepotentemente in campo, scatena una guerra in famiglia, e vuole riprendersi voce in capitolo nel gruppo che, oltre a Repubblica, include La Stampa, L'Espresso, Il Secolo XIX, numerose testate locali, tre radio (Deejay, Capital, M2O), con relativa raccolta pubblicitaria.Ma a stretto giro di posta è arrivata la rispostaccia di Cir: «Con riferimento alla comunicazione dell'ing. Carlo De Benedetti, relativa all'offerta non sollecitata né concordata da egli presentata, tramite Romed, per l'acquisto di una partecipazione del 29,9% in Gedi, Cir rende noto di ritenere detta offerta manifestamente irricevibile in quanto del tutto inadeguata a riconoscere il reale valore della partecipazione e ad assicurare prospettive sostenibili di lungo termine a Gedi, aspetto sul quale Cir è da sempre impegnata». Una porta sbattuta in faccia. Ricordiamo che a giugno 2017 Cdb aveva lasciato la guida del gruppo, affidando il timone ai figli Rodolfo, Marco e Edoardo. Marco era stato nominato presidente. E in quel momento era passato circa un anno dalla fusione con La Stampa. «Questa mia iniziativa è volta a rilanciare il gruppo al quale sono stato associato per lunga parte della mia vita, promuovendone le straordinarie potenzialità», ha scritto Carlo De Benedetti motivando l'offerta. «È chiaro che, conoscendo bene il settore, mi sono note le prospettive difficili, ma credo che con passione, impegno, consenso e competenza, il gruppo possa avere un futuro coerente con la sua grande storia». E qui sta la vera bordata verso i figli: per un'iniezione di passione e competenza, e per dettare di nuovo l'agenda, occorre che torni il vecchio pater familias.L'offerta presenta due condizioni: «che i componenti il cda di Gedi di nomina Cir rassegnino le proprie dimissioni entro due giorni dal trasferimento delle azioni, a eccezione dell'ingegner John Philip Elkann e del dottor Carlo Perrone, e che, per le residue azioni di sua proprietà, Cir si impegni a distribuirle ai soci entro un anno». Insomma, la dimensione di guerra familiare appare chiarissima. In 48 ore fuori i figli dal cda, chiede l'Ingegnere; e quelli gli rispondono a muso durissimo, con Rodolfo che si dice «profondamente amareggiato e sconcertato dall'iniziativa non sollecitata né concordata presa da mio padre, e il cui unico risultato consiste nel creare un'inutile distrazione, della quale certo non si sentiva il bisogno». Poche settimane fa, ospite di Lilli Gruber, Carlo De Benedetti era tornato a sparare contro la vecchia direzione di Repubblica, quella di Mario Calabresi: non proprio un elogio per management e proprietà, che forse si erano decisi troppo tardi - si intuiva nel ragionamento - a sostituirlo con Carlo Verdelli. Come spiegare la mossa di Cdb? La prima ipotesi è che il vecchio patron punti solo a riprendersi una posizione forte, senza intaccare il sodalizio con Elkann e La Stampa, i quali - per il momento - assistono con distacco alla disfida familiare. Nessuna rottura dell'equilibrio in Gedi, quindi, ma solo una sostituzione della partecipazione in casa De Benedetti, con Romed che subentra a Cir. La seconda ipotesi è che la mossa di Cdb (la cui offerta non prevede alcun premio rispetto alla situazione in Borsa: è il puro e semplice prezzo di chiusura di giovedì scorso) sia volta a far uscire qualcun altro allo scoperto. Paolo Madron, direttore di Lettera 43, che aveva scritto di un'ipotesi di ritorno di Cdb già nel gennaio del 2018, ha invitato a considerare uno scenario ancora più complesso: «Mossa preventiva dell'Ing. per paura che i figli vendessero, o che Elkann lanciasse lui l'offerta?». Va infine segnalata l'interpretazione di Dagospia, che ieri aveva azzeccato le previsioni anche rispetto alla seconda puntata della faida. Secondo il sito di Roberto D'Agostino, come in una matrioska, la notizia ne conterrebbe almeno altre due: il figlio Marco De Benedetti non intenderebbe vendere al padre; e il piano del padre contemplerebbe un ribaltone anche nel management, con l'ex direttore Ezio Mauro alla presidenza e Corrado Corradi ad al posto di Laura Cioli. In poco tempo capiremo: intanto è guerra aperta.
Ilaria Salis e László Dudog (in foto piccola) Ansa
Ilaria Salis (Imagoeconomica)
Donald Trump (Ansa). Nel riquadro il suo post pubblicato su Truth con cui ha annunciato il raggiungimento dell'intesa tra Israele e Hamas
Nella notte raggiunto l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri. Il presidente americano: «Giornata storica». Le truppe israeliane lasceranno la Striscia, tranne Rafah. Guterres: «Tutti rispettino l’intesa».
È stato Donald Trump, poco prima dell’una italiana, ad annunciare il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per una tregua nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo islamista. «Sono molto orgoglioso di comunicare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace», ha scritto il presidente americano su Truth, definendo quella di oggi «una giornata storica».
Secondo le prime ricostruzioni dei media israeliani, la firma ufficiale dell’intesa è prevista alle 11 italiane. L’accordo prevede il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, da gran parte della Striscia di Gaza, con l’eccezione di Rafah, e il rilascio degli ostaggi sopravvissuti entro la fine del fine settimana, probabilmente tra sabato e domenica. Il piano, frutto di settimane di mediazione tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia, stabilisce anche la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi in cambio del rilascio dei prigionieri israeliani. Lo scambio dovrà avvenire entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia in un comunicato del suo ufficio, parlando di «una conversazione molto emozionante e calorosa» avuta con Trump subito dopo l’annuncio. «I due leader si sono congratulati per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi», si legge nella nota. Netanyahu ha ringraziato Trump «per la sua leadership e per gli sforzi a livello globale», ricevendo a sua volta le lodi del presidente americano per «la sua guida determinata». Trump, parlando poi con Axios, ha rivelato di aver ricevuto un invito ufficiale a recarsi in Israele. «Probabilmente nei prossimi giorni visiterò il Paese e potrei rivolgermi alla Knesset. Vogliono che tenga un discorso, e se lo desiderano, lo farò sicuramente», ha detto. E ha aggiunto: «Per raggiungere questo accordo si sono uniti gli sforzi di tutto il mondo, compresi Paesi ostili. È un grande risultato. La mia chiamata con Netanyahu è stata fantastica, lui è molto contento, e dovrebbe esserlo». In un altro messaggio pubblicato sui social, il presidente americano ha voluto ringraziare i mediatori regionali: «Tutte le parti saranno trattate equamente. Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America. Benedetti gli operatori di pace!».
Da Gaza, Hamas ha confermato la propria adesione, sottolineando che l’accordo «prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Il movimento islamista ha ringraziato «i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia» e «gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra». Hamas ha poi chiesto ai mediatori internazionali di «costringere Israele ad attuare pienamente i requisiti dell’accordo e a non permettergli di eludere o ritardare quanto concordato». Secondo la Bbc, resta invece fuori dall’intesa la richiesta di Hamas di includere nel piano lo storico leader palestinese Marwan Barghouti, la cui scarcerazione è stata respinta da Israele.
La notizia dell’accordo ha provocato scene di entusiasmo nella Striscia: i media israeliani riferiscono che migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gaza, tra clacson, canti e fuochi d’artificio, dopo l’annuncio del presidente americano. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha accolto con favore la svolta: «Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria». Guterres ha poi invitato «tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo», sottolineando che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo dignitoso» e che «deve essere garantito un cessate il fuoco permanente».
Intanto, sui social, i familiari degli ostaggi hanno diffuso un video di ringraziamento rivolto a Trump: «Il presidente ce l’ha fatta, i nostri cari stanno tornando a casa», affermano alcuni di loro. «Non smetteremo di combattere finché non tornerà l’ultimo dei 48 ostaggi». Se i tempi saranno rispettati, la giornata di oggi potrebbe segnare la fine di una guerra durata quasi un anno, costata decine di migliaia di vittime e un drammatico esodo di civili. Un accordo che, nelle parole dello stesso Trump, «è solo il primo passo verso una pace forte e duratura».
Continua a leggereRiduci