2025-10-22
Il Pd regala il futuro di Torino a Bloomberg
Paolo Mazzoleni e Stefano Lo Russo (Ansa)
Crolla il muro del silenzio sui veri patti tra Comune e organizzazione filantropica Usa. Il M5s protesta: «Il Consiglio è stato tenuto all’oscuro». Crescono i dubbi sulla collaborazione gratuita che inciderà sul piano regolatore e sull’era post Fiat.La vera beneficenza si fa in silenzio. Deve aver pensato a questo sacrosanto principio il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, quando ha firmato i patti reciproci di riservatezza con l’organizzazione filantropica di Michael Bloomberg per farsi aiutare a ridisegnare la città. L’organizzazione no profit dell’ex sindaco di New York avrà accesso a una grande mole di dati dei torinesi e delle loro amministrazioni pubbliche (come fabbricati, consumi, sistemi di trasporto, utenze, processi decisionali, software, servizi e bisogni sociali) e manterrà la proprietà e tutti i diritti sul materiale che produrrà e «regalerà» all’amministrazione comunale. Un po’ di notizie su questi contratti blindatissimi, mai passati dal Consiglio comunale, ma solo gestiti dalla giunta fra quattro mura, grazie a un buco legislativo che non prevede l’obbligatorietà del controllo consiliare per questi patti filantropici, sono usciti ieri grazie a un’interpellanza del capogruppo M5s, Andrea Russi. Sono due anni che in città si muove un team della Bloomberg Consulting, guidato dall’architetto americano Amanda Burden, ma che cosa faccia esattamente non è dato sapere. Ci sono state delle «Passeggiate urbane» guidate dalla signora Burden e delle attività per il programma di Bloomberg «Youth climate action», costate 150.000 euro. Ma in realtà, i consulenti «a gratis» venuti da New York sono dietro sia al nuovo piano regolatore sia a tutte le principali scelte strategiche della giunta dem.In sostanza, il M5s ha chiesto di sapere in che cosa consiste esattamente l’accordo di collaborazione approvato dalla giunta Lo Russo il 27 marzo scorso e perché sia circondato da tutta questa riservatezza. Ieri è arrivata la risposta, affidata al vicesindaco, Michela Favaro, un avvocato che ha lavorato per anni in Fiat e Iveco. Sono tre paginette scarse, preparate dalla direzione generale del Comune, dalle quali si apprendono alcuni dettagli. Sul mancato esame pubblico del contratto con Bloomberg, la giunta risponde che «tale tipo di atto non fa parte dell’elenco tassativo» di ciò che deve passare in Consiglio. In ogni caso, visto che si tratta di un accordo che riguarda le strategie per la città dei prossimi decenni, magari lo si poteva rendere pubblico lo stesso. Sui temi della proprietà, in capo a Bloomberg, del materiale prodotto dalle consulenze, e su quello delle clausole di riservatezza reciproche con il Comune, il vice di Lo Russo conferma tutto e spiega che in questo tipo di consulenze, specie gratuite, sono clausole «normali» e «per nulla vessatorie». Poi, sui dati in mano alla città, Favaro precisa che Bloomberg non ha accesso diretto a nulla, ma solo a ciò che il Comune ritiene. Il problema è che quei dati saranno anche coperti da riservatezza, ma il loro «output» è proprietà del consulente benefico. Infine, alle domande sull’esatto perimetro della collaborazione con la fondazione del magnate Usa, non è praticamente arrivata nessuna risposta, se non una conferma indiretta a quello che aveva scoperto Russi, ovvero rigenerazione urbana, mobilità, turismo, dati, partecipazione, commercio. E in questi due anni, il team americano ha dato una mano al «rebranding» di Torino e ha regalato molte ore di formazione ai dipendenti comunali.Lo stesso Russi, dopo la prima risposta, ribadisce la preoccupazione principale: «Bloomberg porta competenze, metodo e relazioni internazionali, e questo è un valore […]. Ma quando un soggetto privato e straniero ha accesso ai processi decisionali e ai dati di un’amministrazione pubblica, non è mai un attore neutrale». Bloomberg ha lavorato in decine di città in tutto il mondo, tra cui anche Milano, con obiettivi che vanno dalla vivibilità alla protezione di pedoni e ciclisti, fino alla lotta al cambiamento climatico. A Torino, anni fa, è venuto anche Michael Bloomberg in persona per festeggiare i 50 anni della Fondazione Agnelli. Era il 14 giugno del 2017 e alle Ogr fu accolto da John Elkann, insieme a Sergio Mattarella, all’allora sindaco Chiara Appendino e al presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino. Da due anni il team della Bloomberg philantropies ha il compito di delineare la Torino del prossimo mezzo secolo, tra riutilizzo delle aree ex Fiat e nuovo piano regolatore. Proprio nei giorni scorsi, dopo un lungo impasse, l’assessore all’Urbanistica della città, Paolo Mazzoleni, ha iniziato a presentare il progetto. Un piano scritto tra mille difficoltà, anche personali, visto che per la sua attività di architetto a Milano, Mazzoleni è coinvolto in tre indagini e per una quarta, quella sul Parco della Cave, rischia il rinvio a giudizio. Lo slogan che accompagna il nuovo piano è «la città dei 15 minuti», dove in ogni quartiere tutti i servizi sono a un quarto d’ora di distanza. In una città che ha perso 300.000 abitanti e che può finalmente potenziare la metropolitana perché non c’è più la Fiat che la vieta, in effetti non è una missione impossibile. Mazzoleni e Lo Russo parlano di «processo pubblico e partecipato», ma l’ombra di Bloomberg un po’ si allunga anche sul piano regolatore. Il punto affascinante della questione è quante informazioni delicate, e di alto valore economico e politico, si possono estrarre da un rapporto privilegiato (e riservato) con una grande amministrazione come quella di Torino, che nel giro di pochi anni, dal punto di vista industriale, è passato da capitale dell’automobile a capitale della difesa e dell’aerospazio. E più banalmente, quando un servizio o una merce sono gratis, come questa consulenza, c’è sempre il rischio che la merce sia tu.
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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