2021-03-19
Le toghe di Catania scagionano il siero perché l’hanno preso e stanno tutte bene
Per Carmelo Zuccaro, che indaga sulla morte dell'agente Davide Villa, il vaccino è sicuro. Il motivo? Lui e i colleghi immunizzati sono ancora vivi.Il vaccino Astrazeneca? L'Ema, Agenzia europea dei medicinali, può dormire sonni tranquilli. E altrettanto può fare l'Agenzia italiana del farmaco. Anzi, le due agenzie possono tranquillamente ibernarsi, e forse farebbero meglio a chiudere per sempre bottega e burattini. Perché da ieri tutti i dubbi sulla potenziale pericolosità delle fialette anti Covid prodotte dalla casa anglo-svedese sono stati fugati da un'autorità superiore e notoriamente infallibile: la magistratura italiana. Dopo alcune morti e una serie di reazioni avverse, il verdetto dei laboratori di Bruxelles sul vaccino Astrazeneca era previsto ieri per le 17, ma la nostra solerte giustizia ha battuto di quasi due ore l'atteso pronunciamento scientifico. La Procura di Catania, impegnata nell'inchiesta sulla morte dell'agente Davide Villa, deceduto lo scorso 6 marzo di trombosi dopo la somministrazione, ha divulgato verso le 15 una nota del procuratore, Carmelo Zuccaro, dove si poteva leggere che «non constano elementi che consentano d'ipotizzare che gli eventi sui quali sta indagando siano sintomatici di un pericolo nell'utilizzo del vaccino di Astrazeneca, e neanche di alcuni suoi lotti, da parte della generalità dei soggetti nei cui confronti tale utilizzo è consentito». Per dirla in breve: le fialette di Astrazeneca sono innocue, non fanno male a nessuno. Anche l'Ema, ieri, ha poi manifestato la stessa valutazione, arrivata dopo una decina di giorni di studio e verifica. Ma come ha fatto l'alto magistrato catanese ad affermarla con tanta tetragona certezza? Ecco la sua risposta, testuale: «La fermezza di tale convinzione», ha scritto Zuccaro nella nota, «è dimostrata dal fatto che lo scrivente e la stragrande maggioranza dei magistrati e del personale di questo ufficio si sono recati a ricevere la somministrazione del vaccino» quando l'inchiesta era già aperta. Siete stupiti, vero? È comprensibile. In effetti, la nota di Zuccaro travolge secoli di consolidate convinzioni scientifiche. È una svolta storica, forse epocale, che rende inutili i laboratori farmaceutici e trasforma le faticose sperimentazioni cliniche in una fatua perdita di tempo e di denaro. Da adesso in poi, per essere certi dell'assenza di un qualsiasi rischio farmaceutico, basterà osservare il comportamento dei circa 40 pubblici ministeri catanesi e dei cancellieri del tribunale: se saranno visti correre in massa a vaccinarsi, o se manderanno giù senza problemi una determinata medicina, allora vorrà dire che tutti noi potremo fare altrettanto. Senza alcun timore.Facezie a parte, ieri la nota della Procura di Catania ha rivelato anche elementi importanti sulla morte del povero agente Villa, avvenuta 12 giorni dopo la somministrazione del vaccino. «I primi accertamenti medici», ha scritto Zuccaro, «consentono di affermare che non sussistono fattori genetici predisponenti a eventi trombotici a carico del Villa». Dalla storia clinica del paziente, invece, «risulta che rientrava nelle categorie per le quali è raccomandata la somministrazione di un vaccino diverso». Pure questa è una novità assoluta. Ciò, prosegue il procuratore di Catania, «non comporta di per sé l'esistenza di un nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino Astrazeneca e il decesso del Villa». Ma deve comunque invitare tutti, nel sottoporsi alla vaccinazione, a dare la massima importanza «a una scrupolosa ricostruzione della propria storia clinica». Ora, comunque, a occuparsi del decesso di Villa sarà la Procura di Messina. Questo perché l'agente era sposato con una giudice in servizio a Catania, che viene quindi coinvolta nella vicenda come potenziale persona offesa, e per legge tutti i reati che in qualche modo riguardano i magistrati catanesi cadono sotto la competenza territoriale di Messina.Resta il fatto che, come sempre, anche nella vicenda dei sospetti sul vaccino Astrazeneca la giustizia italiana si è mostrata capace di assurdità sconcertanti. Dopo i primi decessi, i tribunali stranieri al massimo hanno aperto qualche indagine sulla casa produttrice, ipotizzando che le gravi reazioni avverse fossero causate dal farmaco. Ma in nessun altro Paese europeo si è arrivati al paradosso d'iscrivere nel registro degli indagati i medici o gli infermieri che avevano somministrato le dosi. Ovunque li si ritiene inevitabilmente incolpevoli, in quanto hanno risposto soltanto a un preciso dovere professionale. Invece in Italia, in nome dell'incongruo precetto dell'obbligatorietà dell'azione penale, molti sanitari sono finiti indagati. Ieri l'ex procuratore aggiunto a Venezia Carlo Nordio, oggi magistrato in pensione e da sempre controcorrente, ha confermato che «in teoria un reato potrebbe esistere soltanto a monte, nella produzione o nella conservazione del vaccino, ma di certo non a carico di chi lo somministra: in quel caso prevale la scriminante dell'adempimento di un dovere, perché tale è il compito del sanitario». È logico. Ma che cosa c'è di logico, nella giustizia italiana?
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