Il Maestro Tiziano. E poi Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese, Tintoretto e altri artisti loro contemporanei. Sino al 5 giugno, Palazzo Reale di Milano ospita una straordinaria mostra dedicata all’immagine della donna e al ruolo che rivestì nella Venezia del Cinquecento. Oltre un centinaio le opere esposte, per un vero inno alla bellezza, all’eleganza e alla sensualità.
Il Maestro Tiziano. E poi Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese, Tintoretto e altri artisti loro contemporanei. Sino al 5 giugno, Palazzo Reale di Milano ospita una straordinaria mostra dedicata all’immagine della donna e al ruolo che rivestì nella Venezia del Cinquecento. Oltre un centinaio le opere esposte, per un vero inno alla bellezza, all’eleganza e alla sensualità.«Questa mostra parla della donna dipinta da Tiziano e dai suoi contemporanei e del ruolo tutto particolare che la loro rappresentazione acquistò nella Venezia del Cinquecento». Queste le parole di Sylvia Ferino, curatrice della mostra a Palazzo Reale e questo, in sintesi, il cuore dell’esposizione milanese, con un focus tutto femminile, «femminile veneziano» per la precisione. Perché nel ‘500, la Serenissima dava un’importanza particolare alle sue donne, a quelle reali e a quelle fortemente idealizzate, le così dette «belle veneziane», donne che intellettuali, poeti, letterati ed umanisti cantavano nei loro poemi e descrivevano nei loro trattati, in competizione con uno stuolo di pittori, che immortalavano le loro forme e i loro volti sulle tele, donandole eterna bellezza. Donne di tutte le classi sociali, donne seducenti, donne eroiche, donne ideali, donne della mitologia. Venere in primis, perché nata dal mare come Venezia e perchè la più bella fra tutte le donne. La potenza della figura femminile emerge con grande forza in ogni sala dell’esposizione milanese, spicca sul rosso (o sul blu ) delle pareti e colpisce i sensi del visitatore, l’atmosfera ovattata, la luce soffusa. Una pittura profana, pochissime le figure sacre, una sola Vergine, la Madonna col Bambino di Tiziano. Ma la sacralità è data proprio dalla femminilità, dove anche un seno nudo diventa sacro e non più adultero, come nel dipinto di Bernardino Licino Giovane donna con il suo promesso sposo, dove la nudità è mostrata con naturalezza e, appunto, sacralità, perché benedetta dal sacro vincolo del matrimonio. E giovane sposa sensuale è anche la Lucrezia di Tiziano (Lucrezia e suomarito,1515 ca), uno dei più grandi artisti del Cinquecento e di tutta la storia dell’arte, il protagonista indiscusso della scuola veneta che pose la figura femminile al centro del suo mondo creativo. Per Tiziano la bellezza artistica corrispondeva a quella femminile e con quella sua pittura così forte e vigorosa, con quel suo modo unico di usare il colore, ha dipinto ritratti di un’espressività mai conosciuta prima: il ritratto di Giovane donna con cappello piumato (1534-1536), Isabella d’Este in nero (1534-1536 circa), Ritratto di giovinetta (1545 circa) e la sensuallissima Maria Maddalena (1565 ca) ne sono un esempio. Forte e vigorosa era anche la pittura di Jacopo Robusti detto il Tintoretto, talentuoso al punto da essere cacciato per invidia (così si dice) dalla bottega di Tiziano, di cui fu allievo per soli dieci giorni. Coltivò da solo il suo genio, non si lasciò schiacciare dalla fama del Vecellio e del Veronese, sfidò i contemporanei con la sua pittura moderna e, per l’epoca, innovativa. E creò capolavori. Sua è la magnifica tela La tentazione di Adamo ed Eva (1550-1553 circa), che apre la mostra insieme alla Madonna col Bambino di Tiziano a rappresentare Eva e Maria Vergine, le due emblematiche figure femminili del Vecchio e Nuovo Testamento; sua Susanna e i vecchioni (1555-1556), con una Susanna che è luce pura, bellezza terrena e divina al tempo stesso.Ma oltre a Tiziano e Tintoretto, altri dipinti di grande forza espressiva arricchiscono le undici sezioni del percorso espositivo: tele del Veronese - in mostra Lucrezia (1580-1583 circa), Giuditta (1580 circa), Venere e Adone (1586 circa) Il ratto di Europa (1578 circa)- opere di Paris Bordon, Giovanni Cariani, Bernardino Licinio, Giovan Battista Moroni, Palma il Giovane, Alessandro Bonvicino detto il Moretto, sculture, abiti, gioielli, libri e grafica, completano e regalano unicità a questo affascinante viaggio nella pittura di soggetto femminile nella Venezia cinquecentesca.La mostra è promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura, Palazzo Reale e Skira editore, in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna. La Fondazione Bracco è Main Partner dell’esposizione.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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