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2022-03-07
«Tiziano e l'immagine della donna nel Cinquecento veneziano»
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«Questa mostra parla della donna dipinta da Tiziano e dai suoi contemporanei e del ruolo tutto particolare che la loro rappresentazione acquistò nella Venezia del Cinquecento».
Queste le parole di Sylvia Ferino, curatrice della mostra a Palazzo Reale e questo, in sintesi, il cuore dell’esposizione milanese, con un focus tutto femminile, «femminile veneziano» per la precisione. Perché nel ‘500, la Serenissima dava un’importanza particolare alle sue donne, a quelle reali e a quelle fortemente idealizzate, le così dette «belle veneziane», donne che intellettuali, poeti, letterati ed umanisti cantavano nei loro poemi e descrivevano nei loro trattati, in competizione con uno stuolo di pittori, che immortalavano le loro forme e i loro volti sulle tele, donandole eterna bellezza. Donne di tutte le classi sociali, donne seducenti, donne eroiche, donne ideali, donne della mitologia. Venere in primis, perché nata dal mare come Venezia e perchè la più bella fra tutte le donne.
La potenza della figura femminile emerge con grande forza in ogni sala dell’esposizione milanese, spicca sul rosso (o sul blu ) delle pareti e colpisce i sensi del visitatore, l’atmosfera ovattata, la luce soffusa. Una pittura profana, pochissime le figure sacre, una sola Vergine, la Madonna col Bambino di Tiziano.
Ma la sacralità è data proprio dalla femminilità, dove anche un seno nudo diventa sacro e non più adultero, come nel dipinto di Bernardino Licino Giovane donna con il suo promesso sposo, dove la nudità è mostrata con naturalezza e, appunto, sacralità, perché benedetta dal sacro vincolo del matrimonio. E giovane sposa sensuale è anche la Lucrezia di Tiziano (Lucrezia e suomarito,1515 ca), uno dei più grandi artisti del Cinquecento e di tutta la storia dell’arte, il protagonista indiscusso della scuola veneta che pose la figura femminile al centro del suo mondo creativo. Per Tiziano la bellezza artistica corrispondeva a quella femminile e con quella sua pittura così forte e vigorosa, con quel suo modo unico di usare il colore, ha dipinto ritratti di un’espressività mai conosciuta prima: il ritratto di Giovane donna con cappello piumato (1534-1536), Isabella d’Este in nero (1534-1536 circa), Ritratto di giovinetta (1545 circa) e la sensuallissima Maria Maddalena (1565 ca) ne sono un esempio.
Forte e vigorosa era anche la pittura di Jacopo Robusti detto il Tintoretto, talentuoso al punto da essere cacciato per invidia (così si dice) dalla bottega di Tiziano, di cui fu allievo per soli dieci giorni. Coltivò da solo il suo genio, non si lasciò schiacciare dalla fama del Vecellio e del Veronese, sfidò i contemporanei con la sua pittura moderna e, per l’epoca, innovativa. E creò capolavori. Sua è la magnifica tela La tentazione di Adamo ed Eva (1550-1553 circa), che apre la mostra insieme alla Madonna col Bambino di Tiziano a rappresentare Eva e Maria Vergine, le due emblematiche figure femminili del Vecchio e Nuovo Testamento; sua Susanna e i vecchioni (1555-1556), con una Susanna che è luce pura, bellezza terrena e divina al tempo stesso.
Ma oltre a Tiziano e Tintoretto, altri dipinti di grande forza espressiva arricchiscono le undici sezioni del percorso espositivo: tele del Veronese - in mostra Lucrezia (1580-1583 circa), Giuditta (1580 circa), Venere e Adone (1586 circa) Il ratto di Europa (1578 circa)- opere di Paris Bordon, Giovanni Cariani, Bernardino Licinio, Giovan Battista Moroni, Palma il Giovane, Alessandro Bonvicino detto il Moretto, sculture, abiti, gioielli, libri e grafica, completano e regalano unicità a questo affascinante viaggio nella pittura di soggetto femminile nella Venezia cinquecentesca.
La mostra è promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura, Palazzo Reale e Skira editore, in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna. La Fondazione Bracco è Main Partner dell’esposizione.
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Il Maestro Tiziano. E poi Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese, Tintoretto e altri artisti loro contemporanei. Sino al 5 giugno, Palazzo Reale di Milano ospita una straordinaria mostra dedicata all’immagine della donna e al ruolo che rivestì nella Venezia del Cinquecento. Oltre un centinaio le opere esposte, per un vero inno alla bellezza, all’eleganza e alla sensualità.«Questa mostra parla della donna dipinta da Tiziano e dai suoi contemporanei e del ruolo tutto particolare che la loro rappresentazione acquistò nella Venezia del Cinquecento». Queste le parole di Sylvia Ferino, curatrice della mostra a Palazzo Reale e questo, in sintesi, il cuore dell’esposizione milanese, con un focus tutto femminile, «femminile veneziano» per la precisione. Perché nel ‘500, la Serenissima dava un’importanza particolare alle sue donne, a quelle reali e a quelle fortemente idealizzate, le così dette «belle veneziane», donne che intellettuali, poeti, letterati ed umanisti cantavano nei loro poemi e descrivevano nei loro trattati, in competizione con uno stuolo di pittori, che immortalavano le loro forme e i loro volti sulle tele, donandole eterna bellezza. Donne di tutte le classi sociali, donne seducenti, donne eroiche, donne ideali, donne della mitologia. Venere in primis, perché nata dal mare come Venezia e perchè la più bella fra tutte le donne. La potenza della figura femminile emerge con grande forza in ogni sala dell’esposizione milanese, spicca sul rosso (o sul blu ) delle pareti e colpisce i sensi del visitatore, l’atmosfera ovattata, la luce soffusa. Una pittura profana, pochissime le figure sacre, una sola Vergine, la Madonna col Bambino di Tiziano. Ma la sacralità è data proprio dalla femminilità, dove anche un seno nudo diventa sacro e non più adultero, come nel dipinto di Bernardino Licino Giovane donna con il suo promesso sposo, dove la nudità è mostrata con naturalezza e, appunto, sacralità, perché benedetta dal sacro vincolo del matrimonio. E giovane sposa sensuale è anche la Lucrezia di Tiziano (Lucrezia e suomarito,1515 ca), uno dei più grandi artisti del Cinquecento e di tutta la storia dell’arte, il protagonista indiscusso della scuola veneta che pose la figura femminile al centro del suo mondo creativo. Per Tiziano la bellezza artistica corrispondeva a quella femminile e con quella sua pittura così forte e vigorosa, con quel suo modo unico di usare il colore, ha dipinto ritratti di un’espressività mai conosciuta prima: il ritratto di Giovane donna con cappello piumato (1534-1536), Isabella d’Este in nero (1534-1536 circa), Ritratto di giovinetta (1545 circa) e la sensuallissima Maria Maddalena (1565 ca) ne sono un esempio. Forte e vigorosa era anche la pittura di Jacopo Robusti detto il Tintoretto, talentuoso al punto da essere cacciato per invidia (così si dice) dalla bottega di Tiziano, di cui fu allievo per soli dieci giorni. Coltivò da solo il suo genio, non si lasciò schiacciare dalla fama del Vecellio e del Veronese, sfidò i contemporanei con la sua pittura moderna e, per l’epoca, innovativa. E creò capolavori. Sua è la magnifica tela La tentazione di Adamo ed Eva (1550-1553 circa), che apre la mostra insieme alla Madonna col Bambino di Tiziano a rappresentare Eva e Maria Vergine, le due emblematiche figure femminili del Vecchio e Nuovo Testamento; sua Susanna e i vecchioni (1555-1556), con una Susanna che è luce pura, bellezza terrena e divina al tempo stesso.Ma oltre a Tiziano e Tintoretto, altri dipinti di grande forza espressiva arricchiscono le undici sezioni del percorso espositivo: tele del Veronese - in mostra Lucrezia (1580-1583 circa), Giuditta (1580 circa), Venere e Adone (1586 circa) Il ratto di Europa (1578 circa)- opere di Paris Bordon, Giovanni Cariani, Bernardino Licinio, Giovan Battista Moroni, Palma il Giovane, Alessandro Bonvicino detto il Moretto, sculture, abiti, gioielli, libri e grafica, completano e regalano unicità a questo affascinante viaggio nella pittura di soggetto femminile nella Venezia cinquecentesca.La mostra è promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura, Palazzo Reale e Skira editore, in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna. La Fondazione Bracco è Main Partner dell’esposizione.
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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Con Luciano Pignataro commentiamo l'iscrizione della nostra grande tradizione gastronomica nel patrimonio immateriale dell'umanità