2024-01-21
Texas Tornados: la nuova frontiera degli States in mostra a Milano
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Esther Pearl Watson, Outer reaches of the Solar System, 2023
Alla Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea, una mostra assolutamente inedita porta a Milano (sino al 3 febbraio 2024) un interessante spaccato del vivace panorama artistico del Texas. Fra le opere esposte, coloratissime e di grande impatto visivo, anche quelle del musicista Tom Russell, esponente di punta del country folk texano.Terra di confine tra Stati Uniti e Messico (a cui appartenne sino al 1836), stato a stellestrisce più esteso dopo l’Alaska e per questo soprannominato The Giant, è il TEXAS il grande protagonista della mostra allestita nei moderni e luminosi spazi della Galleria Antonio Colombo di Milano.Un progetto interessante ed unico nel suo genere, che grazie alla curatela attenta di Luca Beatrice affranca il Texas dai suoi cliché tradizionali - i cowboy, il deserto, il petrolio, gli uomini d’affari senza scrupoli con i loro cappelli a tesa larga (chi non è più giovanissimo, non può non ricordare il cattivissimo J.R di Dallas, fortunatissima serie TV di inizio anni’80… ) - per svelarne il «lato artistico », mai come adesso così vivace e ricco di fermenti innovativi: dopo la California, oggi il Texas è considerato come la nuova frontiera dell’arte negli States, un Luogo in cui soprattutto l’arte contemporanea esercita un indubbio fascino nell’upper-class, e nel mondo del cinema in particolare («è piuttosto normale incontrare alle inaugurazioni delle mostre l’attore Ethan Hawke, nato ad Austin, oppure Wes Anderson, che è di Houston», scrive Luca Beatrice).Una scena artistica molto intensa quella texana, figlia di una tradizione totalmente avulsa dalle avanguardie europee del primo ‘900 e più attenta a forme artistiche molto particolari, su cui le nuove generazioni compiono interessanti studi e approfondimenti , cercando di «coniugare » al presente stili e linguaggi marginali, esclusi dai canali (e dai canoni) ufficiali e da sempre bollati come outsider». Il risultato è un’arte hobo (termine traducibile con vagabondo), un’arte nomade e in movimento, legata al tema del viaggio e del paesaggio, lontana da ogni forma di accademismo. Un’arte povera, che usa materiali di riciclo (legno soprattutto) più per motivi economici che ecologisti e che - sempre citando Luca Beatrice - «come il vagabondo porta con sé poche cose e le altre le trova in cammino».Ed è questa l’anima, il filo conduttore di Texas Tornados, la mostra milanese che prende il nome dall’omonimo gruppo musicale che da decenni lavora sulla modernizzazione - in chiave country-rock - dello stile Tex Mex , senza perderne autenticità e radici. Gli artisti e la mostraCollettiva di artisti poco noti in Italia e in Europa, il percorso espositivo propone - fra gli altri - alcuni interessanti ritratti di Bruce Lee Webb; le tavole di Adam Young; i dipinti autobiografici di Esther Pearl Watson, che raccontano di dischi volanti (il padre, scienziato visionario della NASA, sognava di costruirne uno...) e praterie; le composizioni di Sophie Reach e i bellissimi (a mio parere) lavori di Adrian Landon Brooks, rielaborazioni dell’arte tradizionale folk sui temi dell’amore, del peccato e della redenzione, con un tocco di intimo misticismo che fa la differenza.Vera guest star della mostra - a cui è dedicata un intero spazio – è però Tom Russell, artista e musicista, considerato fra i più grandi cantautori folk-country viventi. Di Russel, definito «un Hemingway dei tempi moderni» e autore di canzoni memorabili, spesso ambientate nelle terre di confine del Texas – una su tutte, Gallo del cielo (il cui testo è esposto all’ingresso della sezione) – esposti una serie di dipinti, un catalogo delle sue opere, vari plettri e anche una bandana. Una mostra di nicchia, ma consigliatissima e suggestiva, ritratto di un’America itinerante e alternativa, che parla di indiani, luoghi abbandonati, deserti, cactus, locomotive, bisonti, cavalli e corvi. Un po’ Mexico un po’ Texas. Un po' avanguardia un po' tradizione. Un po'hobo, un po' folk.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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