2022-01-04
Teva condannata negli Usa per epidemia
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Teva Pharmaceuticals, insieme a un altro gruppo di aziende che producono e distribuiscono oppioidi, è stata ritenuta responsabile della crisi sanitaria originata dall’abuso di farmaci derivati dall’oppio nello Stato di New York. Secondo le statistiche, durante la pandemia, a livello nazionale, più di 100.000 persone sono morte nel 2021 per overdose da oppiacei.Prima della pandemia le notizie riguardanti farmaci e crisi sanitarie passavano sotto traccia, l’epidemia da ossicodone e fentanyl negli Stati Uniti è una di queste. L’ex presidente degli Usa Donald Trump l’aveva definita «un’emergenza sanitaria nazionale». Si chiamano Vicodin, Oxycontin, Percocet, Percodan, Tylox, tutti questi farmaci a base di oppioidi sono ampiamente diffusi, provocano dipendenza e sono stati approvati dalla Fda. Non c’è nulla di illegale quindi nella più grande epidemia di tossicodipendenza degli Stati Uniti d’America, quella che i giornalisti amano chiamare «opidemic». Teva Pharmaceuticals, insieme a un altro gruppo di aziende che producono e distribuiscono oppioidi, è stata ritenuta responsabile della crisi sanitaria originata dall’abuso di farmaci derivati dall’oppio nello Stato di New York. Nello specifico sono due le contee coinvolte, Nassau e Suffolk. La Teva, assieme alle altre, secondo la corte ha minimizzato il rischio di dipendenza da droghe, commercializzando oppioidi per usi non approvati e non rispettando le garanzie interne volte a impedire che i farmaci invadano il mercato. La crisi sanitaria dovuta dalla dipendenza da farmaci derivanti dall’oppio ha portato alla morte di migliaia di persone rese schiave loro malgrado. Il processo si è svolto a Long Island, dove tra il 2010 e il 2018, secondo i dati statali, il tasso di decessi per overdose che coinvolgono qualsiasi tipo di oppiaceo è più che raddoppiato. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention, nel 2019, i decessi per overdose da oppiacei sono aumentati di oltre 1.600 unità nella contea di Nassau e di oltre 3.000 nella contea di Suffolk. Il caso è arrivato in tribunale alla fine di giugno con più di due dozzine di imputati, tra cui aziende farmaceutiche che producevano antidolorifici, distributori dei farmaci e catene di farmacie che hanno compilato le prescrizioni. Il caso coinvolgeva così tanti elementi che non esisteva un’aula di tribunale abbastanza grande da contenere tutti gli imputati assieme alle squadre di legali. Si è pensato quindi di svolgerlo all’interno dell’auditorium di una scuola di legge a Long Island. Sembra la trama di un film e ricorda il caso Erin Brockovich, in quell’occasione si trattava di crimini contro l’ambiente operati dalla Pacific Gas & Electric che hanno portato alla morte di moltissime persone per cancro causato dal cromo esavalente disseminato nelle falde acquifere di una città californiana. In questo caso il fenomeno è molto più diffuso e coinvolge molte più persone. Le case farmaceutiche sono accusate di «public nuisance», un'azione legale che nell’ordinamento di common law si riferisce a una sostanziale e continua interferenza con un diritto pubblico e quindi la lesione non avviene nei confronti di un singolo individuo ma a danno dell’intera collettività. Tutto è nato nel 1996 quando il gigante farmaceutico Purdue immette nel mercato il farmaco Oxycontin, considerato innocuo perché a rilascio prolungato. Venduto come tale, ha però reso schiave centinaia di migliaia di persone che lo hanno assunto sicure di non subire nessuna controindicazione. Questa vicenda è narrata molto bene nella serie tv inchiesta Dopesick tratta dal bestseller di Beth Macy. Purdue si è infine dichiarata colpevole di aver minimizzato quanto l’OxyContin potesse creare dipendenza e per aver sollecitato dai medici un alto volume di prescrizioni. Si stima che la dipendenza da farmaci oppioidi abbia causato 500.000 morti solo negli Stati Uniti. Nel caso di Teva, i giurati hanno affermato che anche lo Stato di New York si deve ritenere in parte complice della crisi sanitaria per non aver operato leggi restrittive su questo tipo di sostanze, nello specifico è stato ritenuto responsabile per il 10%. Teva sarà condannata a pagare un risarcimento la cui somma ancora non è stata stabilita. Le altre società coinvolte hanno preferito pagare subito andando al patteggiamento per evitare la condanna. Infatti alcuni giorni prima dell’inizio del processo Johnson&Johnson, società farmaceutica famosa anche per aver prodotto il vaccino monodose contro il Covid, ha accettato di pagare 230 milioni di dollari per non andare a processo. Lo stesso hanno fatto altri accettando di pagare accordi multimilionari. Tre importanti distributori di farmaci (McKesson Corp, AmerisourceBergen Corp e Cardinal Health Inc ) hanno pagato insieme più di un miliardo di dollari per evitare la sentenza e quell’accordo nello specifico faceva parte di un totale di 26 miliardi di dollari pagati da queste aziende per mettere fine a ben 3.000 azioni legali cui erano stati coinvolti per il loro ruolo nella diffusione dell’epidemia di dipendenza da oppiacei in America. Tutti questi soldi serviranno alle comunità per contrastare le dipendenze e fare prevenzione sul territorio ma non basterà a ripagare le vite umane perse che in tutti gli Stati Uniti d’America si contano in decine di migliaia. Le statistiche suggeriscono che, durante la pandemia, la crisi dell’oppio è peggiorata: infatti a livello nazionale più di 100.000 persone sono morte l'anno passato per overdose da oppiacei. Il farmaco più responsabile è il fentanyl secondo i dati provvisori del 2020 del CDC.Non è l’unico processo avvenuto negli Stati Uniti. Lo Stato dell’Oklahoma ha accusato Johnson & Johnson per gli stessi motivi e la corte ha emesso una sentenza che imponeva alla casa farmaceutica di risarcire lo Stato per il suo ruolo nell'epidemia di oppiacei.In Ohio una giuria federale ha ritenuto tre catene di farmacie responsabili di questa crisi sanitaria, mentre in California un giudice di stato ha respinto le accuse secondo cui i produttori di oppiacei, tra cui Teva, avrebbero contribuito in modo sostanziale alla crisi degli oppiacei in diverse contee. Le catene di farmacie nel caso dell'Ohio hanno già avviato i loro ricorsi. E Teva, rimarcando che il giudice californiano si è pronunciato a suo favore, ha detto che farà ricorso contro la sentenza a New York. Le azioni di Teva Pharmaceutical Industries, Ltd. sono scese di oltre il 5% alla borsa di Tel Aviv, dopo che era successo lo stesso a New York all’indomani della sentenza. Alcune delle prove presentate al processo riguardano video di riunioni commerciali in cui i dirigenti della casa farmaceutica ridevano e scherzavano sull'uso di dro. Gli avvocati di Teva hanno affermato che i video erano intesi come parodie umoristiche, per ravvivare le riunioni interne. Il business degli oppioidi ha fatto arricchire non solo Teva, ma tutta una rete di imprese e privati che hanno lucrato sulla sofferenza delle persone. Non stupisce che nello scenario della carenza dei farmaci, l’unico principio attivo che sia stato tenuto fuori dalla produzione asiatica sia proprio l’ossicodone, risultando quindi sempre disponibile e mai carente nella rete di approvvigionamento.