2025-10-09
In Campania c’è il terzo sì per uccidere una donna. Riparte la guerra sulla legge
L’Asl Napoli 3 Sud ha stabilito che Ada, affetta da sclerosi laterale amiotrofica, può farsi aiutare a morire. Stallo in Parlamento sulla proposta del centrodestra«Ada ha diritto al suicidio assistito». Lo ha stabilito il Comitato etico dell’Asl Napoli 3 Sud, dando parere favorevole alla richiesta della donna di 44 anni - inizialmente nota come «Coletta» e da qualche giorno rivelatasi col suo vero nome - da tempo in lotta per ottenere la morte on demand. Tutto, per lei, aveva avuto inizio nel giugno 2024, quando le era stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica. Nel suo caso, la grave patologia neurodegenerativa ha avuto un decorso assai veloce, rendendola presto dipendente dai suoi familiari ogni attività. Senza i suoi caregiver, infatti, non potrebbe alimentarsi, bere, assumere la terapia farmacologica ed espletare le sue funzioni vitali.Tutto ciò aveva spinto lo scorso gennaio Ada - sulla scorta delle varie sentenze della Corte Costituzionale sul punto (242/2019, 1357/2024 e 66/2025) - a chiedere alla sua Asl accesso alla morte assistita. Una richiesta alla quale alla donna era stato inizialmente opposto un diniego, per l’asserita assenza non di uno bensì di tre dei criteri necessari, secondo quanto delineato dalla Consulta, per accedere al suicidio assistito, vale a dire: la chiara volontà di procedere con la morte assistita, la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e la presenza di sofferenze ritenute intollerabili dalla paziente; in pratica, le era stato riconosciuto come sussistente un solo requisito: la presenza d’una patologia irreversibile.Per questo, la donna - assistita dal collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni - nel giugno 2025 si è opposta al diniego della Asl, chiedendo una rivalutazione urgente delle sue condizioni e la trasmissione del parere del comitato etico. Dato che l’azienda sanitaria non ha però dato seguito a tali richieste, la signora aveva presentato un ricorso d’urgenza al Tribunale di Napoli e, durante l’udienza con l’Asl, si era concordata una nuova valutazione delle condizioni. Le visite sono quindi state effettuate e ai legali della donna martedì è stato notificato il sospirato semaforo verde. «L’azienda sanitaria ha reso noto che procederà con le fasi consequenziali previste con l’individuazione del farmaco e delle modalità di autosomministrazione», ha reso noto l’associazione Luca Coscioni.Ada ha accolto la notizia dell’Asl - che ha dato parere favorevole sia alla sua richiesta sia a quella analoga d’un altro paziente - con un sospiro di sollievo: «La Sla ha perso, io ho vinto. Non trascorrerò nemmeno un minuto in più ad avere paura di ciò che può farmi. Da oggi esiste solo il presente, e ogni giorno è prezioso». «Da oggi» - ha aggiunto la donna in una nota, ringraziando «chi mi ha ascoltata, sostenuta e accompagnata in questo percorso» - «sono legalmente padrona della mia vita e del mio corpo». Come poc’anzi detto, in realtà quella della donna non è la prima bensì la terza richiesta campana di suicidio assistito - dopo quella di Gianpaolo Galietta, salernitano di 47 anni affetto da atrofia muscolare spinale che nel marzo 2021 aveva presentato richiesta di verifica delle condizioni ma, a causa della lunga attesa, scelse di procedere con la sedazione palliativa profonda, morendo dopo due giorni -, ma il suo caso è destinato a riaccedere un dibattito anche parlamentare sul tema che, a ben vedere, non si è mai spento.Da quando, infatti, il 2 luglio scorso è arrivato sui tavoli commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato il ddl proposto da Pierantonio Zanettin di Forza Italia e da Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia, il centrosinistra non ha mai mostrato aperture, indicando come sola via il ritorno al più aperturista ddl presentato da Alfredo Bazoli. A non convincere le opposizioni del ddl di centrodestra sono i paletti che esso fissa e che gli emendamenti del centrodestra stesso non allentano, anzi, a partire dall’esclusione del Servizio sanitario nazionale (Ssn) dalle pratiche di suicidio assistito. Su questo il centrodestra non mostra aperture e nelle scorse ore il dem Francesco Boccia, sin dal principio contrario all’esclusione del Ssn («il fine vita non può essere privatizzato») è tornato ad indicare il ddl Bazoli come modello. Tanto che, non molti giorni fa lo stesso Marco Cappato, in alcune interviste, aveva da una parte bocciato questa proposta («non mira a regolamentare il fine vita, ma a cancellare i diritti che abbiamo conquistato a colpi di disobbedienze civili»), e, dall’altra, lasciato intendere che, «se il testo resterà quello attualmente in discussione», questa legge - se mai approvata - finirebbe verosimilmente presto impugnata davanti alla Consulta. Il riferimento, neppure troppo velato, è alla già ricordata sentenza 66 del 2025, con cui la Corte Costituzionale, tra le altre cose, ha fatto un esplicito riferimento, in materia di fine vita, ad un «necessario coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale». Il muro contro muro dunque continua e, per ora, all’orizzonte non di intravedono concreti segnali di convergenza o anche solamente di trattativa. Per questo, al momento non ci sono certezze. Una delle ipotesi è che il ddl possa arrivare in Parlamento per fine mese. Peraltro, sempre a fine mese - o al più tardi ai primi di novembre - è atteso un verdetto della Consulta nuovamente sul fine vita, ma stavolta sulla legge regionale approvata, prima in Italia (e seguita solo da poche settimane dalla Sardegna), dalla Toscana guidata da Eugenio Giani ed impugnata dal Governo. Dunque per i temi etici, a livello parlamentare, si annuncia un autunno davvero caldo.
Francesca Albanese (Ansa)
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