2024-01-13
Tensioni col clero: il Papa blinda l’incontro
Papa Francesco e monsignor Angelo De Donatis (Ansa)
Oggi il Pontefice vedrà sacerdoti e diaconi della Capitale, a porte chiuse e senza stampa: si temono contestazioni o defezioni. Il malcontento è alimentato dagli ultimi interventi del prefetto dell’ex Sant’Uffizio e dalle lotte di potere all’interno del Vicariato.Da quando è uscita Fiducia Supplicans, le periferie della Chiesa scalpitano. Ma anche al centro, a Roma, è diventato difficile sedare la tensione. Ed è un paradosso che un Papa accusato di populismo stia perdendo il contatto con la «base»: i preti della sua diocesi.Stamattina, nella Basilica di Giovanni in Laterano, Francesco incontrerà il clero e i diaconi. Solitamente, questo raduno si svolgeva all’inizio della Quaresima, ma era dal 2019 che il Pontefice non presenziava - complici, a febbraio 2020, una sua indisposizione e, in seguito, la pandemia. L’udienza è sempre stata caratterizzata da una certa riservatezza. Stavolta, però, la blindatura è totale. I «celebret», cioè i permessi d’accesso, sono stati centellinati. E ci si è premurati di escludere la stampa. L’entourage di Jorge Mario Bergoglio sarebbe preoccupato, addirittura, di possibili contestazioni. Altri, che restino troppi banchi vuoti: i più scontenti non si presenteranno.Tra i parroci, serpeggia un malcontento palpabile, per almeno due ragioni: la prima ha a che fare con i recenti interventi del Dicastero per la dottrina della fede, che consentirà ai trans a fare da padrini o madrine di battesimo e ha liberalizzato le benedizioni delle coppie gay; la seconda chiama in causa le lotte di potere interne al Vicariato.Il disagio scaturisce all’applicazione pratica delle rivoluzioni arcobaleno caldeggiate dal cardinale prefetto, Víctor Manuel Fernández. Nella metropoli, non è infrequente che, vista la risposta ad alcuni dubia sulla loro ammissibilità alle cerimonie per i neonati, dai parroci si presentino dei transgender. E, ora, pure coniugi omosessuali che invocano la benedizione «pastorale». Qualche prete romano sbuffa: «A queste persone diciamo: andate a Santa Marta, fatevi autorizzare dal Papa e poi tornate da noi…».Il guaio è che, nella diocesi della Capitale, non sta funzionando l’apparato che dovrebbe affiancare il Pontefice. E, in parte, la responsabilità è di Francesco. L’argentino si era appoggiato all’attuale vicario, monsignor Angelo De Donatis, per riformare la struttura. Successivamente, ha rispolverato una sua antica strategia: il divide et impera. Mettere tutti contro tutti, credendo che ciò lo aiuti a mantenere il controllo. Così, ha nominato tre ausiliari. Incluso il vescovo agrigentino Baldassare Reina, diventato vicegerente al Vicariato, avocando a sé sempre più competenze, in virtù della nuova Costituzione apostolica In Ecclesiarium communione e delle modifiche al Regolamento, firmate da Bergoglio il 21 dicembre scorso. Lo statuto ha suscitato perplessità tra i funzionari: ai dipartimenti amministrativo e giuridico, dicono, sono state attribuite troppe responsabilità, a cominciare dalla supervisione dell’Ufficio del patrimonio, frattanto privato del direttore. È un settore delicatissimo, attorno al quale si rincorrono voci allarmate, che denunciano gravi carenze, specie per via dei canoni agevolati che verrebbero concessi ai locatari di vari immobili prestigiosi nel centro di Roma. Alcuni di loro, titolari di attività commerciali, sarebbero parecchio indietro con le mensilità, nonostante gli ottimi incassi. E non esisterebbe un piano di recupero crediti.Tra le figure controverse, sembra spiccare il responsabile dell’Ufficio giuridico, don Renato Tarantelli Baccari, descritto come il vero factotum dietro monsignor Reina, incline all’accentramento dei poteri e a far valere la simpatia di cui godrebbe presso Francesco. Alcuni sacerdoti, giorni fa, hanno sottoscritto una lettera di lamentele a «Vostra Santità», contestando «un ragazzo che in ogni istante ricorda che lui si è fatto prete solo perché la sua ragazza lo ha mollato» e che «ha redatto un regolamento fuori da ogni logica giuridica». Eppure, da quanto risulta alla Verità, anche a don Tarantelli la fortuna starebbe volgendo le spalle: ultimamente, il Papa avrebbe smesso di riceverlo. La situazione, nel cuore della Chiesa, appare caotica: il cardinale vicario sarebbe stato de facto svuotato dell’autorità; l’influenza del vicegerente sarebbe aumentata e, tuttavia, alle sue spalle si muoverebbe un burocrate, vero kingmaker, ma adesso forse non più così gradito in quel di Santa Marta; i dissapori avrebbero provocato una specie di frattura tra due cordate; e il tutto sarebbe il prodotto della tecnica di Bergoglio, persuaso che si possa governare meglio creando scompiglio. Il clero romano avverte di riflesso tali inquietudini: qualunque richiesta inoltrata al Vicariato sarebbe artificiosamente tenuta in sospeso. Il rapporto con le parrocchie ne risulta compromesso. È l’ennesima circostanza in cui erompono le contraddizioni del papato. In luogo della misericordia, alberga spesso uno spirito di rappresaglia; in luogo della collegialità, l’accentramento dei poteri, o la loro concentrazione nelle mani di meteore della gerarchia ecclesiastica, esse stesse appese agli umori cangianti di Francesco. Nel 2013, egli volle farsi conoscere anzitutto quale vescovo di Roma. Ma Roma, undici anni dopo, gli è sfuggita di mano.
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