2020-09-01
Telefona Giuseppi. E il ribelle Martello diventa incudine
Totò Martello (Getty images)
Travolto dall'ira dei suoi concittadini, il sindaco di Lampedusa inscena uno sciopero. Basta una chiamata da Roma e ci ripensa.Proprio quando a Roma stavano cominciando a spaventarsi per il crescendo delle proteste a Lampedusa, il più lesto a mettersi paura (e a trarne le conseguenze sbagliate, facendo un primo passo indietro) è stato il sindaco Totò Martello, cioè - paradossalmente - chi avrebbe dovuto fare da capofila e portavoce delle istanze dei cittadini. Ma Martello si è esibito nell'ennesima delle sue piroette. Un anno fa, uomo di sinistra, si divertiva a fare il controcanto all'allora ministro degli Interni Matteo Salvini: o meglio, prima si garantiva che il governo scegliesse la linea dura per evitare l'invasione, e poi si concedeva battute umanitarie a costo politico zero e a rendimento mediatico altissimo, roba da mandare in sollucchero i mainstream media: «Se qualcuno sta per annegare, mica gli dici che non lo aiuti perché c'è il decreto», come se il Viminale fosse responsabile dell'azione degli scafisti.Quest'anno - oplà - il vulcanico Martello si è trovato davanti a un copione opposto: un governo lassista, e Lampedusa ridotta a un devastante campo profughi, con un hotspot concepito per accogliere 192 persone e ormai regolarmente popolato da più di mille persone. E il sindaco che ha fatto? Per qualche settimana ha cercato di cavarsela con battute e dichiarazioni per sollecitare il governo, per ritagliarsi la parte dell'uomo di buon senso che chiede alla sua stessa parte politica di non dimenticare l'isola. Il fatto è che però i cittadini sono davvero esasperati, e negli ultimi giorni hanno dato vita a manifestazioni reali, con un'arrabbiatura non solo recitata a favore di telecamera o misurata nelle righe di un comunicato stampa. Sui social, fino a domenica, impazzavano i video di Martello duramente rimbrottato per strada dai suoi concittadini, con la chiara accusa di aver metaforicamente venduto l'isola.E - parliamoci chiaro - proprio questa mobilitazione popolare aveva sortito qualche primissimo effetto, tipo la decisione, assunta in fretta e furia da Luciana Lamorgese, di inviare altre tre navi. Ecco la nota del governo: «Il ministero dell'Interno segue con estrema attenzione la grave situazione legata allo sbarco di circa 400 migranti la scorsa notte a Lampedusa e sottolinea che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro Luciana Lamorgese hanno deciso di ricorrere all'utilizzo di ulteriori tre navi, in aggiunta alle due già operanti, per la sorveglianza sanitaria dei migranti irregolari in arrivo». E ieri mattina la protesta era proseguita sotto il municipio. Eloquenti gli striscioni: «Stop immigrati», «Lampedusa hotspot chiuso» e «Governo criminale». Ma anche, ben visibili, alcuni riferimenti a Martello e pure all'ex direttore del poliambulatorio dell'isola (adesso europarlamentare) Pietro Bartolo: «Sindaco dimettiti» e «Pietro Bartolo ti sei venduto Lampedusa». Tra i manifestanti il coordinatore leghista a Lampedusa, Attilio Lucia: «Se il sindaco non è davvero in grado di scioperare, si dimetta».In realtà, fino a poche ore prima, era stato proprio Martello, in versione (temporaneamente) coriacea e combattiva, a prefigurare una sorta di sciopero: «Siamo in ginocchio, con questi arrivi all'hotspot si supereranno le 1.500 presenze. La situazione è insostenibile: o il governo prende decisioni immediate oppure sciopererà tutta l'isola. Sarà direttamente l'amministrazione a dichiarare lo sciopero, chiudendo tutto. Non è possibile continuare a sopportare queste angherie da parte del governo».E invece? È bastata una telefonatina da Palazzo Chigi per indurre Martello a più miti consigli. Ieri mattina infatti Giuseppe Conte ha telefonato a Martello, estendendo pure a lui l'invito a un incontro (domani, a Roma) a cui parteciperà anche il presidente della Regione Nello Musumeci. Il quale - però - arriva al confronto con Roma avendo effettivamente dato battaglia, avendo utilizzato tutti gli strumenti che la politica e lo statuto regionale mettono a sua disposizione.Assai più malleabile, invece, si è rivelato Martello. Ricevuta la chiamata dal premier, il sindaco ha incontrato una delegazione di manifestanti e i rappresentanti delle organizzazioni di categoria per dichiarare una specie di «contrordine compagni»: lo sciopero rimane sospeso. Per non perdere del tutto la faccia, Martello ha provato a giustificarsi: «Alla luce della convocazione da parte del premier, la riunione che era in corso questa mattina al Comune è stata sospesa: ci rivedremo dopo l'incontro con il presidente Conte ed in base a ciò che emergerà in quell'occasione, a Lampedusa decideremo cosa fare in merito allo sciopero». Palla in tribuna, come i terzinacci del calcio antico. Poi, nella furia di passare dalla corsia di sorpasso alla corsia d'emergenza, Martello ha decelerato ulteriormente, addirittura chiamando in causa la Regione, nel tentativo di spostare l'obiettivo da Roma: «Lo sciopero è stato rinviato in attesa delle risposte che arriveranno da Roma. Ci sono alcune cose che deve fare la Regione Sicilia nei confronti del popolo di Lampedusa e altre che devono essere fatte da Roma. Appena ci saranno i provvedimenti fatti, Conte verrà anche a Lampedusa. Che il governo ci convochi, vista l'emergenza che c'è a Lampedusa, è un fatto concreto». Anche se c'è da dubitare che Conte intenda mettere piede sull'isola, visto il clima, e vista soprattutto l'inadeguatezza e il ritardo dell'azione del governo. Del resto, mentre un anno fa (con Salvini al Viminale) c'era un via vai di politici di sinistra a fare le loro passerelle, quest'anno tutti si sono prudentemente tenuti alla larga.
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