
Il fondatore di Kontatto Federico Ballandi: «Per lanciare la nuova collezione invernale “Chicchissima” abbiamo scelto Parigi, città dell’eleganza e dell’arte per eccellenza. Il nostro punto forte rimane la maglieria, richiesta ovunque. Il 90% dei capi è prodotto in Italia».Pronto, Ballandi, ma è ferragosto, sta lavorando?«Ho finito ieri sera e il 16 torno in azienda, il lavoro non va in ferie. Una sola giornata a Milano Marittima».Federico Ballandi, il creatore di Kontatto, marchio ormai storico di moda veloce, che il nostro giornale ha intervistato più volte, ha sempre novità da comunicare, idee continue da sfornare. E il mese d’agosto è uno dei momenti più intensi.Lavoro e lavoro, non smette mai?«Abbiamo le consegne dell’invernale che per noi è la stagione più importante e quindi questo periodo non lo conosciamo come vacanza. I ragazzi fanno i turni, le ferie sono frazionate e l’azienda non chiude mai».In cosa siete impegnati ora?«A dividere le consegne delle collezioni, la logistica è in fermento. I clienti vogliono la merce all’ultimo momento, sono abituati bene i nostri. Quindi quando c’è il lavoro bisogna rispettarlo in ogni ambito e noi siamo disponibili per andare avanti con passione come sempre».Le boutique nelle località di vacanza fanno le vetrine con i capi invernali?«Certamente. L’ultima collezione, Chicchissima, in parte è stata consegnata a giugno dato che diversi negozianti preferiscono esporla con un certo anticipo, in particolare al Nord e all’estero. Seguiamo noi capo per capo, dividiamo le consegne con i nostri laboratori per non intoppare tutto all’ultimo minuto. Sud e Centro Sud finiscono prima le collezioni estive e preferiscono le consegne dopo il 20 agosto o ai primi di settembre. Riusciamo a spalmare le date in modo da accontentare i clienti e a produrre con maggiore qualità oltre a dare un buon servizio collaborando quotidianamente con le esigenze di ognuno».È questa la vostra forza?«Senza dubbio. Ascoltare, prima di tutto i nostri clienti. Veniamo da una stagione non facile climaticamente parlando. E l’invernale deve essere di buon auspicio».Chicchissima, perciò, è la collezione invernale. Anche il nome invoglia all’acquisto?«Dobbiamo dare il meglio di noi stessi per quanto riguarda la direzione artistica, l’immagine, la scelta delle campagne. Non a caso, questa volta, abbiamo scelto Parigi, una città straordinaria per quanto riguarda la moda che sa valorizzare al massimo, e anche per l’arte. La città per eccellenza per shooting e sfilate dei grandi marchi. Abbiamo tratto ispirazione dalla Ville Lumiere sia per le idee di collezione che di foto».I capi più rappresentativi?«Siamo partiti da ciò che ci ha resi famosi e che ci identifica, la maglieria, richiesta ovunque per qualità di materiali e di fattura. Le proposte sono molto ampie e vanno dai jeans ai completi da cerimonia, giacche e pantaloni un po’ over. Inarrestabile l’avanzata del tailleur. Righe, perle, frange, balze e jacquard sono la cifra stilistica del marchio. Capi spalla e un tocco di montone ecologico. Puntiamo molto anche sugli accessori per un look Kontatto a 360°».Questa volta Parigi, la scorsa volta Los Angeles. Obiettivo internazionalizzazione?«La moda made in Italy è molto richiesta e ricercata nel mondo. Senza dubbio bisogna muoversi verso le esportazioni perché con il solo mercato domestico non si riuscirebbe a raggiungere i numeri di cui un brand ha bisogno. Saremo a Parigi nei primi giorni di settembre per una fiera molto importante in modo da far conoscere il più possibile il marchio all’estero».Non bastano i social?«Sono fondamentali per la comunicazione, anche se resto convinto che bisogna essere presenti sui giornali, che restano una nostra colonna portante. Ma uscire dai confini italiani fisicamente è importantissimo».Tra Italia ed estero quanti sono i clienti?«In totale circa 2.500. Resta il problema della Russia, situazione che si è complicata ancor più con la svalutazione della moneta. Ci sarebbe bisogno che tutto finisse, prima di tutto per le persone che vivono momenti terribili e poi per poter riprendere i rapporti economici. La situazione ha messo in ginocchio tante aziende». Da cosa dipende il successo all’estero?«Dalla collaborazione con chi è sulla piazza, dal dialogo continuo con i distributori, quando puoi contare su gente fidata che sa muoversi sul mercato. Subito il marchio prende slancio e visibilità».Il cosiddetto fast fashion è preso di mira da chi sostiene che l’ambiente si salvaguarda anche con prodotti duraturi nel tempo. Lei cosa ne pensa?«Quando si parla di moda usa e getta non si tiene conto del grande lavoro degli imprenditori della moda. Una professionalità indiscussa che sta dietro a ogni prodotto, tenendo conto anche dei costi quasi proibitivi delle materie prime. Siamo noi i primi a produrre capi di qualità e a rifiutare di essere catalogati nel fast fashion. Una sovrapproduzione senza equilibrio ti porta al fallimento. Dopo anni di lavoro ed essendo sul mercato da tempo, possiamo testimoniare che le produzioni sono sempre state mirate. Noi vogliamo sempre e comunque valorizzare le nostre collezioni in un’ottica di accessibilità e di buona durata».Valore aggiunto?«Il 90% dei nostri capi è prodotto in Italia usando l’unico sistema di produzione che conosciamo, cioè eccellente. Un esempio: i maglifici sono rimasti pochi, gli artigiani che smacchinano sono rari, l’indotto si è ristretto. Non è più possibile fare alti numeri di produzione. Anzi. A volte facciamo fatica a rispettare le consegne perché si fa fatica a produrre in Italia. Ma la qualità è garantita».Novità?«La sfilata, “L’arte dello stile”, il 28 settembre, a Venezia, alla Scuola Grande Della Misericordia, uno spazio straordinario dove storia e cultura dialogano con il territorio. Una passerella unica per dimostrare che Kontatto sa unire moda e arte».
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






