
Il governo vuol approvare nel prossimo cdm sia la legge sul nucleare sia il provvedimento da 4 miliardi per ridurre i costi energetici. Il viceministro Gava: «Usiamo le risorse (sistema degli Ets) che le imprese versano in Europa per la CO2 e gli stanziamenti del Pnrr».Inutile nasconderselo, l’approvazione di un decreto per tagliare le bollette a famiglie e imprese è diventata per il governo una corsa contro il tempo. Più i giorni passano e più l’opposizione prende fiato con il solito il refrain: quello dei soldi che si cercano e si trovano per le armi e per la difesa e che invece latitano se si tratta di dare una mano ai contribuenti e alle aziende che devono sopportare un oggettivo gap di competitività. Che poi queste accuse arrivino da chi, il premier Giuseppe Conte, può essere considerato il maggior artefice del Superbonus, che doveva riqualificare gli immobili e alla fine ha solo salassato in conti pubblici, importa relativamente. Così come conta il giusto il fatto che a protestare sia quella stessa opposizione, Schlein, Fratoianni e Bonelli in testa, che minaccia di scendere in pazza per il problema energetico, ma non presenta alternative che non siano quelle di «affossare» il nucleare. Il problema per italiani e quindi per il governa resta e va messa una pezza in fretta. Una delle novità di giornata riguarda proprio il nucleare. È possibile infatti che nel prossimo consiglio dei ministri possano essere approvati sia lo storico piano del governo per il ritorno alla produzione di energia nucleare nel Paese (al momento parcheggiato in un disegno di legge delega presentato dal ministro dell’Ambiente) sia il decreto Bollette. E in effetti avrebbe un gran senso. Al di là dei tempi diametralmente opposti - sulle bollette serve un intervento urgente, mentre il progetto sul nucleare si distende su più anni - la contemporaneità del via libera rappresenterebbe un segnale importante di strategia e di politica industriale. Ma visto che per il nucleare servirà ancora molto tempo vale la pena soffermarsi sulle bollette. «Il Mef e Mase», spiega alla Verità il viceministro dell’Ambiente Vannia Gava, «stanno lavorando a un provvedimento che non solo consenta un intervento immediato, ma che sia anche efficace nel lungo periodo. La prossima settimana sarà cruciale per definire le priorità su cui agire per sostenere famiglie e imprese, individuando al contempo le risorse disponibili».Si parte da una certezza. Una delle misure allo studio prevede di potenziare del bonus sociale, lo sconto in bolletta per le famiglie in condizioni di svantaggio economico. L’ipotesi è di allargare la platea dei beneficiari dell’agevolazione che oggi viene assegnata a chi ha un Isee inferiore a 9.530 euro fino a quota 15.000 euro. E Costerebbe non meno di 1,5 miliardi. E qui veniamo al punto cruciale. Alla fine l’obiettivo è mettere sul piatto quasi 4 miliardi di euro. Come si coprono? «È un tema», continua la Gava, «che richiede una visione di ampio respiro. Una delle fonti di finanziamento potrebbe essere l’utilizzo delle quote Ets previste dall’Ue, destinandole al supporto del tessuto industriale. Un’altra opportunità ci deriverebbe dall’ottimizzazione del Pnrr, riallocando risorse da misure meno efficaci verso strumenti più utili in questa fase. Le cifre definitive saranno stabilite insieme al Ministero dell’Economia».Partiamo dagli Ets, quindi, di cosa stiamo parlando? «Le quote Ets», spiega il viceministro della Lega, «sono pagate dalle imprese (non solo i gruppi industriali ma anche chi produce energia ndr) in base alle emissioni di CO2 e servono a finanziare la transizione ecologica. L’idea è destinarne circa 1,5 miliardi all’energy release, che permette alle aziende di acquistare energia rinnovabile a prezzo calmierato in cambio dell’impegno a sviluppare nuova capacità rinnovabile nei prossimi 30 anni. Oggi questa misura è riservata alle imprese energivore, ma credo sia giusto valutare un’estensione alle piccole e medi realtà». E non finisce qui. Perché questi Ets hanno un costo, che è cresciuto a dismisura negli anni. «Nel 2005», sottolinea la Gava, «erano a quota 16 euro, poi per dieci anni sono rimaste tra i 6 e i 20 euro. Ora siamo a 71 euro. Un aumento così forte pesa sulle imprese e va considerato nelle scelte future. Sul tema delle garanzie finanziarie, sarà necessario un confronto con la Commissione Europea per individuare soluzioni praticabili».Bruxelles, appunto, è un altro grande tema. Perché non c’è solo la necessità di avere il via libera alla misura sugli Ets e di evitare la tagliola degli aiuti di Stato, ma anche l’esigenza che sia l’Europa a vigilare sulle speculazioni legate al prezzo del gas stabilito al TTF di Amsterdam. «È evidente», conclude la Gava, «come spesso basti una semplice dichiarazione per far impennare il prezzo del gas. Se i costi di produzione, trasporto e stoccaggio restano più o meno stabili, cosa può farlo oscillare così tanto? Solo la speculazione finanziaria. Per questo chiediamo alla Commissione Europea di intervenire. Serve un sistema più trasparente e stabile, che eviti rincari ingiustificati e protegga cittadini e imprese».
Ansa
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(IStock)
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