2024-12-15
        «Se la Cgil insiste, tagli agli scioperi. Prima in pensione 80.000 italiani»
    
 
        Claudio Durigon (Getty Images)
    
Il sottosegretario Claudio Durigon: «Il diritto alla protesta è sacrosanto, ma così è un escamotage per creare disagi politici Riforma extrema ratio. Nella Finanziaria novità sulla previdenza. Concordato flop? Serve una rottamazione».Sottosegretario Durigon veniamo subito al punto, ormai in Italia ogni settimana vengono proclamati un paio di scioperi. E il canovaccio che si ripete è abbastanza avvilente: i sindacati annunciano chiusure a raffica, il ministro Salvini precetta e i giudici o le stesse parti sociali si inventano qualcosa per bypassare il governo. Il tutto condito da una bella dose di scontri in piazza che non possono mai mancare. Non sarà il caso di cambiare le regole dello sciopero? «Più che una questione di regole, a me sembra ci sia un problema che riguarda alcuni sindacati che rappresentano i lavoratori e che usano un diritto che resta sacrosanto per fare politica e per farsi notare. Se la partecipazione è di 4 lavoratori su 100 è evidente che non ci troviamo di fronte a un vero e proprio sciopero ma a un escamotage politico che ha l’unica finalità di creare disagio. Basti vedere quello che è successo due giorni fa, nonostante le percentuali bassissime di adesione: è bastato che poche persone (pensiamo a chi guida o controlla i tram o i treni delle metropolitane) si astenessero dal lavoro per bloccare tutto. Così non possiamo andare avanti».Appunto, bisogna quindi cambiare le regole dello sciopero.«Guardi, io insisto. Io resto un sostenitore del modello di sciopero anche così com’è, serve invece una presa di consapevolezza dei sindacati, serve per esempio che Landini la smetta di fare politica. Io ricordo che questi stessi sindacati non si sono mossi per la legge Fornero sulle pensioni che ha rovinato la vita a milioni di italiani, salvo poi proclamare ora uno sciopero sulla manovra, quando ancora non si conosceva il testo della legge di bilancio».Landini è lo stesso segretario che ha parlato di “rivolta sociale”, non le sembra di nutrire un eccesso di speranze.«Che delusione quelle parole. Eppure Landini qualche mese fa è stato vittima di un’aggressione che noi abbiamo condannato fermamente, dovrebbe essere ben consapevole del rischio che si corre a soffiare sul fuoco». Ci risiamo, anche per questo motivo non diventa necessario cambiare le regole dello sciopero?«Certo che se la situazione non dovesse migliorare, una svolta legislativa resterebbe l’unica soluzione». In quale direzione?«Credo che possa servire una legge che imponga dei paletti minimi di rappresentanza per proclamare uno sciopero. Non possiamo svegliarci ogni giorno con una sigletta che non ha nessuna partecipazione eppure decide di bloccare il Paese. L’Italia non deve restare vittima di quattro sindacalisti che hanno deciso di fare politica».Veniamo alla manovra. Era proprio necessario aumentare gli stipendi dei ministri?«Capisco che non sia un tema popolare, ma noi siamo di fronte a ministri che spesso e volentieri lasciano lavori che sono ben più pagati. Lasciando le attuali remunerazioni rischiamo di perdere fior di professionisti che preferiranno fare consulenza per i privati». Nessuno guadagna meno di 5.000 euro netti al mese. «Io credo che non sia giusto che un ministro guadagni meno di un parlamentare, anche perché ha enormi responsabilità. E a scanso di equivoci le evidenzio che io non sono per nulla toccato dalla norma». E allora perché c’è una legge che prevede che un uomo di governo guadagni meno di un deputato?«Perché a suo tempo evidentemente si voleva evitare che terzi entrassero nella squadra di governo.Eravamo con con l’esecutivo Renzi?«Eh... ma le ricordo che anche il governo Draghi ha aumentato i compensi di sindaci e assessori. Chi ha ruoli di responsabilità è giusto che venga retribuito».Anche gli operai e il ceto medio dovrebbero essere ben retribuiti.«In manovra abbiamo reso strutturale il taglio del cuneo che garantisce 1.200 euro netti in più all’anno per chi guadagna fino a 40.000 euro lordi. Credo sia un intervento per certi versi epocale, altro che salario minimo». Ma non basta a colmare il gap salariale.«Certo che non basta, ma va evidenziato. Così come va sottolineato che nella manovra abbiamo trovato le risorse per l’Ires premiale alle imprese e per aumentare la soglia della flat tax per le Partite Iva di dipendenti e pensionati fino a 35.000 euro».Quale regalo finale si aspetta la Lega dalla manovra?«Stiamo valutando con la Ragioneria l’ammissibilità di un emendamento per agevolare la flessibilità di uscita pensionistica a 64 anni».Cioè?«Oggi per andare in pensione a 64 anni con 20 di contributi è necessario avere un reddito pari a 2,8 volte la pensione minima. Noi prevediamo che questo reddito lo si possa raggiungere sommando il calcolo della pensione a quello della previdenza complementare (per la prima volta i due pilastri comunicano tra loro). Nel 2025 passerebbe il principio, ma poi la volontà sarebbe di estendere la misura a tutta la platea dei lavoratori ante 1996, dando così la possibilità di scegliere di andare in pensione prima a 80.000 lavoratori». Costo?«Quest’anno il costo sarebbe irrilevante. Dal prossimo anno se passa la nostra volontà di riforma circa 1,5 miliardi». Deluso dal concordato?«Vediamo i calcoli finali, dai primi dati ci aspettavamo di più, evidentemente i cittadini ci chiedono altro ed è necessaria un’altra rottamazione che consenta di versare le tasse non pagate per disagio economico in 10 anni. La Lega ha depositato una proposta di legge in tal senso. Certo sul concordato non ha aiutato la lettera intimidatoria di Ruffini». Che poi ha lasciato l’Agenzia delle Entrate. Potrebbe entrare in politica. «In bocca al lupo... la politica non è facile, non sarebbe una scelta saggia».
        Luciana Littizzetto (Getty Images)
    
Hartmut Rosa (Getty Images)
        Luca Palamara (Getty Images)