I giorni passano ma la Regione Lazio continua ad aspettare i 14 milioni di euro che la società Seguros Dhi-Atlas avrebbe dovuto versare entro lo scorso 15 maggio. Somma di denaro che l'azienda dominicana con sede a Londra, avrebbe dovuto già ridare, visto che lo scorso «1 maggio è stato avviato l'iter di escussione delle polizze», come dichiarato dal presidente Nicola Zingaretti. Peccato che il giorno stesso in Regione era stata protocollata la riposta dell'Ivass che avvisava sulla falsità delle garanzie fideiussorie. Dunque ad oltre due settimane dall'avvio della pratica la società diretta da Andrea Battaglia Monterisi, imputato in un processo di camorra a Benevento, non ha versato un euro. Circostanza che ci viene confermata dal portavoce del segretario Pd. Ma c'è di più perché la regione Lazio non ha ancora denunciato Seguros Dhi-Atlas; ha preferito informare sull'attuale situazione la Procura della Repubblica e promuovere un decreto ingiuntivo. Quindi sul caso polizze farlocche sembrerebbe che in Lazio si navighi in alto mare, per di più in tempesta. Non va tanto meglio sull'altro fronte aperto, quello stabilito dal piano di rientro concordato da Eco Tech srl. Ad oggi, ultimo giorno utile per la restituzione, dei 13 milioni e mezzo che la ditta di Frascati e i suoi sub fornitori devono riconsegnare, ne sono sono stati restituiti solo un 1 milione e 746.000. Per i più smemorati, i sub fornitori di Eco Tech sono la Giosar ltd e la Exor Sa ltd. La prima guidata da Stefania Cazzaro che si sarebbe dovuta occupare della distribuzione delle mascherine, e secondo quanto pattuito deve restituire in un'unica soluzione 4.740.000 euro. Abbiamo contattato l'avvocato di Giosar, Massimiliano Usiello. Il quale nella breve conversazione ha ripetuto a sfinimento: «Non si permetta più di chiamarmi». Per comprendere meglio la situazione abbiamo sentito anche uno dei due legali di Eco Tech srl, Giorgio Quadri: «Giosar è stata la prima a contattarmi. Però adesso non ho loro notizie dal 15 maggio». Pausa. «Mi voglio fidare, aspetteremo ancora un po', poi non ci fideremo più». Come è inevitabile che sia, perché al momento promesse a parte Giosar non ha bonificato nulla. Il discorso invece sarebbe diverso per quanto riguarda Exor Sa. Dopo avere retrocesso il primo milione, dalla Regione sono in attesa di 3,5 milioni di euro. «Con Exor», ci riferisce il legale Giorgio Quadri, «la situazione è diversa. Abbiamo sottoscritto un atto al quale è seguito un bonifico corposo (il primo da 1 milione di euro, ndr). Due giorni fa ho sentito il loro avvocato il quale mi ha riferito che il suo cliente avrebbe avuto la disponibilità in questi giorni. Oggi dovremmo chiudere tutto, con il saldo totale (3,5 milioni di euro, ndr)». Anche il tono di voce dell'avvocato appare più disteso. Va da sé che il completamento o meno del piano di rientro potrebbe influenzare la prosecuzione dell'indagine aperta dalla Procura di Roma, dove al momento sono indagati per inadempimento in pubbliche forniture Anna Perna e Sergio Mondin. I quali secondo l'avvocato Cesare Gai: «Si sono messi a disposizione del pm fin dal primo e presentato un memoriale con 66 documenti». E soprattutto: «Non siamo mai stati interrogati». «Con quello che abbiamo fornito noi», conclude Cesare Gai, «si palesa un atteggiamento che non è caratterizzato dal dolo. L'evidenza è che questi soldi devono rientrare alla Regione». Sulla correttezza di questa affermazione non ci possono essere dubbi. Non si può certo dire lo stesso di quanto detto dal presiedente Nicola Zingaretti, che durante una conferenza stampa assieme all'assessore alla Sanità Alessio D'Amato per presentare i primi risultati della campagna di test seriologici per il coronavirus, è tornato a rivolgersi direttamente ai cittadini. «Alle ragazze e ai ragazzi che possono tornare a frequentare i locali la sera, dico: “Pensate a voi stessi, ai vostri genitori, ai vostri nonni, perché potete essere vettori del virus. Per questo mi auguro che la mascherina, oltre ad essere una protezione, diventi la moda dell'estate"». Per cui un indispensabile strumento per la salute di tutti guadagna il titolo di gadget dell'estate. Ma non è finita: «Le mascherine le dobbiamo tenere fino al vaccino». Così passa anche il messaggio che una volta scoperto il vaccino tutti i problemi legati al Covid-19 d'incanto spariranno. Eppure le sorprese, negative, di Nicola Zingaretti sembrano destinate a non avere fine. Con il suo ultimo decreto presidenziale ha nominato Carmelo Tulumello (capo della Protezione civile regionale, con evidenti responsabilità nel Maschierina Gate) «soggetto delegato per la gestione e l'utilizzo dei fondi in contabilità speciale previsti dall'Ordinanza del Capo della Protezione Civile n. 639 del 25 febbraio 2020, destinati per quanto di competenza alla Regione Lazio». Ecco un altro bel messaggio, chi sbaglia non paga. Anzi gli vengono affidati nuovi incarichi e nuovi poteri. Viene da chiedersi: il Mascherina Gate ha insegnato qualcosa alla maggioranza che guida il Lazio? Sembrerebbe proprio di no a giudicare dall'interrogazione presentata dal capo gruppo della Lega, Orlando Tripodi. Tema dell'atto, il ritardo nella fornitura di Dpi ad opera di cinque società: Wisdom Glory Holdings, Internazionale Biolife srl, Worldwide Luxury srl, European Network Tlc srl e Pio Macarra srl.
L'accordo prevedeva che nel caso in cui le mascherine non fossero arrivate, la Regione Lazio avrebbe chiesto indietro gli anticipi ed escusso le polizze che avrebbero dovuto garantire la copertura dell'accordo. «Non lasceremo nulla di intentato. Va naturalmente avanti anche l'iter che riguarda le polizze. È stata chiesta già il primo maggio l'escussione e il 15 (oggi per chi legge, ndr) è il termine ultimo per la riscossione». Ecco la notizia della giornata. Chi parla è il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. E proprio per questo era da tempo che non si registrava una seduta così attesa nel Consiglio regionale. Nei 50 minuti del suo intervento sul Mascherinagate ha rivelato una novità importante: è stato avviato il processo per ottenere dall'azienda Seguros Dhi-Atlas ltd il pagamento delle due polizze a garanzia dell'affare con l'Eco tech srl, l'azienda che avrebbe dovuto consegnare 9,5 milioni di mascherine (ne hanno consegnate 2 milioni). La Regione, per quel capitolo, aveva anticipato 15 milioni di euro.
I nodi forse sono venuti definitivamente al pettine. Ma di soldi non se ne è vista neanche l'ombra. E, come è facile immaginare, con molta probabilità non se ne vedrà neppure in futuro. Come ha ricostruito nelle settimane scorse La Verità, a capo della società che ha emesso le due garanzie fideiussorie farlocche c'è Andrea Battaglia Monterisi. L'uomo che è anche imputato in un processo di camorra a Benevento. Classe 1964, il broker di Barletta è l'uomo della Seguros Dhi-Atlas, una società dominicana con un ufficio a Londra (dove ha costituito una ltd, una specie di srl, del valore di 1.000 sterline). Il nostro giornale è stato il primo a sospettare sulle garanzie a copertura delle mascherine. La prova è arrivata dall'Istituto sulla vigilanza delle assicurazioni e dalla Banca d'Italia. L'Ivass in data 22 aprile, infatti, ha scritto: «La Seguros Dhi-Atlas ltd è una società con sede nel Regno Unito che non risulta abilitata all'esercizio dell'attività assicurativa in Italia né in regime di stabilimento né in regime di libera prestazione di servizi». Parole pesanti come macigni. E la pietra tombale sulla liceità a emettere polizze targate Seguros Dhi-Atlas ltd ci è stata fornita da Banca d'Italia: «Non risulta iscritta nell'albo degli intermediari finanziari né risulta aver effettuato alcuna comunicazione di avvio di operatività in Italia».
A metà pomeriggio abbiamo chiamato Andrea Battaglia Monterisi per capire se oggi sarebbero state saldate le due polizze, ma il broker pugliese ha dato ai cronisti sì e no il tempo di presentarsi. «La ringrazio per l'attenzione», ha ripetuto per tre volte prima di interrompere bruscamente la conversazione. Battaglia Monterisi è anche legato alle polizze mai presentate dal Palermo calcio. Nel maggio 2019 la sua società nominò rappresentante per il mercato italiano Carlo Camilleri, l'uomo incaricato dagli amministratori della società di calcio siciliana di trovare, in qualità di intermediario, le garanzie per il campionato di serie B. Ma le polizze non vennero mai presentate, contribuendo parzialmente al fallimento della società sportiva. Ci voleva davvero poco, insomma, a capire come stavano le cose.
Durante il suo intervento il consigliere di Fratelli d'Italia Sergio Pirozzi, per esempio, spiega: «Eco tech manda un certificato che fa riferimento a un codice cancellato con un pennarello. Quando lo ricevo, vado da mia figlia, che ha undici anni, per farmi leggere il testo in inglese. Mia figlia digita il codice e dice “papà, ma questo corrisponde a un apparecchio per il riconoscimento facciale". Non so di quale faccia, ma sicuramente non si tratta di mascherine. Ecco, quando arriva un documento cancellato, controllatelo».
Nonostante la questione si sia fatta molto imbarazzante, la Regione Lazio quattro giorni fa ha diffuso un festante comunicato stampa con cui si dava notizia dell'esistenza di un piano di rientro di Eco tech e della restituzione di 1.756.000 euro su 13.520.000. Oltre a Eco tech, nel piano di rientro compaiono le altre due società partner: la Exor Sa (acronimo di Extreme in orthopedics) e la Giosar ltd. La prima avrebbe dovuto reperire sul mercato le mascherine e in un secondo momento fornirle ad Eco tech che a sua volta le avrebbe consegnate a Regione Lazio. Invece la seconda, guidata dall'imprenditrice Stefania Cazzaro, che ha alle spalle già un fallimento, si sarebbe dovuta occupare delle spedizioni. Dove sono finiti i soldi? Cesare Gai, legale della Eco tech, spiega: «Il secondo milione pattuito con Exor ancora non è arrivato». Pausa. «Questa società però non è scomparsa, con loro abbiamo delle interlocuzioni». Della Giosar ltd che deve rimborsare in un'unica soluzione 4.740.000 euro, invece, non si hanno più notizie. «Per loro si è presentato un avvocato, ma io non lo conosco», aggiunge Gai. E a questo punto anche il piano di rientro comincia a farsi tortuoso.
E alla fine spunta la mail che conferma che nel grande pasticcio delle mascherine del Lazio è coinvolto in prima persona, e non solo politicamente, pure Nicola Zingaretti, nonostante a marzo fosse a letto, causa coronavirus. Il governatore, per esempio, ha portato dentro all'affare una delle società più chiacchierate del Mascherinagate, la Wisdom glory holdings Ltd, domiciliata a Hong Kong, ma registrata alle Isole Cayman e inserita nel database degli Offshore leaks, creato nel 2013 dall'International consortium of jnvestigative journalists, lo stesso che ha realizzato il rapporto sui Panama papers.
Dalla Wisdom la Regione Lazio ha ricevuto 2 milioni di Ffp2 al prezzo 4,6 milioni di euro. Leggiamo la mail che chiama in causa Zingaretti. Il 20 marzo l'ex presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, da un indirizzo intestato «Jewish affairs», Affari ebraici, scrive al vicepresidente della giunta, Daniele Leodori: «Come da richiesta di Nicola Zingaretti mi sono attivato per far fronte alle richieste d'aiuto della Regione Lazio, a cui va il mio plauso e solidarietà per questa crisi pazzesca e inimmaginabile. Soprattutto augurio di pronta guarigione. Beck Gil è un mio carissimo amico israeliano di Ra'anana che vive in Cina, il quale opera nel settore di forniture sanitarie». Dopo l'introduzione Pacifici invia a Leodori i contatti di Gil «affinché nella massima trasparenza possiate coordinare il tutto per acquisto diretto e senza importatori che possano fare lievitare inutilmente i prezzi». Pacifici spiega anche che i prezzi sono comprensivi delle spese aeree e aggiunge: «Ti evidenzio che sta ricevendo richieste da tutto il mondo e quindi servono decisioni veloci». Il rappresentante della comunità ebraica fa riferimento anche al possibile acquisto di ventilatori per la terapia intensiva e conclude: «Resto a disposizione per altri canali. Credimi è stato faticoso». Alla mail è allegata anche «l'offerta di mascherine per l'Italia» della Wisdom: 10 milioni di Ffp2 a 2,5 dollari l'una (2,3 euro), la prima metà in consegna entro 10 giorni, l'altra nei successivi 10. Anticipo del 30 cento. L'offerta per 2 milioni di mascherine (e non 10) verrà formalizzata il 23 marzo e la determina di affidamento sarà firmata il 25. Anche se la proposta arriva da una società chiacchierata, i prezzi sono decisamente più bassi di quelli della concorrente Eco Tech, la quale non ha consegnato neanche una mascherina Ffp3, né Ffp2 dei 9,5 milioni ordinati dalla Regione tra il 16 e il 20 marzo.
Entro il 30 aprile la ditta di Frascati avrebbe dovuto restituire alla Regione Lazio 13.520.000 euro di anticipi e pagare 320.000 euro di penali e 730.000 euro di danni ulteriori.
Ieri la Regione ha annunciato festante il rientro, con 11 giorni di ritardo rispetto alla deadline, di poco più di un decimo del dovuto: «In data 11 maggio con due distinti bonifici, rispettivamente della Exor Sa (fornitore della Eco Tech, ndr) e della Eco Tech srl, la Regione Lazio ha ricevuto la restituzione di 1 milione e 746.000 euro». Nella nota diffusa dalla Regione viene scandito un piano di rientro concordato con la stessa Eco Tech, un cronoprogramma che ci siamo fatti puntualizzare dall'avvocato Cesare Gai, legale della ditta laziale: «Entro il 22 maggio Exor Sa verserà tutti i 4.530.000 euro incassati: 1 milione è già arrivato alla Regione e un altro è atteso nella giornata di oggi. Invece con la Giosar Ltd abbiamo fatto un accordo transattivo: ha promesso di restituirci 4.740.000 in un'unica soluzione. A queste cifre si deve aggiungere che la Eco Tech ha già versato 746.000 euro, 1,8 milioni di euro rientreranno grazie alla vendita di 500 mila mascherine chirurgiche e altri 1,7 milioni dalla cessione di tute protettive all'Emilia Romagna». Gai è soddisfatto: «Riuscire a restituire 13,5 milioni di euro sarebbe un'opera meritoria». Purtroppo la Giosar Ltd non ha ancora indicato una data di scadenza per la restituzione di quanto già ricevuto il 18 e il 23 marzo sul proprio conto Barclays. L'avvocato Gai sospira: «Noi il bonifico l'abbiamo sollecitato. Quando lo faranno? Non dipende da noi». Però una cosa è certa, che «senza il contributo di Giosar questo piano di rientro non è attuabile». Sulla solvibilità della società inglese resta qualche dubbio: l'azienda è diretta dall'imprenditrice padovana Stefania Cazzaro che alle spalle ha già un fallimento.
L'esultanza della Regione per la restituzione di 1,75 milioni ha lasciato basita l'opposizione. Questo il commento di Fratelli d'Italia: «Se non fosse una questione tremendamente seria penseremmo di essere su Scherzi a parte. Non si capisce poi per quale motivo Tulumello (Carmelo, capo della Protezione civile regionale, ndr) debba aspettare fine maggio per riscuotere le somme, visto che in commissione Bilancio Leodori ci ha rassicurato sulla presenza di una polizza assicurativa». Polizza emessa da una società senza licenza. E che per questo, probabilmente, nessuno vuole rischiare di escutere. Intanto la consigliera regionale leghista Laura Corrotti (è vicepresidente commissione Protezione civile) e Fabrizio Santori, dirigente della Lega in Lazio aprono un altro fronte: «Con una delibera del 5 maggio l'Asl Roma 4 ha acquistato dalla ditta Jin Feng srl 10.000 mascherine chirurgiche a 0,90 centesimi al pezzo più Iva e 2 mila mascherine Ffp2 a 4,50 euro al pezzo più Iva, un prezzo decisamente alto, per un totale di 26.000 euro. Una spesa probabilmente provocata dai danni della vicenda mascherine fantasma da oltre 35 milioni di euro che ancora oggi non è stata del tutto chiarita e che vede, ora, ogni Asl e azienda ospedaliera del territorio laziale correre ai ripari ed effettuare l'approvvigionamento per proprio conto per reperire i dispositivi di protezione ai propri operatori sanitari».
Il fornitore, la Jin Feng 3 srl, controlla un ristorante cinese a Civitavecchia e ha come oggetto sociale l'acquisto, la vendita e la gestione di locali pubblici legati alla ristorazione. I nomi dei titolari sembrano usciti da un film di Quentin Tarantino: Jin Mike, Jin Jack, Jin Wei Ming e Zhou Chunu. Anche loro hanno partecipato alla grande corsa alle mascherine.
La Eco Tech, l'azienda che non ha mai consegnato 7,5 milioni di mascherine alla Regione Lazio, era arrivata al tavolo delle trattative, in virtù delle quali ottenne 35,8 milioni di euro di affidamenti, grazie a un collegamento con il vicepresidente della Regione, Daniele Leodori (l'uomo che più si è esposto a difesa della scelta della Eco Tech) e con Andrea Cocco, vicecapo di gabinetto di Nicola Zingaretti, già capo della sua segreteria politica. A fare da trait d'union tra ditta e Regione è stato un campione di karate di Frascati, dove risiedono gli amministratori della Eco Tech. Parte di questa storia si trova nelle 20 pagine di memoriale (più 66 allegati) che l'avvocato Cesare Gai ha depositato ieri in Procura a Roma, dove risultano indagati per inadempimento in pubbliche forniture Sergio Mondin e la moglie Anna Perna, amministratori della stessa Eco Tech. L'esperto di arti marziali è Ivan Gilardi: sarebbe stato lui a riferire ai Mondin che la Regione aveva necessità di mascherine. Il suo nome compare anche nell'elenco dei preventivi proposti. Il 12 marzo avrebbe offerto mascherine Ffp3 ed Ffp2 al prezzo di 3,90 euro.
Nel memoriale si legge che la Eco Tech entra in contatto con la Regione «tramite Ivan Gilardi [...] contattato [...] dal dottor Leodori». Quindi «il Gilardi presentava pertanto alla Regione Lazio in nome e per conto della Eco Tech, società con cui egli aveva avuto pregressi rapporti, una prima offerta datata 13 marzo inerente la fornitura di 3 milioni di mascherine, modello Ffp2 Ffp3 ad un prezzo estremamente concorrenziale, 3,60 e 3,90».
Dunque il «gancio» dell'affare più discusso dell'ultimo mese è stato un karateka di 32 anni, con alle spalle un'esperienza sfortunata da imprenditore con la Yes event, messa in liquidazione nel 2015. Il contatto diretto di Gilardi non sarebbe però Leodori, bensì Andrea Cocco, 49 anni, ex portavoce dello spin doctor di Zingaretti, Goffredo Bettini. Cocco come detto è attualmente il vicecapo di gabinetto del governatore. Viene dall'esperienza della Festa del cinema e dell'auditorium parco della Musica, creature di Bettini. Uomo di sinistra, ha iniziato la sua carriera in un Caf della Cgil. All'avvocato Gai il nome Cocco non dice molto: «Forse era presente alla riunione della Eco Tech con la Regione».
A noi il politico ha offerto questa versione: «A marzo, nella fase più critica dell'emergenza nazionale da coronavirus, abbiamo cercato in ogni modo di supportare la Protezione Civile nella ricerca di mascherine e Dpi. Abbiamo messo in contatto con la Protezione Civile chiunque potesse reperirne per le opportune verifiche e valutazioni. Tra i vari che ho messo in contatto con la Protezione Civile c'è il signor Gilardi. Avevamo l'urgenza assoluta di reperire Dpi per medici e infermieri in prima linea». L'offerta della Eco Tech, secondo i difensori, prevedeva come garanzia delle lettere di credito degli istituti bancari. Secondo la difesa della Eco Tech, «a tale prima offerta non seguiva ordine alcuno». E così, il successivo 14 marzo, «a seguito di una nuova interlocuzione con il dottor Carmelo Tulumello (capo dell'agenzia regionale della Protezione civile, ndr), veniva rappresentato al Mondin l'interesse della Regione Lazio di dotarsi di circa 2 milioni e mezzo di mascherine di questo modello. La Eco Tech pertanto inoltrava alla Regione la relativa offerta, impegnandosi alla consegna». Però questa volta non veniva chiesta nessuna garanzia, «prediligendo» la Regione «il pagamento diretto dell'acconto, facendo ricorso a specifiche e urgenti disposizioni normative che avrebbero garantito maggiore celerità». Per l'avvocato Gai questa decisione è stata un problema pure per Mondin, infatti se l'affidamento fosse fatto stato attraverso le lettere di credito la eco Tech avrebbe avuto una garanzia bancaria, anziché quella fideiussoria della misteriosa Seguros Dhi-Atlas di cui abbiamo tanto parlato, riconducibile ad Andrea Battaglia Monterisi, broker invischiato in un processo di camorra. La sua compagnia sembra non fosse autorizzata a rilasciare fideiussioni - come ci hanno confermato l'Ivass e la Banca d'Italia.
Scavando spunta pure un curioso collegamento con il fallimento del Palermo calcio. Il link è Edoardo Caforio, il broker che il 3 maggio 2019 è stato nominato rappresentante per il mercato italiano della Seguros. Qualche giorno dopo, il 24 giugno, scadono i termini per la presentazione alla Figc di una garanzia da 800.000 euro che consenta alla squadra rosanero di partecipare al campionato. Purtroppo la polizza non viene consegnata alla scadenza richiesta. Dalle carte dell'amministratore giudiziario dell'epoca, Giovanni La Croce, emerge che «gli amministratori anziché interagire con il broker Francesco Barbaccia che aveva sempre assistito l'Unione sportiva Palermo nell'ottenimento delle garanzie nelle precedenti stagioni si rivolsero a Roberto Camilleri». Quest'ultimo lavorava per la Evc intermediazioni assicurative srl, società a sua volta controllata Abc Asssevera spa (con sede legale a Roma), il cui socio unico è proprio Caforio che ne detiene la totalità delle azioni. Il 26 giugno Alessandro Toscano della Evc annuncia alla stampa la volontà della sua società di «interrompere ogni rapporto professionale con la società di calcio» della famiglia Tuttolomondo. Aggiungendo che i problemi sulla mancata iscrizione della squadra sono dipesi dal ritardo con cui è arrivato il bonifico da 45.000 euro che certificava il pagamento del premio assicurativo. E a chiedere il completamento della documentazione necessaria sarebbe stato Caforio in persona. Nelle carte dell'amministratore giudiziario si legge, però, che la Evc «avrebbe assicurato il rilascio della fideiussione da parte della compagnia di assicurazione bulgara IC Lev Ins». Società coinvolta in «una serie di polizze contraffatte».
Nel Mascherinagate della Regione Lazio sta assumendo un ruolo di primo piano la Exor Sa di Lugano, che avrebbe dovuto fornire gran parte delle protezioni Ffp3 ed Ffp2 marchiate 3M e che sarebbe già stata denunciata nel Canton Ticino. Sul sito della Radiotelevisione svizzera si leggeva: «La Exor Sa, con sede in piazza Dante, fa capo all'imprenditore italiano Paolo Antonio Balossi. All'indirizzo corrisponde solo una buca delle lettere con il nome della società e l'ufficio di un commercialista. Ai diversi tentativi di contatto della Rsi, la Exor Sa non ha risposto». Anche noi abbiamo provato inutilmente a metterci in contatto con l'imprenditore milanese, classe 1975, sotto inchiesta a Brescia per indebita compensazione con l'Erario di crediti Iva fittizi.
Nel momento di massimo stress per la pandemia Balossi e la sua Exor hanno cercato di entrare nel business, ma, sembra, facendo il passo più lungo della gamba. Si sono proposti come fornitori di mascherine 3M a diverse Regioni e società. Tra quelle che hanno accettato c'è la Eco Tech di Frascati, che ha ordinato alla Exor 10 milioni di mascherine versando 4.531.000 euro di caparra, ma non ha ancora ricevuto nulla se non dei certificati Sgs (che certificano esistenza e tipologia della merce), come altre ditte. Risultato: gli amministratori Sergio Mondin e Anna Perna sono stati indagati per inadempienza in pubbliche forniture dalla Procura di Roma. L'azienda aveva ricevuto 15,5 milioni di euro di anticipi dalla Regione. Nell'ultima mail la Exor ha annunciato agli avvocati della Eco Tech che il primo carico di merce, 4 milioni di mascherine Ffp3, arriverà il 4 maggio. Peccato che nel frattempo la Regione Lazio abbia revocato gli affidamenti e la stessa Eco Tech abbia inviato una diffida per la restituzione delle somme anticipate.
Ma la Eco Tech non è la sola azienda che avrebbe preso la sòla dalla Exor. Per esempio anche la bolognese Evirontek Italia srl ha avuto una brutta esperienza con la società svizzera. Come ci ha raccontato Roberto Orlich, presidente della società che si occupa di brokeraggio farmaceutico «Noi il 16 marzo gli abbiamo bonificato 200.000 euro per circa 200.000 mascherine Ffp2. Inizialmente dovevano essere di produzione bulgara e quindi il prezzo era più basso di quelle 3M. Le avevamo già promesse con un ricarico basso alla Regione Marche. Poi ci hanno detto che la fabbrica in Bulgaria era stata requisita dal governo e allora la Exor, con nostra soddisfazione, ci ha annunciato che aveva in arrivo delle 3M e che le avrebbe fornite allo stesso prezzo e che non ci dovevamo preoccupare». A quel punto Orlich informa la Regione Marche che avrebbe fornito delle 3M sottocosto: «Mi sentivo gratificato, era un bel gesto». Purtroppo da quel momento l'imprenditore riceve solo «molte informazioni di cambi di programma, riguardanti in particolare le località da cui avrebbero dovuto partire le mascherine»: «Inizialmente mi hanno parlato di Southampton, dove mi dicevano che c'era un hub della 3M. Quando le notizie hanno cominciato a diventare contraddittorie e ho iniziato a pressare è spuntato un certificato Sgs che diceva che la merce era a Shanghai». A Orlich, però, la Exor non ha mai fatto i nomi degli spedizionieri: «Se ne sono ben guardati, forse perché sono stato per tanti anni responsabile della logistica di un grosso gruppo industriale e gli spedizionieri li conosco tutti». Ad aprile sono iniziate a uscire sui giornali le notizie del mascherina gate laziale. «A quel punto sono stato assalito dai dubbi che ho condiviso con la Regione Marche, da cui fortunatamente non avevo preso anticipi. Ho scritto anche agli altri miei clienti per dire loro che non c'erano certezze e ho iniziato a restituire gli acconti a chi me lo ha chiesto. Per altri ho cercato delle alternative. La Exor mi ha fatto fare la figura del cioccolataio». Adesso Orlich ha perso la pazienza: «I termini della consegna sono stati spostati più volte. L'ultimo era il 24 aprile, ma neanche quello è stato rispettato. Ho chiesto a Balossi la restituzione del pagamento. Sto aspettando».
Oltre alla questione della Exor, c'è quella della Seguros Dhi-Atlas, la presunta compagnia assicurativa che avrebbe garantito per 14 milioni di euro gli anticipi della Regione Lazio. Ma sarà difficile per l'ente escutere la garanzia.
Una delle persone che ha approfondito meglio la situazione della Seguros è Andrea Augello, ex senatore di Fratelli d'Italia: «Alla Companies house la Seguros risulta essere “dormiente" dal febbraio del 2019, anche se nel settembre del 2019 dichiara di aver versato un capitale di 31 milioni di sterline, ma è un'autocertificazione». Come mai il direttore Andrea Battaglia Monterisi, residenza dominicana e un'imputazione italiana in un processo di camorra, avrebbe fatto un simile aumento di capitale? «Di solito un'iniziativa del genere dovrebbe essere il preludio a una ripresa dell'attività di business e di trading che agli atti non risulta, come non risulta l'approvazione del bilancio. È molto probabile che avessero in vista qualche operazione che richiedeva un appostamento di capitale». Ricordiamo che un testimone ci ha raccontato nei giorni scorsi di aver visionato personalmente una garanzia da 5 milioni di euro emessa dalla Seguros per crediti Iva a beneficio dell'Agenzia delle entrate di Milano.
Eppure la società ha un codice Sic (simile al nostro codice Ateco) che limita la sua attività all'intermediazione e alla consulenza finanziaria, escludendo esplicitamente l'attività assicurativa e i fondi pensione. «Nelle due determine di revoca, la Regione Lazio indica la Seguros come una società che svolge attività di intermediazione finanziaria» continua Augello, «ma dimenticano di riportare le ultime due righe contenute nel codice attività, quelle che specificano ciò che non può fare». Un'altra prova del pressapochismo con cui è stata distribuita la torta milionaria delle mascherine.







