La «monnezza», l’eterno ritorno del dibattito politico nella campagna elettorale per le regionali del Lazio. A pochi giorni dal voto il sindaco di Roma tira un «fendente» con cui cerca di mettere all’angolo il Movimento 5 stelle, e in particolare il suo leader.
«Il presidente Conte (Giuseppe, ndr) considera folle la decisione di realizzare un termovalorizzatore a Roma per garantire l'autosufficienza impiantistica all'unica capitale europea che ancora non ce l'ha. Mi permetto invece di ricordare che», dichiara Roberto Gualtieri, «folle è stato non aver fatto nulla per cinque anni come con la Raggi (Virginia, ndr) sindaca, senza un progetto né un finanziamento, nessun nuovo impianto, una percentuale di raccolta differenziata trovata al 44 per cento nel 2016 e così rimasta nel 2021». Per certi versi sembra di rivedere l’estate del 2022, quando la vicenda del termovalorizzatore è stata la principale causa della caduta del governo di Mario Draghi.
Così Roberto Gualtieri ha avuto gioco facile nel seguito del suo attacco politico: «Folle è stato consolidare per anni il conferimento in enormi discariche, quelle sì inquinanti per l'aria e per i terreni. Folle», ha aggiunto il primo cittadino romano, «è stato consentire per anni di spendere immense quantità di denaro pubblico per trasferire montagne di rifiuti in mezza Europa in quei termovalorizzatori che qui, ipocritamente, si osteggiano». E ancora: «Tutti si spacciano per esperti ma la verità è che, a oggi, l'alternativa a Roma è tra maxi discarica e termovalorizzatore. E noi abbiamo scelto, come tutte le altre metropoli, la soluzione che bandisce le discariche, utilizza le tecnologie più avanzate per non inquinare e produce energia. Noi», ha concluso il sindaco Gualtieri, «chiuderemo il ciclo dei rifiuti a Roma contro i difensori delle discariche e contro tutti gli interessi che girano intorno ad un servizio inefficiente e costoso come quello che i romani subiscono dalla chiusura di Malagrotta in poi».
Gestione e prospettive future dei rifiuti laziali hanno ricevuto l’ennesima batosta da uno studio, realizzato dagli analisti di Cdp Andrea Montanino e Simona Camerano, in cui emerge che il Lazio ha ottenuto ben poco, ma sarebbe meglio scrivere nulla, dalle risorse del Pnrr dedicate alla «monnezza». Complessivamente alla filiera dei rifiuti sono dedicati oltre due miliardi: parte di questa somma è destinata alla realizzazione di nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti da raccolta differenziata; le disponibilità, però, sono terminate celermente anche a causa dell’alto valore medio dei singoli progetti. Il Lazio di progetti ne ha presentati 99, che pur risultando idonei, non verranno realizzati perché servirebbero risorse aggiuntive. Per essere accora più chiari nessuna delle 99 istanze sarà finanziata a causa del punteggio mediamente più basso o perché servirebbe altro denaro del Pnrr che al momento non c’è.
Dunque i cittadini romani dovranno continuare a pazientare quando avranno di fronte i cassonetti dell’immondizia colmi? Sembrerebbe proprio di sì. A meno che non vedano velocemente la luce le opere previste dal Piano per le città metropolitane che mette a disposizione 160 milioni di euro: soldi con cui saranno creati due biogestori, a Cesano e Casal Selce; due piattaforme di selezione per plastica e carta (a Ponte Malnone e Rocca Cencia) e dieci centri di raccolta. Nel frattempo i contribuenti capitolini continueranno a pagare la tassa suirifiuti più alta d’Italia.
Da quando La Verità ha scoperto che è stato il trait d'union tra la Eco Tech e la Regione Lazio per la storia delle mascherine mai consegnate, viene inseguito dai giornalisti. «Ho avuto tantissime telefonate». Ma l'uomo dello snodo, che ha detto a tutti che ha cercato di lavorare in maniera corretta e trasparente, «però», afferma: «Mi sono ritrovato in una bomba non volendo». Una bomba. Ivan Gilardi, ex karateka trentenne, era in contatto diretto con Andrea Cocco, vicecapo di gabinetto di Nicola Zingaretti, già capo della sua segreteria politica. «Loro hanno saputo che avevo delle aziende con cui collaboravo», spiega alla Verità, «da lì è nato poi in maniera naturale il tutto. Ho girato una email che avevo mandato alla Protezione civile, come rappresentante dei prodotti delle aziende che avevo sotto mano. Poi ho girato tutti i contatti e mi hanno detto che la situazione poteva essere verificata, che i prodotti interessavano. Questo è stato il mio ruolo». Il karateka sta praticamente confermando una parte della storia che ha anticipato ieri La Verità. E che si trova nelle 20 pagine di memoriale che l'avvocato Cesare Gai ha depositato in Procura a Roma, dove risultano indagati per inadempimento in pubbliche forniture Sergio Mondin e la moglie Anna Perna, gli amministratori della Eco Tech. Gilardi, insomma, avrebbe riferito ai Mondin che la Regione aveva necessità di mascherine. Il suo nome compare anche nell'elenco dei preventivi proposti. E il 12 marzo avrebbe offerto Ffp3 ed Ffp2 al prezzo di 3,90 euro cada una. Una proposta che il ragazzo avrebbe fatto tramite il suo indirizzo email. E che ora conferma. «Però», spiega, «io stavo promuovendo quegli articoli, poi mi hanno inserito anche all'interno di una lista». Come se fosse un'azienda a sé stante.
«Non ho mai lavorato nella pubblica amministrazione in vita mia», afferma, «ero un ragazzo che faceva karate 35 anni fa in palestra da mio padre (il maestro, ndr). Io non l'avevo mai visto Cocco. Poi mi contatta perché gli danno il mio numero. Gli serviva quel materiale. Necessità, come in tutta italia». Le Iene ieri sera sono riuscite a beccare il padre di Gilardi, Bruno, maestro di karate di Cocco: «Avevo conosciuto 30 anni fa Andrea Cocco, era stato mio allievo da ragazzino a 17 o 18 anni, in palestra». E a questo punto Le Iene si chiedono se sia stato papà Bruno a mettere in contatto suo figlio con Cocco per la fornitura delle mascherine.
Ivan, però, continua a negare le conoscenze pregresse: «Cocco mi chiama e dice: “Tu stai lavorando al materiale delle mascherine. Guarda che serve anche alla Regione Lazio, non ci conosciamo, però perché non mandi un'offerta alla Protezione civile?". Io ho mandato un'offerta. Questo è stato». Poi Gilardi spiega come, da profano, si è ritrovato in quel mondo: «Da inizio febbraio ho contattato aziende per quello che era diventato un lavoro nuovo per me». Niente amici degli amici, insomma. E lui era il gancio con Eco Tech. Come conferma il legale dell'impresa dei Mondin, l'avvocato Giorgio Quadri: «È venuto la prima volta da Tulumello (Carmelo Tulumello, capo della Protezione civile laziale, ndr) perché lui penso sia stato un primo contatto tra Tulumello o diciamo la Protezione civile o chi per lui, ed Eco Tech». Gilardi, invece, ribalta la storia. Era la Regione a caccia. «A Cocco», ripete, «è stato dato il mio numero. Lui ha chiamato me». All'inizio Gilardi avrebbe quindi cercato di entrare nell'affare da solo. D'altra parte, a quel punto, stando al suo racconto, aveva il contatto giusto che gli era caduto dal cielo.
«Io all'inizio mi sono presentato come Ivan Gilardi per cercare di lavorare», racconta, «mi hanno detto che le mascherine ci possono interessare e che serviva un'offerta». Ma lui non era pronto. E dice: «Mi hanno detto questi articoli possono essere validi, ci serve però qualcosa che non sia una semplice mail scritta da Ivan». A quel punto dalla Regione devono aver finalmente capito che il karateka non aveva l'ombra di una mascherina e gli hanno chiesto il contatto dell'azienda. La Eco Tech. Anche lei senza mascherine. Mentre sulla scrivania dei burocrati della Protezione civile c'era già anche un altro preventivo. L'aveva inviato Filippo Moroni, un imprenditore che lavora in Cina da anni e che ha una fabbrica a Shenzhen. Non solo: Moroni ha un contratto con il governo cinese e si occupa proprio di materiale medicale. Ha riempito di mascherine Usa e Brasile. E ora si sfoga: «Ho inviato oltre 120 mail tra Protezione civile nazionale e Regione Lazio e non ho mai ricevuto una risposta, poi ho scoperto che gli appalti per oltre 30 milioni di euro sono stati assegnati a ben altre società con ben altri prezzi». Moroni, infatti, sostiene di aver offerto il 19 marzo mascherine Ffp2 a 1 euro e 89 al pezzo. Ma sembrano aver preferito altri tre preventivi molto più costosi. E mentre dalla Regione Lazio puntavano su Gilardi cercandolo con insistenza, Moroni si affannava inutilmente con una funzionaria: «Chiamavo quasi tutti i giorni la dottoressa Roberta Foggia (funzionaria della Protezione civile, ndr), che a un certo punto mi ha addirittura minacciato di querelarmi per stalking per la quantità di telefonate che la riguardavano». Un cortocircuito che, per tornare alla bomba, sembra proprio aver fatto da innesco.
La Eco Tech, l'azienda che non ha mai consegnato 7,5 milioni di mascherine alla Regione Lazio, era arrivata al tavolo delle trattative, in virtù delle quali ottenne 35,8 milioni di euro di affidamenti, grazie a un collegamento con il vicepresidente della Regione, Daniele Leodori (l'uomo che più si è esposto a difesa della scelta della Eco Tech) e con Andrea Cocco, vicecapo di gabinetto di Nicola Zingaretti, già capo della sua segreteria politica. A fare da trait d'union tra ditta e Regione è stato un campione di karate di Frascati, dove risiedono gli amministratori della Eco Tech. Parte di questa storia si trova nelle 20 pagine di memoriale (più 66 allegati) che l'avvocato Cesare Gai ha depositato ieri in Procura a Roma, dove risultano indagati per inadempimento in pubbliche forniture Sergio Mondin e la moglie Anna Perna, amministratori della stessa Eco Tech. L'esperto di arti marziali è Ivan Gilardi: sarebbe stato lui a riferire ai Mondin che la Regione aveva necessità di mascherine. Il suo nome compare anche nell'elenco dei preventivi proposti. Il 12 marzo avrebbe offerto mascherine Ffp3 ed Ffp2 al prezzo di 3,90 euro.
Nel memoriale si legge che la Eco Tech entra in contatto con la Regione «tramite Ivan Gilardi [...] contattato [...] dal dottor Leodori». Quindi «il Gilardi presentava pertanto alla Regione Lazio in nome e per conto della Eco Tech, società con cui egli aveva avuto pregressi rapporti, una prima offerta datata 13 marzo inerente la fornitura di 3 milioni di mascherine, modello Ffp2 Ffp3 ad un prezzo estremamente concorrenziale, 3,60 e 3,90».
Dunque il «gancio» dell'affare più discusso dell'ultimo mese è stato un karateka di 32 anni, con alle spalle un'esperienza sfortunata da imprenditore con la Yes event, messa in liquidazione nel 2015. Il contatto diretto di Gilardi non sarebbe però Leodori, bensì Andrea Cocco, 49 anni, ex portavoce dello spin doctor di Zingaretti, Goffredo Bettini. Cocco come detto è attualmente il vicecapo di gabinetto del governatore. Viene dall'esperienza della Festa del cinema e dell'auditorium parco della Musica, creature di Bettini. Uomo di sinistra, ha iniziato la sua carriera in un Caf della Cgil. All'avvocato Gai il nome Cocco non dice molto: «Forse era presente alla riunione della Eco Tech con la Regione».
A noi il politico ha offerto questa versione: «A marzo, nella fase più critica dell'emergenza nazionale da coronavirus, abbiamo cercato in ogni modo di supportare la Protezione Civile nella ricerca di mascherine e Dpi. Abbiamo messo in contatto con la Protezione Civile chiunque potesse reperirne per le opportune verifiche e valutazioni. Tra i vari che ho messo in contatto con la Protezione Civile c'è il signor Gilardi. Avevamo l'urgenza assoluta di reperire Dpi per medici e infermieri in prima linea». L'offerta della Eco Tech, secondo i difensori, prevedeva come garanzia delle lettere di credito degli istituti bancari. Secondo la difesa della Eco Tech, «a tale prima offerta non seguiva ordine alcuno». E così, il successivo 14 marzo, «a seguito di una nuova interlocuzione con il dottor Carmelo Tulumello (capo dell'agenzia regionale della Protezione civile, ndr), veniva rappresentato al Mondin l'interesse della Regione Lazio di dotarsi di circa 2 milioni e mezzo di mascherine di questo modello. La Eco Tech pertanto inoltrava alla Regione la relativa offerta, impegnandosi alla consegna». Però questa volta non veniva chiesta nessuna garanzia, «prediligendo» la Regione «il pagamento diretto dell'acconto, facendo ricorso a specifiche e urgenti disposizioni normative che avrebbero garantito maggiore celerità». Per l'avvocato Gai questa decisione è stata un problema pure per Mondin, infatti se l'affidamento fosse fatto stato attraverso le lettere di credito la eco Tech avrebbe avuto una garanzia bancaria, anziché quella fideiussoria della misteriosa Seguros Dhi-Atlas di cui abbiamo tanto parlato, riconducibile ad Andrea Battaglia Monterisi, broker invischiato in un processo di camorra. La sua compagnia sembra non fosse autorizzata a rilasciare fideiussioni - come ci hanno confermato l'Ivass e la Banca d'Italia.
Scavando spunta pure un curioso collegamento con il fallimento del Palermo calcio. Il link è Edoardo Caforio, il broker che il 3 maggio 2019 è stato nominato rappresentante per il mercato italiano della Seguros. Qualche giorno dopo, il 24 giugno, scadono i termini per la presentazione alla Figc di una garanzia da 800.000 euro che consenta alla squadra rosanero di partecipare al campionato. Purtroppo la polizza non viene consegnata alla scadenza richiesta. Dalle carte dell'amministratore giudiziario dell'epoca, Giovanni La Croce, emerge che «gli amministratori anziché interagire con il broker Francesco Barbaccia che aveva sempre assistito l'Unione sportiva Palermo nell'ottenimento delle garanzie nelle precedenti stagioni si rivolsero a Roberto Camilleri». Quest'ultimo lavorava per la Evc intermediazioni assicurative srl, società a sua volta controllata Abc Asssevera spa (con sede legale a Roma), il cui socio unico è proprio Caforio che ne detiene la totalità delle azioni. Il 26 giugno Alessandro Toscano della Evc annuncia alla stampa la volontà della sua società di «interrompere ogni rapporto professionale con la società di calcio» della famiglia Tuttolomondo. Aggiungendo che i problemi sulla mancata iscrizione della squadra sono dipesi dal ritardo con cui è arrivato il bonifico da 45.000 euro che certificava il pagamento del premio assicurativo. E a chiedere il completamento della documentazione necessaria sarebbe stato Caforio in persona. Nelle carte dell'amministratore giudiziario si legge, però, che la Evc «avrebbe assicurato il rilascio della fideiussione da parte della compagnia di assicurazione bulgara IC Lev Ins». Società coinvolta in «una serie di polizze contraffatte».





