Pressioni dal ministero per i vaccini ai giovani.
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Il magistrato elenca al presidente della Commissione d’inchiesta i filoni cui s’indaga nelle Procure regionali. «Ci saranno molte archiviazioni malgrado ipotesi di danno assai rilevanti» per lo scudo voluto da Conte & C.
Scialacquavano decine di miliardi di euro, soldi dei contribuenti, e nel frattempo si costruivano scudi erariali per non doverne rispondere: è questo, in sintesi, il desolato scenario che il procuratore generale della Corte dei conti Pio Silvestri ha rappresentato al presidente della commissione Covid. Marco Lisei (Fdi) aveva domandato al procuratore generale una sintesi su tutti i procedimenti amministrativi e contabili, a carico di funzionari pubblici, aperti in ragione dei danni eventualmente cagionati all’erario dello Stato con atti e comportamenti tenuti per fronteggiare l’emergenza pandemica. Lisei, in pratica, chiedeva contezza di quali e quanti fossero i fascicoli penali, civili e amministrativi che hanno portato alla Caporetto della gestione pandemica. La replica del procuratore è stata molto chiara: «Le attività di indagine delle Procure regionali della Corte dei conti hanno dovuto tenere in debita considerazione il quadro normativo che ha regolato gli interventi decisi per contrastare l’emergenza epidemiologica», ha scritto Silvestri. Il pg si riferisce in particolare ai decreti legge numero 14 e 76, portati in Consiglio dei ministri dall’avvocato ed ex premier Giuseppe Conte con l’appoggio dei due partiti su cui reggeva il suo secondo mandato di governo (Pd e M5s), istituendo di fatto uno scudo erariale per tutte le spese spropositate affrontate in pandemia, per un totale che Openpolis ha contabilizzato in quasi 25 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi «utili», si fa per dire, al contrasto del Covid attraverso procedure semplificate, facilitate dal regime di emergenza. Il primo dl, il numero 14 del 9 marzo 2020, all’articolo 11 comma 3, limitava la responsabilità erariale soltanto in caso di accertato dolo del funzionario; il secondo, il numero 76, sempre del 2020 ma prorogato fino al 30 aprile del 2025, all’articolo 21 ha disposto l’esenzione delle responsabilità per le condotte che hanno causato danno erariale, connotate dalla colpa grave. «Il combinato disposto di queste due norme», ha comunicato Silvestri a Lisei, «ha fatto sì che numerose segnalazioni di possibili danni siano state immediatamente archiviate per insussistenza di elementi concreti e specifici da perseguire e, nel contempo, che gran parte delle istruttorie aperte sia stata chiusa con motivati provvedimenti di archiviazione, stante la mancanza di comportamenti dolosi da perseguire».
Il procuratore generale Silvestri ha inoltre elencato, nella sua lettera a Lisei, i procedimenti ancora aperti, offrendo una prospettiva plastica della valanga di denunce depositate contro la malagestione pandemica. Ce n’è per tutti i gusti, dall’irregolarità nell’approvvigionamento di dispositivi di protezione (Dpi) allo stoccaggio di mascherine inutilizzabili perché senza certificazione Ce, dall’affidamento di forniture a società fallite all’acquisto irregolare di sistemi di ventilazione polmonare, dall’acquisto dei banchi a rotelle a quello dei tamponi in eccesso, dalla realizzazione di strutture e spese eccessive per hub vaccinali (le famose «primule») ad appalti concessi dietro tangenti, passando per illecita erogazione di straordinari a personale sanitario e mancato utilizzo di centinaia di migliaia di dosi di vaccino prossime alla scadenza dovuto ad assegnazione alla regione di una quantità di dosi pari a tre volte il fabbisogno. Silvestri non fa riferimenti specifici ai singoli procedimenti, sebbene si intravedano i contorni di tutte le storie della gestione pandemica che la Verità ha puntualmente raccontato: l’inchiesta sui tamponi rapidi in Veneto, i ventilatori cinesi il cui acquisto è stato agevolato dall’ex premier Massimo D’Alema, poi sospesi dalla Regione Lazio perché privi del marchio Ce e quindi non conformi alle norme di sicurezza, le forniture extra di vaccini. Una delle poche denunce risolta con una condanna, sebbene in primo grado, è quella della «green card» del governatore della Campania Vincenzo De Luca, che dovrà risarcire 609.000 euro alla Regione e l’appropriazione indebita di mascherine per un importo di condanna di 9.200.000 euro. Ma del tragico cahier des doléances a danno dei cittadini stilato da Silvestri, in teoria, potrebbe non rispondere nessuno: «È ragionevole supporre che diverse istruttorie ancora aperte finiranno per essere archiviate», nota, «non potendosi perseguire i profili commissivi connotati da colpa grave, pur in presenza di ipotesi di danno assai rilevanti».
«La risposta del procuratore generale dà atto di un grande lavoro della Corte dei conti», ha commentato Lisei, «purtroppo vanificato dallo scudo erariale voluto dal governo Conte. Ciò non toglie», ha annunciato il presidente della commissione Covid, «che è mia intenzione andare a fondo su tutti gli sperperi, acquisendo i fascicoli d’interesse che, purtroppo per le tasche degli italiani, sono tanti, come si legge nella risposta. Non lasceremo nulla di intentato, questa risposta dimostra che la pandemia Covid non è stata solo un dramma per le tante vittime, ma anche per i conti pubblici. Come in molte tragedie qualche sciacallo che ha lucrato c’è stato: vogliamo stanarli tutti». Di «scellerata gestione di Conte e Speranza» parla Alice Buonguerrieri, capogruppo Fdi in commissione Covid: «Andremo a fondo su tutto. Ironico che lo stesso Conte, che non vuole lo “scudo” per le nostre Forze dell’ordine, creava invece lo scudo erariale per salvare chi commetteva reati durante un dramma come la pandemia ai danni dello Stato».
Sabato scorso, circa 2.500 persone hanno partecipato agli open day organizzati dall’Azienda sanitaria dell’Alto Adige (Asdaa). L’occasione per porgere il braccio non era un richiamo anti Covid, ma la vaccinazione contro le zecche. Il morso di questi parassiti, che si nutrono del sangue degli animali e degli uomini, può causare la meningoencefalite primaverile-estiva (Tbe), una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale. «Può essere anche mortale», avverte Asdaa, che raccomanda l’iniezione a coloro che vivono in aree rurali o svolgono attività all’aria aperta nei boschi. In Italia sono considerate zone a rischio, per la presenza di zecche che trasmettono il virus, soprattutto le aree prealpine e alpine del Nord Est, tra cui Veneto, Friuli-Venezia Giulia e le Province di Bolzano e Trento. Non pensate a un’epidemia di casi, da inizio anno se ne sono contati 20 in tutto il Paese e nessun decesso (fonte: Istituto superiore di sanità), però in Alto Adige hanno promosso gli open day. Per distribuire il vaccino erano a disposizione gli ospedali di Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico, senza bisogno di prenotazione.
«Aspetto molto positivo è che l’interesse per la vaccinazione contro le zecche si è dimostrato elevato», ha commentato l’azienda sanitaria in un comunicato in cui parla di grande partecipazione e di presenza pure di bambini. È vero che a nessuno piace beccarsi un virus, ma non è che stiamo sollevando troppa preoccupazione nelle persone? Anche perché si tratta di un vaccino virale inattivato con diverse complessità. Contro la Tbe è commercializzato Ticovac, prodotto da Pfizer. La confezione da 0,5 ml costa 81 euro all’Asl, per il destinatario della punturina è gratuita.
Il foglietto illustrativo contiene una lunga serie di avvertenze e precauzioni, in caso di malattia autoimmune, sistema immunitario debole, se il soggetto che riceve la vaccinazione «è affetto da un disturbo emorragico o va facilmente incontro alla formazione di lividi», così pure «se non produce anticorpi efficacemente […]assume medicinali contro il cancro […] assume medicinali chiamati corticosteroidi (che riducono le infiammazioni) […] è affetto da una qualunque malattia cerebrale […] è affetto da disordini neurologici o da epilessia». Problematiche e patologie purtroppo piuttosto diffuse nella popolazione. Ticovac, inoltre, non va usato se si è allergici a uovo, pollo, «formaldeide o solfato di protamina (utilizzati durante il processo produttivo) o ad antibiotici quali neomicina e gentamicina».
In poche ore di open day, gli operatori sanitari hanno fatto tutte queste domande ai residenti in Alto Adige? Hanno verificato che non ci fossero controindicazioni? La Food and drug administration (Fda), che l’ha autorizzato negli Stati Uniti nell’agosto del 2021, riporta 289 farmaci noti per interagire con questo vaccino e 286 interazioni sono definite moderate. Quindi problematiche, hanno una rilevanza clinica, l’impatto di questi vaccini non è trascurabile.
Non ci sono dati sulle somministrazioni in donne che aspettano un figlio o durante lo svezzamento. «Non si conosce l’effetto di Ticovac durante la gravidanza o l’allattamento», segnala l’Agenzia italiana del farmaco, mentre Pfizer fornisce più dettagli. «I dati disponibili sull’uomo non sono sufficienti per stabilire la presenza o l’assenza di rischio associato al vaccino durante la gravidanza. Negli animali «non sono stati condotti studi di tossicità sullo sviluppo e la riproduzione» e neppure «per valutare l’impatto di Ticovac nel latte materno».
Ci auguriamo che nessuna donna in attesa sia stata vaccinata contro la Tbe, e che nemmeno corra il rischio il prossimo 21 settembre quando avranno luogo altri open day. Un’ultima annotazione. In Italia ci sono 36 specie diverse di zecche, Aifa precisa che le punture «possono trasmettere infezioni diverse dalla Tbe […] i vaccini anti Tbe non forniscono protezione contro infezioni da batteri del genere Borrelia». Pure questo, viene detto a chi porge il braccio?
I Cdc statunitensi raccomandano nuove vaccinazioni contro il Covid a partire dai 6 mesi. Invece di accettare la convivenza, pur in presenza di nuove varianti, con un virus diventato endemico, l’ente governativo americano responsabile delle principali decisioni e raccomandazioni in tema di salute pubblica dà indicazioni per dosi generalizzate.
Sabato scorso sono stati forniti gli ultimi aggiornamenti sulla campagna di immunizzazione 2024-2025 e invece di fare passi in avanti, scopriamo che si vogliono dare dosi anche ai non fragili. Non appena i nuovi vaccini di Moderna, Novavax e Pfizer saranno disponibili, i Cdc li raccomandano «a tutti i soggetti di età pari o superiore a 6 mesi […] per proteggersi dai potenziali esiti gravi del Covid-19 questo autunno e inverno, indipendentemente dal fatto che siano mai stati vaccinati in precedenza con un vaccino Covid-19».
Ma non basta, viene raccomandato «a tutti i bambini di età pari o superiore a 6 mesi, con rare eccezioni, di sottoporsi a un vaccino antinfluenzale aggiornato per il 2024-2025 per ridurre il rischio di influenza e delle sue potenziali gravi complicazioni questo autunno e inverno». Mandy Cohen, direttrice dei Cdc, ha dichiarato: «La nostra principale raccomandazione per proteggere te stesso e i tuoi cari dalle malattie respiratorie è di vaccinarti. Pianifica ora per te e la tua famiglia di sottoporvi a entrambi i vaccini, antinfluenzali e Covid, aggiornati, prima della stagione dei virus respiratori».
La Verità ha ricordato nei giorni scorsi che proprio il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) riportava, ad aprile, l’analisi dell’efficacia contro l’ospedalizzazione e il decesso del primo, secondo e terzo richiamo di vaccino anti Covid in otto Paesi europei, Italia inclusa. Più booster venivano inoculati, più calava in modo preoccupante la prevenzione dalla malattia seria e aumentavano i decessi negli over 80 così pure nei soggetti di età compresa tra 50 e 64 anni. Adesso si parla di fare il vaccino a tutti, a partire dai sei mesi, anche se un bimbo è sano. Una presa di posizione di cui sfugge la scientificità, quando anche i fanatici del vaccino anti Covid non possono negare che la pandemia ha avuto un impatto estremamente basso sulla popolazione pediatrica.
Lunedì, in uno studio pubblicato sul Journal of experimental medicine (Jem), esperti della scuola di medicina di Yale hanno dimostrato come «frequenti infezioni virali a bassa patogenicità», come le attuali varianti Covid, possono avere «un’importante funzione protettiva sottovalutata nella prima infanzia».
Gli esperti hanno analizzato campioni di tamponi nasofaringei per 16 virus respiratori e 3 patobionti batterici in 176 bambini tra giugno e luglio 2021, in 167 nell’agosto 2021 e in 291 nel gennaio 2022, raccolti al pronto soccorso pediatrico dello Yale New Haven children’s hospital di New Haven. Tra i virus testati c’erano Sars-CoV-2, rinovirus, virus respiratorio sinciziale e tre patobionti batterici più comuni delle vie respiratorie superiori, ovvero moraxella catarrhalis, streptococcus pneumoniae e hemophilus influenzae.
Quasi un terzo dei bambini è risultato positivo a un virus e a un patobionte, soprattutto i piccoli di età inferiore ai 5 anni. L’infezione era elevata anche negli asintomatici. Nei soggetti in cui venivano riscontrate maggiori coinfezioni, era aumentata la risposta all’interferone durante l’infezione da Sars-CoV-2.
Le infezioni potrebbero svolgere un ruolo importante nella protezione contro gravi malattie virali nella prima infanzia «innescando risposte ampiamente protettive dell’interferone della mucosa in un momento in cui i bambini piccoli incontrano molti nuovi virus per la prima volta e hanno una protezione minima dall’immunità adattativa», scrivono gli scienziati.
Difese immunitarie innate nel sito di infezione sono di fondamentale importanza per limitare la replicazione dei virus respiratori e promuovere risposte immunitarie efficaci. «Questi risultati indicano un elevato carico di virus respiratori e patobionti batterici come fattori chiave dell’aumentata immunità innata della mucosa nasale nei bambini, in particolare di quelli di età inferiore ai 5 anni [...] innescano risposte citochiniche e chemiochiniche della mucosa in questa fascia di età», si legge nello studio.
«È anche possibile che infezioni frequenti determinino modifiche nell’epitelio che persistono tra infezioni acute, come modifiche epigenetiche, modifiche nel proteoma intracellulare e/o modifiche nella composizione cellulare dell’epitelio differenziato, ognuna delle quali potrebbe contribuire a rafforzare l’immunità innata nasale».
Se una maggiore immunità delle mucose dovuta a un carico maggiore di altre infezioni delle mucose ha protetto i bambini dal Sars-CoV-2, perché raccomandare ancora dosi di vaccino «aggiornato» anti Covid nei più piccoli e fuori emergenza sanitaria? Purtroppo, però, ci aspettiamo che anche a livello europeo parta una campagna pro vaccinazioni ingiustificate.
Il 7 maggio 2021 il Comitato tecnico scientifico, il trust di cervelli che avrebbe dovuto salvare l’Italia durante la pandemia di coronavirus, si confrontava ancora sulle fasce d’età da sottoporre al vaccino Astrazeneca. Un mese prima della morte di Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante stroncata dalla Vitt (trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino) il 10 giugno 2021, proprio dopo l’assunzione del vaccino Astrazeneca, Franco Locatelli e Silvio Brusaferro erano lì a snocciolare le percentuali. «Il 36% l’ha ricevuto (il vaccino Astrazeneca, ndr) sotto i 60 anni», ricorda Locatelli. «Il 62% sopra i 60». Poi, riferendosi a quel 36%, ricorda: «L’hanno ricevuto come personale scolastico, forze dell’ordine e via discorrendo prima della raccomandazione per un uso preferenziale sopra i 60 anni».
Il discorso, però, finisce subito sul rapporto tra rischi e benefici e sugli effetti avversi legati al vaccino del tipo non mRna, ormai più che riscontrati. Cinzia Caporale, per esempio, fa presente che «le persone non sono così, come dire, sprovvedute come delle volte si pensa nei consessi di esperti [...]. E più rinneghiamo cioè neghiamo l’informazione e più ci saranno sospetti che l’informazione vera cioè che il dato disaggregato dei vaccini sia come dire non comunicabile...». E arriva al punto: «Quindi io penso che su Astrazeneca ci siamo concentrati probabilmente eccessivamente sul dato della sicurezza che invece forse andrebbe ridimensionato anche con una discussione pubblica anche come atteggiamento della politica eccetera, però insomma non si può negare che sull’efficacia ci sia una differenza e questi dati per quanto preliminari e per quanto come dire illustrati qui nel segreto assoluto del nostro del nostro consesso però insomma è un fatto e c’è una lesione dei diritti delle persone più avanti con gli anni se, diciamo, questi vaccini hanno oggettivamente una efficacia diversa... Cioè io capisco la necessità di utilizzare tutti i vaccini che si hanno li abbiamo comprati, però attenzione perché alla fine le persone, poi cioè la stampa è libera i commenti ci sono altri studiosi fanno anche loro analisi sui dati, quindi non è che possiamo restare come dire ancorati a un disegno ideale che ci figuriamo se poi il dato contrasta con questo». Parole che forniscono una fotografia nitida dell’atteggiamento ideologico che si respirava nel Cts, che pure presentava delle voci fuori dal coro. All’esterno, però, tutti i componenti si muovevano al passo di una falange macedone.
Proprio in concomitanza con la morte di Camilla, il Cts analizza i risultati di uno studio dell’Agenzia europea per i medicinali, che evidenziava come «il numero dei casi di trombosi nella fascia di età 20-49 anni era pari a 1,93» ogni 100.000 vaccinati, cioè quasi il doppio rispetto all’intera popolazione. Un’informazione importante che non è entrata nel verbale del Cts. Il più cauto su Astrazeneca sembra Sergio Abrignani, che in un passaggio dei verbali precisa, parlando del vaccino anglosvedese e di Johnson&Johnson: «Tutti e due adenovirus, tutti e due inducono lo stesso tipo di problematica di trombosi trombocitopenica». Mentre successivamente aggiunge che sarebbe preferibile attendere l’arrivo dei vaccini a mRna per evitare «anche un solo morto per una cosa che può essere ritardata di dieci giorni...». E passa ad analizzare i «casi reali» che «sembrerebbero esserci in Germania o in Norvegia, che stanno aumentando» e che «si riferiscono a eventi registrati in trombosi associata alla vaccinazione non a morti». Qui, secondo Abrignani, «hanno imparato a curarle perché gli fai il didimero subito se c’è trombocitopenia gli dai immunoglobuline e cortisone e probabilmente le morti scenderanno tantissimo». Abrignani si dice anche «in tremenda difficoltà». Come un Giano Bifronte, però, proprio Abrignani ripeteva un mantra diverso nelle interviste: «I vaccini sono sicuri e proteggono dalla morte da Covid. La domanda non è quando riapriremo tutto, ma quando ci vaccineremo tutti». In Italia, dopo tre decessi di fila, era stata appena sospesa la somministrazione di un lotto di Astrazeneca. E Abrignani se ne uscì con queste parole: «Se il vaccino in sé provocasse reazioni avverse fatali, i decessi registrati dovrebbero essere centinaia, se non migliaia. Penso quindi che non ci sia nessuna relazione causale fra vaccinazione e le morti di cui discutiamo. La valutazione del rischio e dei benefici dei vaccini anti Covid è enormemente in favore di questi ultimi. È giusto quindi sospendere il lotto incriminato, ma non dobbiamo temere che i vaccini non siano sicuri». In Procura, invece, proprio Abrignani aveva risposto così: «In un contesto epidemiologico da circolazione virale bassa, che era quella che c’era a fine maggio […] c’è più rischio che beneficio».
Quando Camilla è stata vaccinata, ovvero il 25 maggio 2021, insomma, il pericolo di morire di coronavirus era meno serio rispetto alla possibilità di una trombosi. In una intervista, invece, il ricercatore fa il fenomeno: «Vogliamo evitare una o due trombosi sicure. Se siamo sfortunati ce ne troviamo tre, ce lo dice ancora la statistica». Solo poche settimane dopo, all’ennesima riunione, Giorgio Palù se ne esce con questa affermazione: «Per un principio etico diciamo di massima precauzione non possiamo permetterci il rischio neanche di una morte». In Procura fa addirittura lo spadaccino: «Come virologo conoscevo bene il meccanismo di azione che gli adenovirus portavano...». Ai magistrati ricorda anche di aver sottoposto ai colleghi degli studi. Nelle interviste, invece, sentenzia: «L’evidenza scientifica di un nesso causa-effetto al momento non c’è».
Alla fine della lettura di tutti i verbali del Cts, però, non si riesce a comprendere come si sia arrivati ad autorizzare la vaccinazione con Astrazeneca agli under 60 (bambini compresi). Solo dopo il 12 maggio 2022, spiegherà ai magistrati Locatelli, «sono intervenuti fattori che hanno portato a rafforzare l’uso preferenziale in soggetti anziani in cui il rapporto benefici/rischi è più elevato e il rischio di trombosi più basso. Punto».
Alla riunione del 9 giugno 2021, invece, si deve ancora decidere se cambiare vaccino a coloro che, avendo meno di 60 anni, come prima dose hanno fatto Astrazeneca. Locatelli avverte tutti dell’importanza di quanto stavano deliberando ma instrada la decisione. «Allora io direi che ci accordiamo in questi termini è un parere straordinariamente delicato da scrivere». L’avvocato Sergio Fiorentino, consapevole del peso del verbale che avrebbe dovuto stilare, precisa: «Io comincio a preparare un primo draft, cortesemente lo riguardate tutti e scusate, non mi avete mai sentito usare questi termini, ma stavolta li uso, pretendo o un assenso o proposte di correzione. Non mi va bene il silenzio assenso in questo caso specifico». E ricapitolando, ricorda che il primo tra i punti salienti sarà «che il rapporto benefici rischi del vaccino di Astrazeneca sono in rapporto allo scenario epidemiologico». A questo punto risulta certo che sui rischi di Astrazeneca il Cts sapeva di mentire. Ma le omissioni non erano solo pubbliche. È ancora Fiorentino a parlare: «Colgo l’occasione per rappresentarvi che ieri per esempio il Tar del Lazio ci ha ordinato di depositare due verbali rispetto a un ricorso del Codacons [...]. Non c’entrano niente con quel ricorso che parla di ristoranti ma comunque insomma se noi mettiamo queste informazioni nel verbale prima o poi verranno fuori quindi ometterei tutta questa parte di dibattito». Al Cts la trasparenza non era proprio di casa.

