Mentre in Germania la Bundesliga potrebbe ricominciare già il 9 maggio, in Italia continua il balletto delle polemiche intorno alla ripartenza della Serie A. Ci sono federazioni contrapposte (Coni contro Figc) e troppi interessi economici in ballo, soprattutto quelli per i diritti televisivi di Sky. Ci sono i club di Serie A in ordine sparso, tra cui il Torino di Urbano Cairo che preme per non ricominciare. Il numero uno di Rcs teme la retrocessione della sua squadra, (i suoi giocatori sono sul piede di guerra per alcuni premi non pagati), e durante l'emergenza ha avviato anche i tagli agli stipendi dei giornalisti della Gazzetta dello Sport, anche loro sulle barricate. C'è poi un accumulatore di incarichi come il medico (non virologo) Maurizio Casasco, che da presidente di Confapi auspica una ripartenza immediata per le piccole medie imprese ma per come membro della Lega di Serie A frena. Ma come: un operaio deve andare a lavorare per 1.200, euro spesso senza controlli, mentre un professionista strapagato (e super controllato) non dovrebbe?
A influire sui ritardi c'è infine lo zampino del governo di Giuseppe Conte. Tra gli addetti ai lavori comincia a farsi largo l'impressione che riaprire il campionato non aiuterebbe l'esecutivo dal punto di vista mediatico. Da tempo circola voce che la maggioranza potrebbe cadere a fine emergenza. E il calcio in tv lancerebbe un messaggio di normalità agli italiani, è un fattore che potrebbe velocizzare l'uscita di scena di Giuseppi e dei suoi ministri. Tra questi c'è Vincenzo Spadafora del M5s, ministro dello Sport, che continua a prendere tempo e a rinviare la decisione sulla Serie A. Di sicuro c'è che il 4 maggio ricominceranno gli allenamenti individuali, mentre quelli collettivi il 18. In teoria, il 6 giugno si potrebbe già riprendere col calendario (con chiusura il 2 agosto). Il perno su cui si gioca il futuro del massimo campionato (un business che contribuisce allo 0,58 % del Pil nazionale, oltre 10 miliardi di valore aggiunto complessivo) è Giovanni Malagò, il presidente del Coni, che indicò proprio Casasco come suo uomo nel board della Lega. L'alleanza tra il numero uno del circolo Aniene di Roma e il ministro in quota Beppe Grillo tiene in scacco la ripresa del campionato. Per di più con una forte ingerenza di Sky, come rivelato proprio da da Malagò in un'intervista al Corriere dello Sport di metà aprile. In quell'intervista il presidente del Coni parlò anche di diritti televisivi («Tu cosa sei disposto a lasciare sul tavolo se la stagione non si conclude? E tu, televisione, il 5, il 10, il 15%?») scatenando le proteste della Lega, che in una nota ha denunciato «stupore per la leggerezza e l'ingerenza del presidente Malagò». Il numero uno del Coni è grande amico del responsabile di Sky Sport, Marzio Perrelli, sin dai tempi di banca Hbsbc. Proprio Sky - che per la stagione di quest'anno deve versare 780 milioni di euro (manca l'ultima rata) - ha inviato il 21 aprile una lettera in via Rosellini fornendo alcune opzioni anche sulla stagione 2020-2021, con la condizione che il campionato 2019-2020 si chiuda entro il 9 agosto. Si parla «di una riduzione del corrispettivo per i diritti audiovisivi della stagione 2020/21 pari a circa 120-140 milioni di euro». La missiva è stata rinviata al mittente. Anche perché il danno economico sarebbe troppo pesante per diverse squadre. Certo, come ha detto il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis in assemblea, l'emergenza potrebbe permettere di fare «un po' di pulizia», ma a giovarne sarebbero i big club come Inter o Juve, che appoggiano proprio Malagò nel fermare la riapertura del campionato.





