Sempre più tecnologici ma, soprattutto, sempre più necessari, oggi non si limitano a replicare le condizioni di volo per i piloti ma anche quelle degli interi equipaggi e, se prima erano delle brutte copie delle cabine, ora sono strutture minimali che si usano con gli occhiali per la realtà virtuale. Oggi parliamo di simulatori di volo.
(IStock)
Il delirio pandemico ha rafforzato l’idea (malsana) che si possa esplorare l’ambiente in cui ci troviamo attraverso il suo ologramma. Ma non si può vivere o girare per una città affidandosi a uno schermo.
Nel 1995 pubblicai presso Mondadori un libro intitolato Giocare per forza. Il gioco è sempre stato per me uno strumento fondamentale per comprendere l’essere umano (e non solo) e in particolare attività quali l’arte, la letteratura e la mia amata filosofia, che definisco giochi intellettuali. L’uso corrente della parola «gioco», però, e i cosiddetti giochi che circolavano fra il pubblico, causavano in me perplessità e inquietudine, perché sostituivano le caratteristiche ludiche essenziali (la natura esplorativa, sovversiva e profondamente educativa del gioco) con noia, ripetitività e imbecillità conclamata. In quel libro, dunque, compivo un viaggio nel continente gioco, che mi apparve trasformato «in una sordida deriva urbana costellata di rifiuti, povera di struttura, priva di bellezza». Talvolta il mio fu un viaggio reale, nello spazio, e talvolta un viaggio metaforico, che mi portò a contatto non con luoghi ma con argomenti diversi. «Visitai» Las Vegas, regina dei giochi d’azzardo, i giochi televisivi, i giocattoli commerciali, i videogiochi, la teoria dei giochi; e anche Disneyworld, a Orlando, dove la World Showcase offre, intorno a un lago artificiale, dieci «nazioni» ridotte a copie di monumenti famosi, ristoranti tipici e negozi di chincaglieria. Lì il turista può fare quel che sembra fare comunque: scattare foto, mangiare e comprare ricordini. E può farlo a condizioni vantaggiosissime: un solo spostamento per arrivare a Orlando, un solo biglietto d’entrata, dieci nazioni in un giorno (come recita la pubblicità). All’epoca di questa Vetrina del mondo (oltre a cercare di comprenderne l’attrattiva) avevo detto il peggio possibile; oggi, forse, dovrei ricredermi sul fatto che vi si fosse toccato il fondo.
Ricominciamo da capo. Da anni, ogni settimana, leggo religiosamente il New Yorker. È una rivista ricca di contenuti informativi, con articoli ben ricercati (di solito per mesi) e ben scritti. Negli ultimi tempi, ho dovuto storcere il naso vedendola adattarsi (con maggior classe della media) alla propaganda mainstream sul Covid e sulla guerra in Ucraina; ma c’è sempre abbastanza, su altri temi, che merita attenzione.
Recentemente il New Yorker ha dedicato un numero monografico ai viaggi, e il servizio di apertura mi ha riportato a Disneyworld, dove l’azienda, che nel 2012 aveva speso quattro miliardi di dollari per acquistare Lucasfilm, e con esso i diritti alla serie di film e programmi televisivi Star Wars, ha inaugurato una sua nuova «avventura»: Galactic Starcruiser, una «navicella spaziale» che conduce gruppi di entusiasti al Black Spire Outpost, sul pianeta Batuu, dove possono avere una totale immersione nel Larp (live-action role-play) di incontrare personaggi delle loro fantasie preferite.
Al Black Spire Outpost i pionieri delle galassie hanno una cabina (stando stretti, ci si può dormire in cinque, con letti che spuntano un po’ dappertutto) per due notti, pasti (l’alcol non è compreso) e la frequentazione interattiva di mostri interplanetari a volontà. Per due persone, il costo è 4800 dollari; per quattro nella stessa cabina, scende (in proporzione) a circa 6000. Ma volete mettere: familiarizzare con Luke Skywalker, Han Solo e tutti quegli altri eroi?
Nel 1973 vidi lo straordinario film d’animazione franco-cecoslovacco Il pianeta selvaggio e mi convinsi che quello era il modo giusto di raccontare la fantascienza al cinema. Purtroppo le cose andarono diversamente: nel 1977 uscì Star Wars e furono gli esseri umani a trasformarsi in cartoni animati. C’è dunque una giustizia storica nel fatto che oggi sia la Disney a governare questa impresa. Ma, reprimendo a fatica gli sbadigli nella lettura dell’articolo del New Yorker come li avevo repressi durante la visione del film originario, è bene trarre una morale da questi sconci sviluppi.
I visitatori della Vetrina del mondo si dichiaravano spesso colpiti dalla fedeltà con cui erano state riprodotte le varie «nazioni». Era un commento, notai, stupefacente. Al di là del fatto che l’«Italia» non somigliava affatto all’Italia, come potevano saperlo loro, non essendosi in massima parte mai mossi dagli Stati Uniti? O, per metterla in altri termini, fedeltà a che cosa? Non certo agli originali, per quanto io potessi giudicare, e allora? Fedeltà, conclusi, all’immagine finta che di quegli originali se ne erano fatti, guardando fotografie e forse video ma senza mai essere in presenza degli oggetti reali.
Il delirio pseudopandemico ha accelerato un processo che era in corso da anni, nel quale la realtà è stata gradualmente sostituita da una sua versione virtuale. Siete invitati a visitare musei senza muovervi di casa, a lavorare, insegnare e imparare, o dialogare con amici, guardando uno schermo, e vi si vuole convincere che è la stessa cosa, anzi la stessa cosa a condizioni più vantaggiose, perché costa meno tempo e fatica. Ma non è così, perché quel tempo e quella fatica sono parti integrali dell’esperienza: mettersi al passo con un ambiente o una persona, scegliere che cosa ne consideriamo rilevante (per noi, non in assoluto) entro una massa di dettagli che decidiamo invece di trascurare, trovare un nostro percorso nel mondo o in una sua porzione. Questo vuol dire adattarsi alla realtà; quando questo non c’è più, la realtà scompare, diventa un sogno come un altro, «fedele» solo a sé stesso. E incombe il prossimo passo: se anche Venezia è diventata un luogo immaginario, tanto vale imbarcarsi per il pianeta Batuu. Dove non saremo noi a giocare: a esplorare, a sovvertire, a imparare. Ha pensato a tutto la Disney.
Continua a leggereRiduci
iStock
«Chiedi a uno scrittore di fantascienza e si inventerà qualcosa. Poco dopo qualcun altro vorrà metterlo in pratica». La dichiarazione della scrittrice Margaret Atwood non potrebbe essere più attuale. È davvero possibile che i mondi fantascientifici (e spesso distopici) di cui abbiamo letto o che abbiamo visto interpretati sul grande schermo, diventano la nostra nuova realtà?
Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, pensa di sì. Da quando l’imprenditore ha annunciato il cambio nome della sua azienda in «Meta», il termine «Metaverso» è diventato parte della nostra quotidianità.
Il nome nasce nel 1992, proprio da un romanzo di fantascienza intitolato Snow Crash. Il libro, ambientato in America attorno al ventesimo secolo, racconta di un mondo in balia dei franchise, delle corporazioni e di un’economia capitalista fuori controllo dove anche l’autorità statale ha ceduto il passo al potere economico delle grosse corporazioni. In questa situazione di anarco-capitalismo prende vita il Metaverso, una realtà virtuale 3D condivisa sulla rete mondiale a fibre ottiche, alla quale è possibile accedere anche da terminali pubblici e dove si viene rappresentati attraverso un avatar che consente di vivere una vita parallela, in una città completamente virtuale, fatta di bar, negozi, ristoranti e luoghi alla moda.
Il Metaverso è proprio questo, un universo virtuale in cui si può vivere una nuova quotidianità grazie all’ausilio delle ultime tecnologie. Zuckerberg ha mostrato un assaggio del suo «Metaverso» mostrando come riunirsi con degli amici, fare sport o partecipare a un concerto senza muoversi da casa. Troviamo un secondo esempio di Metaverso nel romanzo - adattato dal regista Steven Spielberg per il grande schermo - Ready Player One di Ernest Cline. Il titolo del libro rimanda alla classica schermata di avvio dei videogiochi prodotti negli anni Ottanta e parla proprio di un videogioco: OASIS.
Ci troviamo nel 2045, la Terra è un pianeta sovrappopolato e inquinato in cui la maggior parte della popolazione vive in uno stato di indigenza e le fonti energetiche sono quasi completamente esaurite. L’unico modo per sfuggire dalla quotidianità è collegarsi a questo videogioco, un mondo virtuale che grazie a un semplice visore e un paio di guanti aptici permette di svolgere qualunque attività, persino andare a scuola.
Come appare chiaro, attualmente siamo in possesso di tutte le tecnologie necessarie per vivere in un mondo virtuale. La realtà aumentata e quella virtuale sono infatti state sviluppate dalle più grandi aziende di tecnologia degli ultimi anni e tutti noi siamo in possesso di un computer o di uno smartphone. Il Metaverso non è altro che un’espansione delle tecnologie internet esistenti. E molti di noi hanno già avuto un assaggio della vita nel Metaverso anche senza saperlo.
Ad oggi, si ritiene infatti che il videogioco Second Life pubblicato nel 2003 sia il «primo metaverso» perché in grado di incorporare molti aspetti dei social media in un mondo virtuale preesistente. Ma anche un semplice gioco multiplayer è a suo modo una sorta di Metaverso, come sostenuto dal giornalista Clive Thompson che usa l’esempio di Minecraft come «un’implementazione avanzata del Metaverso. Altri esempi includo il popolarissimo Fortnite (78,3 milioni di giocatori mensili) e League of Legends (180 milioni di giocatori mensili).
È proprio Epic Games, azienda che ha dato vita a Fortnite - uno dei nomi principali nella gara alla conquista del Metaverso. A Zuckerberg si uniscono poi Microsoft, Roblox, Tencent, Alibaba e ByteDance, l’azienda che controlla TikTok e nel 2021 ha superato il miliardo di utenti attivi.
Se come raccontato in Snow Crash da Neal Stephenson, «il Metaverso nella sua interezza potrebbe essere considerato un unico vasto “incantesimo”» non sorprende che milioni di persone stiano cercando in questa “seconda vita” vi avverare i propri sogni. Come dichiarato da Jensen Huang, ceo di NVIDIA, «il Metaverso sarà una nuova economia più grande di quella attuale» e la tecnologia Blockchain, insieme agli NFT, sembrano confermare questa teoria. I titoli di molti giornali, nelle ultime settimane, si sono lasciati andare a sensazionalismi come «Utente guadagna 100.000 dollari grazie al Metaverso», oppure «Con il Metaverso si può diventare milionari».
L’utente - che di nome fa Robert Doyle - avrebbe dichiarato di aver accumulato quasi 100.00 dollari con officine e banche virtuali, all’interno di Polka City, piattaforma di gioco multi-blockchain nata proprio quest’anno. L’uomo ha raccontato a Business Insider: «Penso che questo potrebbe essere un gioco da miliardi di dollari. […] Queste attività sono parte del videogioco finale, quindi mi manterranno per gli anni a venire ed è abbastanza incredibile. Potrò pagare il mio mutuo, le mie spese mediche, le rate dell'auto e sostenere la mia famiglia solo con questi NFT, non è pazzesco?»
Non è però tutto oro quel che luccica. Il Metaverso, in quanto gestito da ente privato, è un luogo dove non vige giustizia. Molti reati sono stati compiuti e possono essere compiuti in questa realtà, a partire dal riciclaggio di denaro fino alla molestia (di cui il Meta di Zuckerberg ha già registrato il primo caso). «Inoltre è un mondo in cui ognuno di noi è pienamente tracciato e interamente profilato, fin nel più intimo della psiche, aprendo così la porta a eventuali ricatti. Facile, infatti, immaginare cosa possa succedere a chi, con il proprio avatar, dia libero sfogo alle proprie pulsioni nel Metaverso senza tener conto di poter essere osservato, riconosciuto e, infine, tracciato. Il tema del tracciamento con questo tipo di dettaglio è molto pericoloso. Il mondo è già privo di privacy, ma il Metaverso lo è ancora di meno: lì la sorveglianza è specifica, mirata, globale e, soprattutto, continua» ha raccontato Pierguido Iezzi, Ceo di Swascan, polo italiano della cyber sicurezza, al Sole 24 Ore.
È forse il momento perfetto per la “risurrezione” di Matrix, ora al cinema con un nuovo capitolo - intitolato appunto Matrix Resurrections - che vedo il protagonista Neo (Keanu Reeves) nuovamente intrappolato nell’universo fittizio chiamato Matrix. Alcune visioni gli fanno credere di essere impazzito e solo la piccola blu che assume ogni giorno gli permette di tenere le visioni a bada. Quando, però, finalmente Neo smette di assumere la pillola, grazie anche all’aiuto di alcuni personaggi, riesce a prendere nuovamente coscienza su ciò che ha attorno, pronto a entrare nuovamente nel Metaverso - pardon, nel Matrix - ora più pericoloso che mai.
Continua a leggereRiduci
L'Oréal
- I ricavi globali generati dal settore hanno superato i 156 miliardi di dollari e si prevede raggiungeranno i 300 miliardi entro il 2024.
- È firmato l'Oréal il primo device che permette di creare una serie di rossetti personalizzati grazie all'AI. Costa 245 euro ed è il primo passo verso la rivoluzione tecnologica del mercato della bellezza.
- Il fondotinta del futuro analizza la tua pelle per trasformarsi in quello che ti serve.
Lo speciale contiene tre articoli.
Un settore in forte espansione che avrà un’importante impatto sulla nostra economia nei prossimi 15 anni. Parliamo dell’intelligenza artificiale ovvero quell’insieme di tecnologie che permettono alle macchine di percepire, comprendere, agire e imparare, sia autonomamente sia al fine di un potenziamento delle attività umane.
Secondo una ricerca di Accenture, l’intelligenza artificiale potrebbe raddoppiare i tassi annuali di crescita economica nel 2035, modificando così la natura del lavoro e creando una nuova relazione fra l’uomo e la macchina. Si stima che l'impatto delle tecnologie IA sul lavoro porterà un aumento della produttività del lavoro fino al 40% e consentirà alle persone di fare un uso più efficiente del loro tempo. Per i ricercatori di Idc, i ricavi globali generati dal mercato dell’AI hanno superato i 156 miliardi di dollari nell’ultimo anno con una crescita del 12,3% su base annua. È inoltre previsto che il settore supererà i 300 miliardi di ricavi nel 2024, con l’80% delle entrate generato da servizi.
Italiacamp, organizzazione che promuove progetti per l’innovazione e l’impatto sociale, e Omicron Consulting, azienda italiana leader nella consulenza digitale e nella fornitura di servizi di information technology, hanno recentemente stretto una partnership per sviluppare un motore di ricerca “machine learning” e un “web crawler” entrambi basati sull’intelligenza artificiale per lo scouting di innovazione e una academy formativa su competenze digitali realtà virtuale e aumentata.
La partnership nasce da una collaborazione avviata già nel 2020 per lo sviluppo del Portale delle idee, la piattaforma tecnologica proprietaria di Italiacamp attiva dal 2015 che, grazie a un search engine e allo strumento web crawler, potrà avvalersi di un sistema basato sull’intelligenza artificiale di ricerca automatizzata online di progetti e professionisti dell’innovazione, a supporto dei servizi di innovation brokerage offerti da Italiacamp. Una collaborazione che si fonda anche su una comune visione su come agire per l’innovazione: un’innovazione responsabile, orientata a determinare impatto sociale positivo.
«Il nostro futuro passa attraverso digitalizzazione e crescita supportata dalla formazione, linee guida da incastonare come gemme in un quadro di sostenibilità sociale e attenzione alla persona» ha commentato Diego Piras, ad di Omicron consulting.
L’intelligenza artificiale si applica a numerosi ambiti, dai più semplici ai più complessi. Casahomewear, ad esempio, coniuga la realtà aumentata e l’uso del 3d per personalizzare l’acquisto della biancheria della camera da letto in tempo reale. «Abbiamo voluto dare ai nostri clienti la possibilità di scegliere i prodotti che meglio si sposano con la propria camera da letto in tempo reale e nella sicurezza della propria casa con un semplice click. Sarà possibile divertirsi vestendo e svestendo il letto senza sforzo, con la semplicità di un tocco e scegliere quali articoli sono di nostro gradimento» ha sottolineato Lara Corna, responsabile ricerca e sviluppo. «L’app e l’utilizzo della nostra tecnologia easyhomewear® sono una vera rivoluzione per l’intero mondo della casa».
Uno dei settori in cui l’AI è in maggiore espansione è quello della bellezza. L’utilizzo di realtà aumentata e intelligenza artificiale hanno permesso a numerose aziende di evitare perdite del 30% (come previste a causa dell’emergenza Covid). È tutto iniziato nel 2014 grazie a L’Oréal. Il gruppo aveva infatti deciso di lanciare un’app che sfruttava la realtà virtuale per permettere ai clienti di provare il makeup in virtuale. «Abbiamo superato i 20 milioni di download solo nel primo anno e questo ci ha non solo dato visibilità, ma ci ha spinto ad approfondire il tema dell’AI» ha spiegato a Fortune Guive Balooch, vicepresidente per l’incubatore tecnologico di L’Oréal.
L’intelligenza artificiale non aiuta solo il consumatore al momento dell’acquisto ma anche l’azienda stessa a migliorare la produzione. «A volte non ci sono abbastanza prodotti e li dobbiamo creare, mentre a volte ce ne sono troppi e abbiamo bisogno di capire quali sono giusti per noi» ha specificato Balooch.
L’Italia si trova al centro di questa rivoluzione tecnologica. Microsoft ha un paiono quinquennale da 1,5 miliardi di dollari per favorire la trasformazione digitale del Bel Paese. L’azienda ha inoltre creato l’Ai Hub, un ecosistema per accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale nelle aziende italiane e lo sviluppo di progetti sperimentali. «Il nostro Paese ha buone potenzialità: l’indice i-Com sul grado di sviluppo dell’AI lo vede in 13esima posizione su 27 stati Ue, non lontano dalla Germania. Per cogliere questa opportunità, occorre aiutare le imprese ad avvicinarsi al tema e sviluppare progetti facilmente replicabili nei settori chiave dell’economia. Proprio per questo l’AI è al centro di Ambizione Italia #DigitalRestart» ha raccontato Silvia Candiani, amministratore delegato Microsoft Italia a Forbes.
Il primo rossetto con intelligenza artificiale

Yves Saint Laurent
La tonalità di rossetto perfetta che si adatta a ogni occasione è ormai realtà. Il gruppo L'Oréal ha infatti lanciato «The Yves Saint Laurent Rouge Sur Mesure Powered by Perso» un dispositivo che sfrutta l'intelligenza artificiale per realizzare migliaia di sfumature del rossetto Velvet cream matte finish di Ysl con un solo tocco.
Il prodotto - attualmente in pre ordine al prezzo di 245 euro - è facile da usare e intuitivo. Ogni device può contenere tre cartucce di colore (vendute in quattro set diversi a 100 euro l'uno) per generare ogni volta una nuova miscela di rossetto che potrà essere prelevata dagli ugelli presenti sulla parte superiore. Basta scaricare un'applicazione - disponibile per iOs e Android - e scegliere il mix preferito attraverso un algoritmo che sfrutta l'intelligenza artificiale azionata da tre modalità differenti: Wheel, Stylist o Match.
Wheel permette di selezionare la tonalità direttamente da una ruota dei colori, Stylist invece scansiona una fotografia e suggerisce la sfumatura più adatta per l'incarnato, infine Match cattura qualsiasi colore inquadrato dalla fotocamera trasformandolo in una tinta reale.
«The Yves Saint Laurent Rouge Sur Mesure Powered by Perso» ha una batteria ricaricabile tramite cavetto Usb e offre un'autonomia sufficiente per una settimana. Il device è inoltre in grado di verificare e riconoscere ogni cartuccia inserita al suo interno tramite RFID permettendo all'utente di monitorare i consumi ed eventualmente, se in esaurimento, eseguire un nuovo ordine per acquistarne altre.
Il fondotinta perfetto si chiama «Perso»

Continua a leggereRiduci
Il nuovo spazio offre un'esperienza immersiva che unisce video arte e racconto cinematografico. «Vogliamo restituire un pezzo di città ai cittadini e ai viaggiatori dell'entroterra della Sicilia».
Il 30 settembre scorso è stato inaugurato il Museo multimediale del mito. Concepito dal Comune di Enna per valorizzare l'area archeologica della città questo innovativo museo unisce video arte e racconto cinematografico, per un'esperienza immersiva. Un contenitore culturale che ibrida i linguaggi contemporanei dell'arte e invita il visitatore a un percorso sensoriale tra immagini, suoni e colori della natura. Il tutto accompagnato dalla voce narrante dell'attore Neri Marcorè.
Il Museo del mito rappresenta la prima esperienza per la start up Sarterìa, fondata dall'esperta d'arte Francesca Mezzano, il regista Giuseppe Saccà, il giornalista e imprenditore Alessandro Vitiello e Salvatore Pecoraro, co-fondatore di Pepito Produzioni, l'agenzia responsabile di Favolacce, l'opera seconda dei fratelli D'Innocenzo. «Siamo convinti che la contaminazione dei generi sarà la chiave del futuro» ha dichiarato Saccà durante l'inaugurazione. «È questa la strada che mi interessa percorrere accanto a quella tradizionale del racconto cinematografico». Per Francesca Mezzano «questo museo nasce all'interno di un'importante valorizzazione di un'area archeologica che sceglie una narrazione contemporanea e ibrida fra i generi, l'arte contemporanea e il cinema, per restituire un pezzo di città ai cittadini e ai viaggiatori dell'entroterra della Sicilia».
Sulla scia di uno dei miti più celebri della cultura classica - il rapimento di Persefone e la disperazione di Demetra, la Dea Madre - il Museo del mito ha visto il recupero di Capannicoli, lo storico edificio interno dell'area archeologica di Enna che comprende la Rocca di Cerere e il Castello di Lombardia. Il museo è composto di due ambienti multifunzionali che conducono per mano il visitatore attraverso un'esperienza di conoscenza innovativa, quella della realtà virtuale. L'ingresso ospita infatti quattro postazioni per la realtà virtuale, per offrire un'esperienza di mixed reality con cui “visitare" virtualmente l'intero territorio.
I dispositivi Oculus Vr prevedono oltre al visore anche un touch motion controller. Chi indossa il visore, potrà così condurre un vero “volo d'uccello" sul Castello di Lombardia e la Rocca. Un viaggio emozionante di pochi minuti ad alto tasso adrenalinico, sui precipizi, la natura incontaminata, il paesaggio straordinario che da un lato arriva all'Etna e dall'altro sorride al mare in lontananza. Il totem touch screen farà invece scoprire reperti e testimonianze del mito di Kore, negli altri musei dell'Ennese.
A questo punto si è pronti per il cuore pulsante del Museo: un ambiente immersivo, grazie all'importante componente tecnica – dieci proiettori di nuova tecnologia, audio spaziale, un'imponente regia – dedicato al mito del ratto di Persefone.
Il Museo del mito nasce inoltre con un'anima green. In accordo con il Comune di Enna, gli allestimenti sono stati realizzati con materiali di recupero, mentre alberi di melograno e carrubi sono stati messi a dimora nell'area archeologica su cui sorge la struttura.
Continua a leggereRiduci























