Carola Rackete raddoppia. E dopo aver citato in giudizio l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, ora l’ex comandante della Sea Watch ha deciso di querelare tutto l’eurogruppo parlamentare Identità e Democrazia. In questo modo a essere colpito è di nuovo un esponente della Lega, in questo caso il capogruppo Marco Zanni. «Mi pare che Carola Rackete e i suoi compagni abbiano una sorta di ossessione per Matteo Salvini e la Lega, al punto da arrivare a chiedere a noi un risarcimento per commenti sui social network dei nostri alleati tedeschi» spiega Zanni alla Verità. «Mi spiace molto deluderla, perché oltre a capirci poco in materia di navigazione, dimostra anche di avere difficoltà con il funzionamento delle istituzioni Ue: i gruppi politici del Parlamento Europeo, infatti, non hanno personalità giuridica. Mi sarei difeso molto volentieri per le vie legali e avrei anche ribadito il mio giudizio estremamente negativo contro le Ong che collaborano con gli scafisti e contro chi, per trasportare immigrati, arriva a speronare le motovedette della Guardia di Finanza italiana». L’attivista che nel 2019 ignorò i decreti sicurezza violando anche le leggi internazionali ha la querela facile. Ma ora sembra aver sbagliato il bersaglio. Anche perché la sua denuncia per istigazione a delinquere nei confronti di Salvini è stata archiviata. Mentre gli atti dove l’attuale ministro delle Infrastrutture è indagato per diffamazione aggravata sono stati inviati al Senato, in attesa della decisione della giunta delle Immunità, anche perché il segretario della Lega ha sempre parlato di critiche legittime contro l’attivista tedesca (la definì «sbruffoncella», «delinquente», «ricca e viziata comunista tedesca»). Ora, in un lungo atto di citazione, Rackete se la prende nello specifico con Afd (Alternative für Deutschland), colpevole, a suo dire, di averla insultata sui social network. Nello specifico chiede che alcune frasi postate su Twitter e Facebook del partito tedesco siano rimosse. Eppure sono due post dove Afd ricorda semplicemente che le accuse della Rackete contro Salvini sono state archiviate. «Quello che i media tedeschi non vi diranno: naufragio in tribunale per Carola Rackete!» questo il titolo del post pubblicato il 27 maggio 2021. Sarà anche perché le accuse sembrano un po’ fragili, ma i legali della Rackete si spingono oltre e sostengono che i politici tedeschi l’avrebbero anche pubblicamente minacciata di morte. Anzi, sarebbe stata inserita nelle «cosiddette liste di morte conservate negli ambienti dell’estremismo di destra». Questo collegamento è tutto da dimostrare. Di sicuro c’è che Carola Rackete contesta ai politici di Afd di averla definita una smuggler, ovvero una trafficante, cioè «una persona che trasferisce illegalmente rifugiati, richiedenti asilo, lavoratori da un paese all’altro a pagamento». Stando alla Rackete, infatti, questa definizione non sarebbe «veritiera» perché l’ex comandante «non ha né importato illegalmente persone straniere né ha realizzato un profitto lavorando come capitano alla Sea-Watch». Nell’atto di citazione, si specifica che la Capitana ha sempre svolto le sue azioni di salvataggio in mare «come azione altruistica» e con un «obbligo etico e morale nei confronti delle persone in pericolo in mare». Anzi, aggiungono i legali di Rackete, «l’organizzazione di misure di salvataggio in mare da parte di associazioni e Ong è necessaria solo perché l’Unione europea e gli Stati di confine dell’Ue nel Mediterraneo si rifiutano di assumersi questo compito. Dal 2017 non ci sono più soccorsi in mare organizzati dall’Unione Europea nel Mediterraneo».
La Carola Rackete italiana, Francesca Peirotti, l'hanno condannata a sei mesi di prigione dopo averla fermata a Mentone con dei migranti in macchina in procinto di attraversare la frontiera. Alla Carola Rackete originale, invece, daranno una medaglia. Dalla Francia non cessano di arrivare provocazioni contro l'Italia.
L'ultima è l'assegnazione della medaglia Grand Vermeil, la massima onorificenza del Comune di Parigi, alla «capitana» e alla collega Pia Klemp, le due condottiere che, alla guida della Sea Watch, hanno sfidato l'Italia. L'annuncio arriva dall'amministrazione comunale parigina, guidata da Anne Hidalgo. Il municipio parigino, si legge nel comunicato, «vuole simboleggiare la solidarietà e l'impegno di Parigi per il rispetto dei diritti umani».
Matteo Salvini, come prevedibile, non l'ha presa bene: «Il Comune di Parigi evidentemente non ha altro di meglio da fare che non premiare questi soggetti», ha scritto il vicepremier sui suoi social network.
Non è la prima volta che l'assise parigina si occupa delle vicende italiane. Ad aprile, nel pieno della bufera giudiziaria su Mimmo Lucano, il consiglio comunale della capitale francese approvò una delibera in sostegno del sindaco di Riace. Nel documento si leggeva che «la decisione della giustizia italiana di sospendere il primo cittadino dal suo incarico di primo cittadino è una decisione politica inaccettabile».
Ma gli attestati di solidarietà europei alle Ong che sfidano l'Italia non finiscono qui. Presto, infatti, la Rackete potrebbe fare i suoi comizi pro invasione persino nel Parlamento europeo.
Durante la riunione dei coordinatori dei gruppi in commissione Libertà civili e giustizia, che si è tenuta giovedì, infatti, i rappresentanti del gruppo della Sinistra unitaria della Gue hanno avanzato la richiesta di audire la capitana della Sea Watch 3. A livello di coordinatori la richiesta sarebbe stata accolta, ma non ancora formalizzata dalla commissione, che dovrebbe prendere una decisione probabilmente l'ultima settimana di luglio dopo la seduta plenaria di Strasburgo. E già si levano, fortunatamente, le prime voci contrarie da parte di alcuni eurodeputati.
«Se si dovesse confermare la proposta della Commissione Libe di invitare al Parlamento europeo la capitana della Sea Watch, Carola Rackete, saremmo in presenza di un gesto vergognoso», attacca Marco Zanni, presidente leghista del gruppo Identità e Democrazia. «La nostra eurodeputata che fa parte della commissione Libe, Annalisa Tardino, si è già opposta a questa strumentalizzazione che ha il sapore di una santificazione della Rackete».
Anche l'europarlamentare di Forza Italia, Fulvio Martusciello, è stato molto critico con la decisione. «La decisione della commissione Libe di invitare come speaker in parlamento europeo Carola Rackete è profondamente sbagliata, abbiamo chiesto che a quella stessa commissione possa partecipare anche un rappresentante della guardia di finanza e del ministero dell'interno italiano per difendere l'onore del nostro paese. Spiace davvero che alcuni gruppi si prestino a queste iniziative che hanno come unico scopo quello di danneggiare l'immagine dell'Italia».
La giornata di ieri sul fronte della lotta all'immigrazione selvaggia rende plasticamente l'idea di quanto la propaganda della sinistra sia lontana anni luce dalla realtà. Mentre i paladini delle Ong solidarizzavano con Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3, che ha querelato Matteo Salvini chiedendone la chiusura dei profili Facebook e Twitter, a Borgo Mezzanone - pochi chilometri da Foggia - andava in scena una protesta a colpi di pietre contro gli agenti di polizia, motivata dall'abbattimento di alcune baracche abusive all'interno del (tristemente) famigerato ghetto popolato da extracomunitari.
Partiamo da qui, dalla vita vera: sono le 9 del mattino quando su ordine della Procura di Foggia le ruspe tornano all'interno del ghetto, un agglomerato abusivo che sorge accanto al centro richiedenti asilo. È la quarta operazione di ripristino della legalità in questo insediamento nel quale vivono circa 1.500 immigrati, per la maggior parte africani, costruito su 165 ettari di proprietà dell'Aeronautica Militare. Poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari dell'Esercito, 150 divise in totale, hanno il compito di scortare gli operai che, con le ruspe, devono demolire circa 40 manufatti, tra i quali ci sono case a luci rosse, ristoranti, abitazioni in tufo e anche la bottega di un gommista. È l'ultimo di una serie di interventi programmati da Procura e Prefettura foggiane: il 20 febbraio e il 26 marzo erano state abbattute 21 baracche ad uso commerciale, altre case a luci rosse, una discoteca e un «negozio» di parrucchiere. Poi le ruspe sono tornate il 17 aprile, per abbattere altre 19 baracche, 17 delle quali destinate ad abitazioni in cui vivevano 56 immigrati; due strutture, comunicanti tra loro, erano utilizzati come centri per la prostituzione.
Le ruspe iniziano a buttar giù i primi manufatti, l'operazione prevede lo smantellamento di 35 baracche. Dei 64 immigrati che le abitano, uno solo ha accettato la proposta della Regione Puglia e della Prefettura di Foggia di trasferirsi in un alloggio dignitoso: è un ragazzo afghano di circa 25 anni, richiedente asilo politico, che ha ottenuto un alloggio nel cento richiedenti asilo. Gli altri sono quasi tutti irregolari, nel pomeriggio scatta la ribellione: un manipolo 200 immigrati protesta con veemenza contro le forze dell'ordine, in 50 si barricano all'interno di alcune baracche per cercare di impedire la demolizione di tre manufatti in lamiera adibiti a ristorante. Inizia un fitto lancio di pietre contro le forze dell'ordine, che usano i lacrimogeni per sedare i tumulti. Alla fine, alcuni agenti risultano feriti leggermente e lo smantellamento può andare avanti, mentre la solita rete di associazioni protesta contro la demolizione. «Avanti con le ruspe», commenta il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, «per il definitivo smantellamento dell'insediamento abusivo, come abbiamo già fatto a San Ferdinando. Nessuna tolleranza per l'illegalità. Siamo orgogliosi di passare dalle parole ai fatti».
Ovviamente, la sinistra è totalmente afona su quanto avviene a Borgo Mezzanone, perché troppo impegnata a venerare la sua nuova eroina: Carola Rackete. La pulzella tedesca, lo ricordiamo, è sotto inchiesta ad Agrigento per resistenza o violenza contro nave da guerra e resistenza a pubblico ufficiale e per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, in relazione allo sbarco di extracomunitari operato dalla nave che comandava. Eppure, con una manovra spericolata, ha deciso di querelare lei Salvini, chiedendo pure il sequestro preventivo dei profili sociali riconducibili al leader del Carroccio, perché, si legge nell'esposto che la capitana presenterà oggi alla Procura di Roma, «le pagine Facebook e Twitter, che hanno pubblicato e condiviso i post e le riprese video» dal contenuto ritenuto lesivo della propria reputazione, «possono contare su numerosissimi utenti». Bisogna chiudere i profili social di Salvini, secondo Carola Rackete, perché «istigano a delinquere» e «le esternazioni che qui si denunciano non vengono fatte all'interno delle funzioni svolte da Matteo Salvini nella sua qualità di ministro, ma costui si fa forte di quella qualità per potenziare in modo dirompente il messaggio d'odio». Salvini riesce a prenderla con ironia: «La comunista tedesca», commenta il vicepremier, «quella che ha speronato la motovedetta della Guardia di Finanza, ha chiesto alla Procura di chiudere le mie pagine Facebook e Twitter. Non c'è limite al ridicolo. Quindi posso usare solo Instagram?».
Infine, frigna anche la Ong Mediterranea Saving Humans, le cui imbarcazioni Alex e Mare Jonio sono sotto sequestro. La Ong denuncia che il proprio sito Web, utilizzato per raccogliere fondi per l'acquisto di nuove navi, sia sotto attacco di hacker russi. «Il sito», comunica la Ong, «ha subìto innumerevoli attacchi informatici da server russi che l'hanno momentaneamente compromesso e che denunceremo alle autorità competenti». Manco a dirlo Matteo Orfini, deputato Pd, invita a donare soldi a Mediterranea.
Ciò che pensiamo dell'ordinanza del giudice di Agrigento a proposito della Capitana Carola Rackete lo abbiamo già scritto. Che il gip Alessandra Vella si sia dimenticata qualche sentenza della Cassazione a proposito dello speronamento della motonave della Guardia di finanza da parte della Sea Watch 3 lo ha spiegato l'ex presidente della Cassazione Pietro Dubolino, mentre per parte nostra abbiamo rammentato che in materia di porti sicuri la Tunisia ne ha da vendere, prova ne sia che sono spesso meta dei turisti italiani. Ma a prescindere dal merito della decisione del magistrato chiamato a decidere sull'arresto della comandante della nave della Ong tedesca, vorremmo far presente che ciò a cui stiamo assistendo in queste ore, ossia il braccio di ferro di Mediterranea e di altre imbarcazioni cariche di migranti, è la diretta conseguenza di un provvedimento della magistratura. Infatti, se dopo il Tar e la Corte europea dei diritti dell'uomo anche il tribunale di Agrigento avesse respinto le pretese della Sea Watch 3 di poter disporre a proprio giudizio dei porti italiani, oggi non saremmo in presenza di un ricatto di altre Ong, le quali, in barba alle disposizioni del ministero dell'Interno, pretendono di avere il diritto di sbarcare tutti i migranti che vogliono.
La vicenda è molto chiara: se per Carola fossero stati confermati gli arresti disposti dalla Procura di Agrigento (occhio: da un pm che ha indagato il ministro dell'Interno, e non da Salvini), la questione sarebbe chiusa, perché in tutto il mondo sarebbe risultato chiaro che l'Italia non avrebbe consentito a nessuno di sbarcare gli immigrati a proprio piacimento. Esattamente come è avvenuto altrove, per esempio in Francia o in Spagna, chi si presta al gioco di scaricare clandestini rischia o di finire in carcere o di pagare una multa che toglie la voglia a chiunque di giocare a fare il buonista. Ma in Italia no, ciò non è possibile. Perché al Quirinale non piace che le norme siano troppo repressive e dunque si fanno i decreti con la piuma, che al posto delle sanzioni prevedono una carezza. Risultato, dopo il decreto sicurezza, la situazione è uguale a prima, perché le norme sono talmente vaghe e comunque con tante scappatoie, che poi basta un gip in Sicilia per mandare tutto a pallino e permettere che il ricatto delle Ong nei confronti dello Stato italiano continui esattamente come prima.
La vicenda di Mediterranea lo dimostra. Una ciurma di poche persone può andare davanti alle coste libiche, imbarcare una cinquantina di migranti strappandoli alle motovedette della guardia costiera libica e poi traghettarli in Italia in barba a qualsiasi norma di sicurezza e di diritto. Non solo. Mediterranea prova a dimostrare che la disobbedienza è possibile e che dunque, nonostante le sia stato intimato di dirigere su Malta, grazie al ricatto immigratorio si può violare la legge, forzando il blocco. È evidente che ormai la questione dei profughi è un pretesto per fare politica. Così come è chiaro a chiunque che la strumentalizzazione dei «naufraghi» altro non è che una diversa forma di lotta politica contro un governo legittimamente voluto dagli italiani.
Il braccio di ferro innescato dall'organizzazione della sinistra (dietro Mediterranea si intravede il volto dei soliti noti, ossia di quella sinistra antagonista che in genere prova a riempire le piazze per mobilitarle contro l'esecutivo) fra l'altro cade nello stesso giorno in cui uno dei più autorevoli istituti di sondaggi, Ipsos, segnala sul Corriere della Sera che il 60 per cento degli italiani condivide (con un gradimento che va dal poco al molto) l'azione del governo contro le Ong. Un giudizio favorevole che guarda caso coincide con quello sfavorevole nei confronti delle organizzazioni umanitarie. Insomma, mentre Mediterranea e qualche parlamentare della sinistra si schierano con i migranti, la maggioranza degli italiani si schiera con il governo. In pratica, da una parte c'è la solita sinistra, elitaria e convinta di inseguire il bene supremo in nome del popolo. Dall'altra c'è il popolo, che dal governo pretende che siano tutelati i propri interessi.
Ormai è chiaro che siamo di fronte a una minoranza contro la maggioranza. E siamo davanti a un esecutivo che ha un mandato popolare. Sulla Verità abbiamo spiegato perché riteniamo che il giudice di Agrigento abbia sbagliato a liberare Carola Rackete, ma a prescindere dalle valutazioni, ora è il momento di andare oltre e di impedire che qualcuno possa prendersi gioco dello Stato italiano. Secondo la Costituzione il popolo è sovrano e se il popolo ha deciso che non vuole le navi delle Capitane non ci può essere alcun giudice che decida il contrario. Salvini, Di Maio, Conte e gli altri hanno il dovere di far rispettare il volere degli italiani. Perché né una Capitana né una nave di pirati possono decidere il destino di una nazione. Tradotto: Salvini faccia una legge, ma ci liberi dalle Ong, che abbiamo altro e più importante da fare.







Cara Rackete, i prossimi migranti che salva li porti in Germania