Lo ha detto l'eurodeputato della Lega a margine dell'evento Conferenza Pro Vita-Vannacci contro 'epidemia' di transizioni sessuali nei minori in Europa riguardo all'ideologia di genere che si prefigge lo scopo di distruggere la società occidentale.
- Dagli Stati Uniti alla Francia, dalla Spagna al Regno Unito, i dati sono unanimi nel segnalare un aumento delle conversioni di adolescenti e giovani. E cresce pure la partecipazione alla messa. I media ultra laici: «Fenomeno di massa».
- «È la liturgia antica ad attrarre i ragazzi. Anche qui in Italia». Il priore della Confraternita del Sacro Cuore di Tolentino: «Sono sorpreso, nella nostra chiesa arrivano perfino da altre Regioni».
- Il clero progressista che ha dominato la scena dopo il Concilio Vaticano II sta ormai andando in pensione. E i fedeli abbandonano le parrocchie «liberal».
Lo speciale contiene tre articoli.
E se il cattolicesimo stesse tornando in Occidente? Apparentemente provocatoria, questa domanda oggi appare in realtà sensata, dato che numerosi indicatori descrivono non soltanto una piccola primavera cristiana, ma addirittura un ritorno della fede che, spesso e volentieri, ha come protagonisti proprio loro: i giovani. Tutto questo si osserva anzitutto negli Stati Uniti dove - notava The Catholic Herald la scorsa estate, illustrando i dati esaminati dallo studioso Shane Schaetzel - gli americani che si sono uniti alla Chiesa cattolica sono stati di più di quelli che l’hanno abbandonata: è qualcosa che non si vedeva da decenni.
I veri protagonisti di questo tutto questo? Le giovani generazioni. A riferirlo è la stampa laica, con per esempio il New York Post che lo scorso aprile, in un articolo a firma di Rikki Schlott, informava i suoi lettori che «i giovani si stanno convertendo al cattolicesimo in massa». Un dato in realtà già notato, nel 2024, dal giornalista Matthew McDonald che, sul National Catholic Register, raccontava di «diocesi» che a messa «segnalano aumenti del 30%, 40%, 50% e persino di oltre il 70%». E non sono neppure i numeri più elevati, dato che ci sono sacerdoti testimoni di aumenti ancor più impressionanti. Come quello osservato da Rhett Williams, parroco di St. Thomas More presso l’Università della Carolina del Sud, campus di Columbia, che ha dichiarato che, dal 2021, la partecipazione a messa nella sua parrocchia è aumentata del 260%.
A riferire di aumenti di partecipazione alle funzioni ci sono pure dei vescovi, come per esempio quello di Bridgeport, nel Connecticut, monsignor Frank Joseph Caggiano, che ha dichiarato come dalle sue parti dal 2022 ad oggi vi sia stato un aumento delle presenze in chiesa del 22%. Da notare come tutti questi aumenti siano avvenuti anche prima dell’assassinio di Charlie Kirk, il giovane attivista conservatore ucciso lo scorso 10 settembre la cui morte, a ben vedere, ha dato un ulteriore slancio alla primavera statunitense della fede cristiana. Matt Zerrusen, cofondatore del Newman Ministry, un’organizzazione cattolica non profit, ha infatti affermato di aver notato, dopo l’assassinio di Kirk appunto, un chiaro aumento del coinvolgimento religioso degli studenti. «Non ho parlato con nessuno che non abbia notato un aumento della partecipazione alla messa», ha dichiarato di recente Zerrusen, alla Catholic news agency. Il 16 novembre il già citato New York Post ha inoltre pubblicato un’inchiesta di Kirsten Fleming secondo cui nella Grande Mela «il numero di convertiti cattolici è in aumento» e ci sono chiese in cui esso è «triplicato rispetto all’anno scorso».
Attenzione però a non pensare che questo riavvicinamento dei giovani al cristianesimo sua una storia solo americana. Uno studio pubblicato poche settimane fa a cura dell’Università di Vienna, intitolato Was glaubt Österreich?, ha sondato un campione un totale di 2.160 persone di età compresa tra 14 e 75 anni scoprendo come, nella coorte di età compresa tra 14 e 25 anni, il 30% creda in Dio o in una realtà divina; lo stesso numero crede in un non meglio specificato essere superiore, in un’energia superiore o in un qualche potere spirituale. Questo colloca questo gruppo in cima alla lista di tutte le altre coorti di età in termini di fede in Dio o in una realtà divina. A questo già interessante dato, se ne può accostare almeno un altro: quello del calo delle persone che abbandonano la Chiesa in Austria, che nel 2024 è diminuito significativamente, passando da 85.163 a 71.531. Tra i responsabili di questo studio c’è la teologa viennese Regine Pollak la quale - pur non negando come in generale anche in tale ricerca si sia registrata una «profonda crisi della fede in Dio» - si è detta «davvero sorpresa» dei segnali in controtendenza registrati; segnali che si riflettono anche nel notevole aumento dei battesimi di adulti tra i giovani, in particolare nell’arcidiocesi di Vienna.
Segnali confortanti arrivano anche dalla Francia, dove quest’anno, nella veglia di Pasqua, si sono celebrati sì 10.384 battesimi adulti (con un aumento del 45%), ma anche 7.400 di adolescenti. Tutto ciò segna «la fine dell’inverno per la Chiesa cattolica?», si è chiesto Le Monde. Forse è ancora prematuro parlare di vera e propria «fine dell’inverno», ma certamente stiamo parlando di segnali in controtendenza e non isolati. Nel frattempo, anche dalla Spagna arrivano notizie notevoli. È per esempio di pochi giorni fa la notizia che la partecipazione alla messa cattolica nella provincia di Barcellona - secondo i dati raccolti dal Centre d’Estudis d’Opinió e dell’Idescat, pubblicati sulla pagina web dall’arcivescovado di Barcellona - addirittura è raddoppiata negli ultimi cinque anni.
Sempre guardando alla secolarizzata Europa, non si può non notare quanto avviene nell’Irlanda del Nord, dove un recentissimo sondaggio commissionato dall’Iona Institute - e realizzato da Amarach Research su campione rappresentativo di 1.200 adulti - ha rilevato una netta ripresa dell’interesse per la religione tra i giovani. A sorpresa, si è difatti rilevato come la fascia di età più giovane tra quelle interpellate (ovvero quella di chi ha tra i 18 e i 24 anni), sia - a sorpresa - risultata quella, rispetto a tutte le altre considerate, con maggiori probabilità di dichiarare un atteggiamento «molto positivo» nei confronti del cristianesimo (30% contro solo il 4% con una visione «molto negativa»).
Novità arrivano perfino da uno dei Paesi più secolarizzati del pianeta: la Gran Bretagna. Nella terra di re Carlo, infatti, negli ultimi sei anni il numero di ragazzi inglesi tra i 18 e i 24 anni che almeno una volta al mese va in chiesa è addirittura quadruplicato, dal 4% al 16%, tra i 25 e i 34 anni è più che triplicato, dal 4% al 13%. A frequentare le funzioni religiose sono più i ragazzi delle ragazze e il trend in crescita riguarda soprattutto i cattolici (sul fronte anglicano tale trend risulta assente, anzi si registra un continuo calo). La faccenda è così seria che a settembre perfino la Cnn - ed è tutto dire - è stata costretta a raccontare, in un servizio realizzato da Joseph Ataman e Christopher Lamb, che «dopo decenni di calo delle presenze e di fede in gran parte del mondo occidentale, il cattolicesimo romano potrebbe assistere a una rinascita inaspettata». «E per una Chiesa oggi più nota a molti in Occidente per i suoi fedeli anziani, i sacerdoti anziani e i devastanti scandali di abusi sessuali», hanno rilevato Ataman e Lamb, «il rinnovamento arriva dal più improbabile degli angoli: la Generazione Z». Cioè i giovani tra il 1997 e il 2012, gli adolescenti di oggi insomma.
A questo punto è lecito domandarsi sulle cause di questo fenomeno. Merito del nuovo pontificato di Leone XIV? Onestamente è po’ prematuro immaginarlo, anche perché qualche dato sorprendente era già emerso ancora prima dell’ascesa al soglio di Robert Prevost. Allo stesso tempo, appare incauto attribuire all’eredità di Jorge Mario Bergoglio una piccola primavera occidentale della fede che, quasi sempre, si registra in ambito conservatore, non esattamente il più amato dal pontefice argentino. In attesa, allora, che i sociologi sappiano spiegare qualcosa in più su quanto sta avvenendo - e che si spera possa essere osservato anche in Italia - possiamo concludere, per riprendere Le Monde, che forse è presto per dichiarare avvenuta la «fine dell’inverno per la Chiesa cattolica». Tuttavia, qualcosa di certo sta accadendo. Ed è certamente qualcosa che, come avviene per quei tornanti della storia che si può immaginare tratteggiati dalla Provvidenza, cui nessuno aveva pensato.
«È la liturgia antica ad attrarre i ragazzi. Anche qui in Italia»
La piccola e inattesa primavera cattolica che affiora in Occidente può oggi essere osservata anche nella provincia italiana, in quei centri cioè solo a prima vista minori, e tuttavia in grado di mettere in evidenza l’attrattività che conservano ed esprimono una fede ed una liturgia tradizionali. Come a Tolentino, comune di 18.000 anime nel Maceratese, dove c’è una interessante storia di una chiesa ricostruita nella quale i giovani non mancano. La Verità ne ha parlato con Andrea Carradori, priore della Confraternita del Sacro Cuore cui questa chiesa è assegnata.
Priore, partiamo dall’inizio. Cos’è Confraternita del Sacro Cuore di Tolentino?
«La Confraternita del Sacro Cuore di Gesù di Tolentino è una realtà ricostituita canonicamente il 14 giugno 1805 dal vescovo di Macerata e Tolentino san Vincenzo Maria Strambi, passionista perseguitato duramente da Napoleone per la sua fedeltà al Papa. Il 10 settembre 1936 la Confraternita ha avuto il riconoscimento giuridico, con Regio decreto, dal nuovo Stato unitario. Attualmente i Confratelli sono 25. Secondo la Regola di San Vincenzo Maria Strambi la Confraternita collabora attivamente con le parrocchie cittadine e con la Comunità dei padri Agostiniani, che sono il fulcro spirituale della città e dei centri limitrofi. Questa nostra generosità è stata ripagata da un vero e proprio “miracolo” del Cielo».
Quale?
«A seguito del rovinoso terremoto del 2016 la nostra chiesa, fortemente danneggiata, è stata ripristinata “in toto” con criteri antisismici e a tempo di record, dal governo ungherese presieduto da Victor Orbán a cui abbiamo successivamente fatto visita, assieme al sindaco di Tolentino, per esprimere la nostra gratitudine»
Tra l’altro, a proposito di Tolentino, papa Leone XIV vi è molto legato.
«Sì, il Santo Padre Leone è molto devoto di san Nicola da Tolentino: il Taumaturgo del Piceno, il Patrono delle anime purganti e, per volere del papa Eugenio IV, il Protettore dell’unità della Santa Chiesa. Il 16 settembre 2023 per la grande Festa del Perdono di San Nicola l’allora Prefetto del Dicastero per i vescovi Prevost, cardinale designato, venne nella nostra città e portò in processione la Reliquia del santo e poi officiò la santa messa pontificale alla presenza delle autorità cantando, con assoluta precisione, le melodie del Celebrante».
In una vostra chiesa cittadina, se non sbaglio, si celebra la messa con musica polifonica alternata al gregoriano.
«Nel 1815 i Confratelli, su invito del fondatore San Strambi, chiesero al papa Gregorio XVI di assegnare loro la chiesa di S. Benedetto da Norcia, abbandonata dai monaci cistercensi dopo la loro soppressione. Il pontefice donò alla Confraternita la chiesa e gli orti dei monaci. Il 24 novembre 2006 il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha consacrato l’antico altare. Grazie all’intervento dei fratelli ungheresi è stato ripristinato l’organo “meccanico” che è stato subito messo a disposizione per lo studio di giovani e le esercitazioni di concertisti. Per solennizzare le celebrazioni festive invitiamo organisti e cori polifonici. Fra questi, degna di particolare riconoscenza ed ammirazione, è l’Ensemble “Accademia dei Dissennati”, tutti giovani cantanti, diretta dal Maestro Lorenzo Chiacchiera che esegue dei capolavori di arte polifonica antica e moderna».
Anche nella vostra realtà si assiste, quindi, ad un ritorno della fede cattolica tra i giovani?
«La “forza” delle celebrazioni nell’antico rito dei padri sono i giovani. Li abbiamo veduti in numero sorprendente anche al recente quattordicesimo pellegrinaggio giubilare ad Petri Sedem che si è tenuto a Roma dal 23 al 25 ottobre. Noi, che non siamo “adoratori dei numeri” ci stupiamo come anche nella nostra chiesa ci siano tanti fedeli anche da fuori Regione, nonostante le difficoltà e le spese di trasporto che debbono sostenere. Questo ci spinge a dare tutti noi stessi per l’ideale della buona e santa liturgia».
Come si spiega questo fenomeno?
«L’attrattività della liturgia antica può essere la risposta educativa all’emergenza educativa dei giovani. Come insegnante ho sempre invitato i genitori ad iscrivere i propri figli alle scuole di musica, ai cori e alle bande musicali».
Tutto questo la fa essere ottimista sul futuro del cristianesimo? Dopo anni in cui le statistiche registrano l’evaporazione del cristianesimo, anche una realtà locale come la vostra apre scenari di speranza.
«Papa Leone ci ricorda che “Dio non tarda mai, siamo noi a dover imparare ad avere fiducia, anche se ciò richiede pazienza e perseveranza” e che “oggi abbiamo urgente bisogno di pensare la fede per poterla declinare negli scenari culturali e nelle sfide attuali, ma anche per contrastare il rischio del vuoto culturale che, nella nostra epoca, diventa sempre più pervasivo”. Dopo il grande pellegrinaggio giubilare della Tradizione dal 23 al 25 ottobre scorso nel quale, per la prima volta, anche tantissimi giovani italiani dal Sud e dal Nord - e non solo gli stranieri - sono convenuti a Roma per cantare una voce dicentes le lodi divine, risuonano nei nostri cuori le parole del Papa: “Prego affinché anche voi siate rafforzati dallo Spirito Santo nel vostro servizio al Signore e alla sua Chiesa, e affinché possiate portare molto frutto, un frutto che duri”».
I nuovi preti sono più conservatori
C’è una notizia nella notizia, rispetto al piccolo ma significativo riavvicinamento alla fede in corso in Occidente: è quella relativa alla tipologia di questa fede. Che, oltre ad essere cristiana, è quasi sempre definibile - per brevità - «conservatrice». Conservatori, in effetti, risultano essere i nuovi sacerdoti statunitensi, tanto che pure l’Associated Press ha fatto presente, in un suo servizio, come i preti progressisti «siano morti o in pensione». «I preti progressisti che hanno dominato la Chiesa statunitense negli anni successivi al Concilio Vaticano II», ha scritto per la precisione l’Associated Press, «ora hanno tra i 70 e gli 80 anni. Molti sono in pensione. Alcuni sono morti. I preti più giovani, mostrano i sondaggi, sono molto più conservatori».
Analogamente, una recentissima rilevazione dell’Osservatorio francese del cattolicesimo - centro di ricerca indipendente creato per monitorare in modo più accurato l’evoluzione della Chiesa d’Oltralpe - ha rilevato come, se da un lato il 45% dei sacerdoti di età superiore ai 75 anni desidera che la morale sessuale e familiare si «evolva», dall’altro tra i sacerdoti tra i 35 e i 49 anni questa percentuale crolla al 10%, mentre tra quelli più giovani ancora, sotto cioè i 35 anni, si arena ad un misero 7%. Allo stesso modo, come dimostrano figure come quella di Charlie Kirk (benché non fosse cattolico, anche se al cattolicesimo si sta avvicinando), anche i giovani che oggi si accostano al cristianesimo spesso non sono certo progressisti. Il che porta a chiedersi come mai, in un’epoca di eclissi del sacro, per dirla con Sabino Acquaviva, a dare segni di vitalità sia una fede solida e tutt’altro che aperta all’agenda mondana.
La domanda è importante ma non nuova in sociologia dove, al contrario, se ne discute da decenni. Una delle prime testimonianza di ciò fu Why conservative churches are growing, libro del 1972 di Dean M. Kelley, sociologo il quale, con quel volume, con riferimento sempre al contesto americano notava un fenomeno politicamente, anzi ecclesialmente scorretto, ma sostenuto dai numeri: i tassi di crescita di denominazioni «conservatrici» - in particolare rispetto alle esigenze morali e all’affermazione di una identità forte - a scapito di analoghi, se non più forti tassi di decrescita delle denominazioni «progressiste», cioè inclini a quelle che in gergo giornalistico si chiamano oggi le «aperture». Non appena uscito, il libro di Kelley sollevò un polverone.
Il punto è che oltre mezzo secolo dopo - come indicano altri dati che non c’è qui lo spazio di ricordare - quell’intuizione si è rivelata corretta. Occorre dunque chiedersi come mai la fede conservatrice, anche nell’era secolare, direbbe il filosofo Charles Taylor, conservi appeal. La risposta migliore è forse quella che, in un suo articolo, ha dato lo scrittore cattolico Vittorio Messori, allorquando ha scritto che «in un mondo liquido, dove tutto diventa incerto, precario, provvisorio, è proprio delle stabilità e della fermezza della Chiesa cattolica che non soltanto i credenti, ma l’umanità intera, ha bisogno». «Occorre più che mai la salda chiarezza del catechismo più che gli infiniti e sempre mutevoli, secondo me, pareri di cui è pieno il mondo», ha osservato sempre l’autore di Ipotesi su Gesù; le cui parole si spera possano ascoltate anche quella parte di Chiesa italiana che, talvolta, dà l’impressione di rincorrere l’agenda mondana, dimenticandosi che ha già dentro di sé tutto ciò che serve per esser guida e rifugio in una società disorientata.
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Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Ma li sentite? Il Pd è corso a celebrare la vittoria a Brooklyn, esattamente come ieri celebrava quelle a Madrid, Londra e Rio de Janeiro (il Papa straniero è una nota pomata elettorale che lenisce il dolore per le italiche batoste). E non s’accorge di quello che sta avvenendo. O forse se ne accorge e pensa di sfruttarlo: se Parigi val bene una messa, s’illudono, Roma non può valere una Mecca? Non è da ora, per altro, che la sinistra strizza l’occhio agli ayatollah: Jean-Paul Sartre, idolo di molti degli attuali campioni dell’internazionale islamo-socialista, si era iscritto al comitato di sostegno di Khomeini e inneggiava ai pasdaran. C’è una differenza, però: allora sotto attacco c’era lo scià. Oggi, invece, sotto attacco ci sono le nostre libertà.
Guardate il video che hanno diffuso ieri gli islamici di Birmingham. Ci sono alcuni di loro vestiti di nero e incappucciati che tappezzano la città di bandiere e volantini. Musica araba di sottofondo, gesti di dominio, messaggio chiaro: qui comandiamo noi. L’occasione è stata la partita di Europa League Aston Villa-Maccabi Tel Aviv: le autorità inglesi hanno vietato ai tifosi israeliani di seguire la loro squadra nella trasferta inglese. Ma ai musulmani di Birmingham ciò non è bastato. Hanno voluto mostrare i muscoli, come ha notato sui social il giornalista Leonardo Panetta, «forti dell’abbraccio caloroso del mondo progressista». A Birmingham i musulmani rappresentano il 30%o della popolazione. Voti che fanno gola all’internazionale islamo-socialista. Voti che fanno vincere le elezioni. Proprio come è successo a New York.
È l’inevitabile e pericolosa conclusione di anni di politiche suicide. Pensateci: la sinistra ha aperto le porte all’immigrazione incontrollata, ha favorito la distruzione delle nostre radici cristiane, ha permesso che la laicizzazione della società lasciasse il passo alla sua progressiva islamizzazione. Questo è il risultato: sono state abbattute una dopo l’altra le statue della Madonna ma proprio a Birmingham due anni fa è stata innalzata una statua alla donna con il velo. Ci sono intere zone della nostra Europa dove, con il silenzio complice dei profeti dell’accoglienza e dell’integrazione, si applica la sharia. L’altra settimana a Sesto San Giovanni, non a Teheran, una donna è stata aggredita perché non portava il velo. Nessuno ha protestato. L’Europa vuole sostituire il Natale con la festa d’inverno ma intanto, nelle scuole, si festeggia il Ramadan. Se una maestra fa dire un’Ave Maria viene sanzionata, se i bambini vengono portati in moschea e costretti a inginocchiarsi verso La Mecca tutti applaudono. Ovvio, no? I voti degli islamici fanno gola.
Già: con i voti degli islamici si vince, lo ha dimostrato il socialista Mamdani a New York, prima di lui il laburista Sadiq Khan a Londra. In Francia la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ha sfondato elettoralmente nelle banlieu proprio sfruttando imam, moschee e persino i Fratelli musulmani. Quest’estate in Gran Bretagna Jeremy Corbyn ha lanciato insieme con Zarah Sultana il partito islamista-marxista. E in Italia la sinistra radicale di Avs strizza l’occhio a Mohammad Hannoun, leader dei palestinesi, già finito nell’elenco Usa dei terroristi, per provare a trasformare in voti le piazze pro Pal. Il risultato elettorale nella Grande mela ridà fiato a tutti loro: ora e sempre Resistenza, ma anche un po’ di jihad. Stamattina mi son svegliato e ho trovato il muezzin.
Ma stanno giocando con il fuoco. Quello che sta avvenendo, infatti, è chiaro: la conquista dolce dell’Europa da parte dell’islam è a un punto di svolta. Che passa proprio per la via istituzionale. Quando gli islamici provarono a conquistare l’Europa con le armi, furono sempre sconfitti: Poitiers 732, Lepanto 1571, Vienna 1683… Ora, invece, usano le armi della demografia e della democrazia, passando per i canali istituzionali, e noi ci inchiniamo e addirittura festeggiamo trulli trulli, come fa la sinistra. Michel Houellebecq l’aveva scritto, ora si sta avverando. Ogni giorno arriva un segnale preoccupante, anche se molti non lo vogliono vedere. Al ministero degli Interni inglese c’è una laburista che dice: «È l’islam a guidare le mie azioni». In Italia si sono già fatte (a Monfalcone) le prime prove tecniche di partito islamico. A New York viene eletto il primo sindaco islamico. E a Birmingham gli islamici fanno capire che vogliono comandare loro.
Tra non molto, temo, sarà così evidente che ce ne accorgeremo tutti. Ma allora sarà troppo tardi.
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Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Ma li sentite? Il Pd è corso a celebrare la vittoria a Brooklyn, esattamente come ieri celebrava quelle a Madrid, Londra e Rio de Janeiro (il Papa straniero è una nota pomata elettorale che lenisce il dolore per le italiche batoste). E non s’accorge di quello che sta avvenendo. O forse se ne accorge e pensa di sfruttarlo: se Parigi val bene una messa, s’illudono, Roma non può valere una Mecca? Non è da ora, per altro, che la sinistra strizza l’occhio agli ayatollah: Jean-Paul Sartre, idolo di molti degli attuali campioni dell’internazionale islamo-socialista, si era iscritto al comitato di sostegno di Khomeini e inneggiava ai pasdaran. C’è una differenza, però: allora sotto attacco c’era lo scià. Oggi, invece, sotto attacco ci sono le nostre libertà.
Guardate il video che hanno diffuso ieri gli islamici di Birmingham. Ci sono alcuni di loro vestiti di nero e incappucciati che tappezzano la città di bandiere e volantini. Musica araba di sottofondo, gesti di dominio, messaggio chiaro: qui comandiamo noi. L’occasione è stata la partita di Europa League Aston Villa-Maccabi Tel Aviv: le autorità inglesi hanno vietato ai tifosi israeliani di seguire la loro squadra nella trasferta inglese. Ma ai musulmani di Birmingham ciò non è bastato. Hanno voluto mostrare i muscoli, come ha notato sui social il giornalista Leonardo Panetta, «forti dell’abbraccio caloroso del mondo progressista». A Birmingham i musulmani rappresentano il 30%o della popolazione. Voti che fanno gola all’internazionale islamo-socialista. Voti che fanno vincere le elezioni. Proprio come è successo a New York.
È l’inevitabile e pericolosa conclusione di anni di politiche suicide. Pensateci: la sinistra ha aperto le porte all’immigrazione incontrollata, ha favorito la distruzione delle nostre radici cristiane, ha permesso che la laicizzazione della società lasciasse il passo alla sua progressiva islamizzazione. Questo è il risultato: sono state abbattute una dopo l’altra le statue della Madonna ma proprio a Birmingham due anni fa è stata innalzata una statua alla donna con il velo. Ci sono intere zone della nostra Europa dove, con il silenzio complice dei profeti dell’accoglienza e dell’integrazione, si applica la sharia. L’altra settimana a Sesto San Giovanni, non a Teheran, una donna è stata aggredita perché non portava il velo. Nessuno ha protestato. L’Europa vuole sostituire il Natale con la festa d’inverno ma intanto, nelle scuole, si festeggia il Ramadan. Se una maestra fa dire un’Ave Maria viene sanzionata, se i bambini vengono portati in moschea e costretti a inginocchiarsi verso La Mecca tutti applaudono. Ovvio, no? I voti degli islamici fanno gola.
Già: con i voti degli islamici si vince, lo ha dimostrato il socialista Mamdani a New York, prima di lui il laburista Sadiq Khan a Londra. In Francia la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ha sfondato elettoralmente nelle banlieu proprio sfruttando imam, moschee e persino i Fratelli musulmani. Quest’estate in Gran Bretagna Jeremy Corbyn ha lanciato insieme con Zarah Sultana il partito islamista-marxista. E in Italia la sinistra radicale di Avs strizza l’occhio a Mohammad Hannoun, leader dei palestinesi, già finito nell’elenco Usa dei terroristi, per provare a trasformare in voti le piazze pro Pal. Il risultato elettorale nella Grande mela ridà fiato a tutti loro: ora e sempre Resistenza, ma anche un po’ di jihad. Stamattina mi son svegliato e ho trovato il muezzin.
Ma stanno giocando con il fuoco. Quello che sta avvenendo, infatti, è chiaro: la conquista dolce dell’Europa da parte dell’islam è a un punto di svolta. Che passa proprio per la via istituzionale. Quando gli islamici provarono a conquistare l’Europa con le armi, furono sempre sconfitti: Poitiers 732, Lepanto 1571, Vienna 1683… Ora, invece, usano le armi della demografia e della democrazia, passando per i canali istituzionali, e noi ci inchiniamo e addirittura festeggiamo trulli trulli, come fa la sinistra. Michel Houellebecq l’aveva scritto, ora si sta avverando. Ogni giorno arriva un segnale preoccupante, anche se molti non lo vogliono vedere. Al ministero degli Interni inglese c’è una laburista che dice: «È l’islam a guidare le mie azioni». In Italia si sono già fatte (a Monfalcone) le prime prove tecniche di partito islamico. A New York viene eletto il primo sindaco islamico. E a Birmingham gli islamici fanno capire che vogliono comandare loro.
Tra non molto, temo, sarà così evidente che ce ne accorgeremo tutti. Ma allora sarà troppo tardi.
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Ansa
Qualche anno fa un immigrato uccise un giovane italiano «perché sorrideva». Un movente simile arma la mano di molti stranieri, che nella loro patria sarebbero buoni cittadini, ma qui vivono nel rancore per un benessere che li circonda e non riescono a ottenere.
L’invidia è una delle emozioni più potenti. Solo la paura riesce a essere più forte. L’invidia è anche uno dei motori buoni del mondo. È un fenomeno fondamentalmente fisiologico, che può diventare tragicamente patologico. Se in epoca preistorica vedo il mio vicino di casa che caccia più di me perché si è fabbricato una fionda, lo invidio e questa invidia è la motivazione per fabbricare a mia volta una fionda e raggiungere i suoi livelli di caccia. Se in epoca medievale la mia vicina di casa ha una mortalità tra i suoi figli bambini inferiore alla mia, la invidio e quindi comincio a imitarla: anche io comincio a lavare tutto, a spazzare più spesso, a impiegare più tempo perché gli abiti siano puliti e senza pidocchi. Se il mio compagno di classe, mettendo da parte le paghette mese dopo mese, è riuscito a comprarsi una bicicletta, lo invidio e grazie all’invidia posso fare anch’io la stessa operazione, a meno che io non abbia la certezza di non esserne capace. Allora l’invidia diventa odio, diventa patologica. Il mio scopo non è più raggiungere la bicicletta, ma distruggere colui che è riuscito a comprarsela, mentre io non ne sono capace.
Quindi, per poter avere un’invidia di qualità occorrono in apparenza due fattori, in realtà tre: il desiderio di qualcosa che ha un altro e la certezza di non avere la capacità di raggiungerlo a mia volta sono i due più ovvi. Il terzo fattore è la incapacità di trovare vie alternative per raggiungere la stessa gioia che mi darebbe l’impossibile oggetto dei miei desideri. Occorre la capacità di spostare l’attenzione da quello che non si possiede e che non siamo in grado di avere, a quello che si possiede e potenziarlo. Nick Vujicic, leader motivazionale nato senza gambe e senza braccia, non ha sprecato disperazione a invidiare tutti coloro che sono nati sani, ha potenziato tutto quello che ha, per cui riesce a camminare e a nuotare, ha potenziato la mimica, il senso dell’umorismo, la dialettica, e ha imparato a consolare il mondo. È interessante notare come le persone nate con malformazioni o malattie congenite, figli di madri valorose che li hanno sottratti al cortese suggerimento di un aborto, hanno un tasso di suicidio più basso rispetto alla popolazione di sani. In primo luogo hanno una mamma formidabile, una mamma che ha risposto un secco e indignato no al ginecologo abortista che con cortese fermezza proponeva l’assassinio del suo bimbetto come eroica via per migliorare il mondo; in secondo luogo imparano da piccolissimi, come unica possibile strategia di sopravvivenza, a spostare l’attenzione da quello che non hanno a quello che hanno e a sfruttare al massimo quello che c’è. Quindi alla fine la definizione di invidia nasce da tre fattori: il volere qualcosa che un altro ha, sapere che non siamo in grado di averlo e non avere nulla per sostituire quella gioia che non siamo in grado di raggiungere.
La base dell’invidia quindi è l’incapacità a spostare l’attenzione da qualcosa che non abbiamo e che non possiamo avere a qualcosa che abbiamo. La cosa che non si ha diventa importantissima, l’unica che conta, e se non la si può avere, nasce il desiderio di distruzione non solo dell’invidiato, ma del mondo intero: è lo schema del perdente radicale. Il perdente radicale è descritto nell’omonimo libro del filosofo tedesco Hans Magnus Enzensberger. Il perdente radicale è colui che non tollera che altri abbiano più di lui. Pur di distruggere coloro che hanno più di lui, è disposto a distruggere il mondo anche a costo del proprio sacrificio personale. Per chi non avesse voglia di leggersi Enzensberger, può bastare la fiaba di Biancaneve. Per quale motivo la regina di Biancaneve vuole assassinare Biancaneve? Biancaneve non vuole rubarle il trono, non le ha ucciso il gatto, è solamente più bella di lei. Quindi essere più belli, o più colti, o più bravi, o più capaci, o più ricchi, o più felici, diventa un buon motivo di una condanna a morte. Molti immigrati ci accoltellano perché abbiamo più di loro. Questo è stato sottolineato, ufficializzato, a Torino qualche anno fa. A Torino Stefano Leo, ucciso ai Murazzi cinque anni fa, è stato assassinato perché sorrideva, dal 27enne Said Machaouat con una coltellata mortale, e ci va parecchio odio per dare una coltellata mortale, non è una cosa da poco. La coltellata mortale oltretutto non è né la prima né l’unica opzione. Prendiamo atto del fatto che le persone frustrate diventano particolarmente aggressive, e tendono a prendersela col primo che capita, però ci sono diverse opzioni: occhiataccia, insulto, gomitata, calcio sull’alluce, calcio al ginocchio, ginocchiata, insulti alla madre, coltellata non mortale. Quindi il signor Said Machaouat sarà anche stato e irritato col mondo, ma una coltellata mortale a uno sconosciuto perché aveva un’aria felice resta un gesto atroce che l’irritazione col mondo non basta a giustificare.
Per arrivare a questo gesto occorre la struttura del perdente radicale: un odio totale verso il mondo che fiorisce su una struttura assolutamente arida, priva di qualsiasi capacità empatica. Un odio totale verso il mondo per cui si decide di danneggiarlo anche a costo di sacrificare la propria vita, di finire in prigione, e si decide di danneggiarlo levandogli il meglio. Un uomo che sorride è il meglio. Il mondo ha reso infelice il signor Said Machaouat e il signor Said Machaouat si è vendicato uccidendo la parte migliore del mondo: un uomo che sorride. A questo aggiungiamo il nostro timore che, magari in piccola percentuale, questo sia stato un delitto etnico, come forse quello del ghanese Kabobo, che uccise tre persone a picconate. Sicuramente sarebbe stato un delitto etnico quello dell’autobus che avrebbe dovuto bruciare con 51 ragazzini dentro. Ousseynou Sy, l’autista che nei pressi di San Donato Milanese nel 2019 ha dirottato verso Linate un bus con a bordo 51 ragazzini di una scuola media di Crema, ha dato fuoco al bus dichiarando di volerli uccidere per fermare le morti nel Mediterraneo. Ragazzini quindi «puniti» in quanto appartenenti a un popolo «colpevole» di vivere al sicuro.
Descrivo questi episodi di qualche anno fa perché sono paradigmatici. Una nazione sana di mente con governanti sani di mente e una magistratura che ami e rispetti il popolo, dopo questi episodi avrebbe dovuto chiudere i porti e bloccare l’ingresso di individui che nei loro Paesi di origine sarebbero anche stati funzionali; ma che trapiantati malamente in una realtà che loro giudicano da un lato inarrivabile, dall’altro il giusto oggetto della loro predazione in quanto la disprezzano per motivi religiosi, diventano perdenti radicali. Da allora sono migliaia gli attacchi, persone uccise, oppure ragazzi e ragazzini aggrediti e umiliati per rubare cellulari e altro, ma soprattutto per levare la dignità, per calpestare. Sono migliaia le donne aggredite, dalle molestie fino allo stupro: la motivazione non è il desiderio erotico, ma il desiderio di umiliare e sporcare una donna che difficilmente si accompagnerebbe, quindi è irraggiungibile, ma che comunque è anche un’infedele che è giusto umiliare.
A questo punto pretendiamo di essere rassicurati, non di essere insultati. Se questa nostra teoria è vera, i vari intellettuali, psichiatri, personaggi politici, disegnatori, cantanti e attori, gerarchie religiose, dirigenti del Pd e chef alla moda, che passano il loro tempo a spiegarci che i veri responsabili in realtà siamo noi che non siamo abbastanza buoni, accoglienti e generosi, stanno facendo un disastro, perché con le loro incaute parole stanno aumentando il risentimento e l’odio verso di noi e verso i nostri figli. Pretendiamo di poter girare nelle nostre strade come si girava fino a 20 anni fa, con la certezza che nessuno ci avrebbe accoltellato o preso a picconate.
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