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L’élite tifa Hollande perché il popolo lo odia
François Hollande (Ansa)
I progressisti sono così democratici che pur di contraddire gli elettori fanno i «cordoni sanitari». E ripescano il leader meno amato di sempre per fermare Le Pen e Mélenchon. L’obiettivo è un governo di coalizione guidato da chi chiamava i poveri «gli sdentati».
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Macron va al vertice Nato con un Paese in crisi di nervi. Nuova indagine per Le Pen
Emmanuel Macron (Ansa)
  • Ministri in pressing: «Non lasci la Francia ora». L’Eliseo tira dritto, mentre la sinistra si spacca. Il leader socialista Faure sfida Mélenchon: «Pronto a fare il premier».
  • Dopo l’avvertimento di Standard & Poor’s, l’agenzia di rating Usa mette in guardia sull’abrogazione della riforma delle pensioni e sulla nuova legge di Bilancio francese.

Lo speciale contiene due articoli.

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Agli anti Le Pen resta solo il tecnopastrocchio
François Hollande (Ansa)
Macroniani ed estrema sinistra fanno desistenze contro il Rassemblement national, ma entrambi dicono no a un governo di larghe intese. E se vincono loro, che succede? Sempre più possibile un esecutivo tecnico, ma François Hollande sgomita per tornare in ballo.
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Dai massoni appello contro la Le Pen
François Hollande (Ansa)
I Gran maestri si schierano per fermare «il ritorno dell’estrema destra al potere». I loro «servigi» alla Repubblica furono omaggiati già dall’ex presidente François Hollande.
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I fustigatori europei dell'Italia presi a sberle dai loro elettori
ANSA

L'elenco è lungo e comincia con un signore di nome Pierre Moscovici. In Francia il suo partito non esiste praticamente più, spazzato via dalle ultime elezioni e costretto a vendere la storica sede di Parigi per ripagare i debiti. Tuttavia, sebbene il Partito socialista francese sia in liquidazione o quasi, l'ex ministro dell'Economia di François Hollande in Europa detta ancora legge, stabilendo che cosa sia giusto fare e chi si debba mettere in castigo per non essersi comportato come dovrebbe.

Nell'Europa dei trombati non si può dimenticare il nome di maggior spicco, ossia quello di Jean Claude Juncker. Costui è da quattro anni il presidente della Commissione europea. Tanto per intenderci, se l'Ue fosse equiparabile all'America, se cioè esistessero davvero gli Stati Uniti d'Europa come nelle intenzioni dei padri fondatori, l'avvocato lussemburghese che occupa la poltrona più importante sarebbe l'equivalente di Donald Trump. Ahinoi, purtroppo invece è solo Juncker, e dell'inquilino della Casa Bianca una pallidissima imitazione. Juncker è in politica da oltre quarant'anni e ha sempre militato nel Partito popolare cristiano sociale. Per quasi vent'anni è stato primo ministro del suo Paese, ma nel 2013 ha dovuto rassegnare le dimissioni per lo scandalo dei servizi segreti. Gli 007 del Granducato per anni avrebbero spiato e schedato illegalmente decine di migliaia di persone. Il suo partito fu bastonato dagli elettori e Juncker fu indotto a fare le valigie. Essendo stato sconfitto in casa propria, ovviamente gli fu subito offerta una poltrona in Europa. Il Partito popolare europeo, infatti, lo candidò alla guida della Ue. Così, una volta sconfitto in patria, Juncker si è ritrovato vincente a Bruxelles.

Dell'elenco non può essere escluso neppure l'italiano Antonio Tajani, un tranquillo signore che ha percorso tutta la sua lunga carriera politica all'ombra di Silvio Berlusconi. Per anni l'esponente di Forza Italia si è occupato di Europa, facendo senza dare troppo fastidio a nessuno il commissario europeo ai trasporti e all'industria. Poi il grande salto: alla fine del 2017 divenne presidente del Parlamento europeo. Peccato che la nomina coincise con il tracollo del suo partito, di cui nel frattempo era divenuto vicepresidente.

Insomma, oggi gli uomini che rappresentano l'Europa sono quasi tutti sconfitti in casa propria e alle prossime elezioni europee, che si terranno in primavera, rischiano il colpo finale. Se l'avanzata dei partiti sovranisti non sarà fermata, tutti loro dovranno fare le valigie e molto probabilmente senza avere un piano B. È questa la ragione dello scontro in atto. Dopo aver governato per decenni, l'élite europea si rende conto che è arrivata la resa dei conti. Non è l'Europa sotto accusa: è la classe dirigente che l'ha guidata.

Tempo fa uno di costoro, tal Günther Oettinger, un tirapiedi di Angela Merkel, disse che i mercati avrebbero insegnato agli italiani a votare. Ecco, ciò che sta accadendo è ciò che Oettinger minacciò. Agli italiani, anzi agli europei che si ribellano, la nomenklatura sconfitta nelle urne, risponde con lo spread e le minacce. Gli italiani non hanno che da decidere a chi darla vinta.

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