2024-07-04
Agli anti Le Pen resta solo il tecnopastrocchio
Macroniani ed estrema sinistra fanno desistenze contro il Rassemblement national, ma entrambi dicono no a un governo di larghe intese. E se vincono loro, che succede? Sempre più possibile un esecutivo tecnico, ma François Hollande sgomita per tornare in ballo.La politica francese rimane in subbuglio in attesa del secondo turno delle elezioni legislative che si terrà domenica. Anche ieri si sono rincorse dichiarazioni e smentite sull’ipotesi di una grande coalizione di governo composta da tutti i partiti, tranne il Rassemblement national. L’impressione è che ci sia molta confusione tra le forze di governo attuali, i macronisti, o passate, i socialisti, insieme ai loro alleati oltre alla destra di sistema. Queste formazioni politiche sono pronte a tutto, pur di non lasciare governare il Rassemblement national.Dopo aver parlato martedì di una futura Assemblea nazionale «plurale», ieri il premier Gabriel Attal ha evocato su radio France Inter un altro scenario fumoso, quello di un potere «nelle mani di un governo di estrema destra» o «nelle mani del parlamento». Per essere un primo ministro che è l’espressione di una forza politica che da sette anni ricorre ampiamente all’articolo della Costituzione che permette al governo l’approvazione di provvedimenti senza dibattito in aula, quella di Attal è stata un’uscita sorprendente. Comunque sia, il premier ha anche ammesso che «attualmente c’è un blocco capace di avere una maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, è l’estrema destra».Parole più chiare di quelle del capo dell’esecutivo sono arrivate dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron che, secondo dei membri del suo staff citati da Le Figaro, ha detto che «non ci sarà una coalizione con La France Insoumise (Lfi)» e «nemmeno un voto deve andare al Rassemblement national (Rn)». Va però detto che, nelle ultime settimane Macron ha detto tutto e il suo contrario. Ma il fatto di dire che non farà una coalizione con l’estrema sinistra di Lfi, può anche significare che, dopo sette anni trascorsi a farsi passare come un liberale, un semplificatore, un fratello maggiore degli startupper, ora Macron è pronto a fare un esecutivo anche con il Partito comunista (Pcf) e quello socialista (Ps), pur di stare al potere. A sollevare i veti dei macronisti pare infatti essere solo una parte del Nouveau Front populaire, ovvero il partito di Jean-Luc Mélenchon. Per ribadire l’opposizione a Lfi ieri sono intervenuti anche alcuni colonnelli macronisti. Lo staff del ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha confermato all’agenzia France Presse che il titolare del Viminale francese «non voterà mai per l’Rn e per Lfi». L’ex premier, venuto dalla destra dei Républicains (Lr) Edouard Philippe ha invece detto di essere pronto a votare per il candidato del Pcf nella sua circoscrizione.A sinistra c’è chi, come la segretaria dei Verdi Marine Tondelier, non sarebbe troppo contraria ad una grande coalizione con i macronisti. Ma dei pezzi grossi del Nouveau Front Populaire (Nfp), del quale fanno parte anche i verdi, escludono questa ipotesi. È il caso della deputata Lfi Sandrine Rousseau che, su France 2, ha detto di non essere pronta a «cambiare il nostro programma» e di non volere «tradire gli elettori».Ma se la sinistra non vuole governare con i macronisti e viceversa, nel caso in cui Jordan Bardella e Marine Le Pen non ottenessero una maggioranza assoluta, chi governerà la Francia? Un esecutivo tecnico? Difficile dirlo ma bisogna essere ciechi per non vedere un discreto attivismo di alcuni «ex». Oltre a fare le proprie dichiarazioni di voto, ieri l’ex premier Philippe ha anche dichiarato di voler ricostruire «la destra e il centro» dopo li voto. Nello schieramento opposto, l’ex presidente François Hollande che è candidato alle legislative, ha cercato di farsi passare per padre della patria, dichiarando su Franceinfo di essere favorevole all’introduzione del proporzionale. Chissà perché non ha ridotto la quota maggioritaria durante i cinque anni in cui è stato inquilino dell’Eliseo. Lasciando da parte il passato, per il futuro forse Philippe e Hollande si immaginano dei perfetti primi ministri di coalizione e «garanzia» in un governo «di unità nazionale» (ma senza i lepenisti), capaci di rassicurare gli elettori moderati.Le strategie di palazzo però appaiono sempre più distanti dal quotidiano dei francesi. Una prova ulteriore è arrivata da un’inchiesta, realizzata da Ipsos in partenariato con il Cevipof, Sciences Po e il quotidiano Le Monde. Secondo questo studio, nel corpo docente (storicamente a sinistra) un professore su cinque sarebbe pronto a votare Rn.Sul terreno intanto, anche nella giornata di ieri c’è stata un’aggressione ai danni di una candidata Rn in Savoia. La vittima è la deputata europea Marie Dauchy. A fine pomeriggio, un uomo è stato incarcerato. Invece la candidata Nfp, Christelle Druillole ha annunciato di voler denunciare la sua rivale Rn per ingiurie e diffamazione. Il premier Attal ha dichiarato a fine pomeriggio che «oltre un candidato su quattro» del Rn «ha fatto dichiarazioni razziste, antisemite o omofobe» tuttavia, a fine mattinata dopo il consiglio dei ministri, la portavoce del governo, Prisca Thévenot non ha condannato espressamente il brano rap anti Rn estremamente violento, uscito ieri. La portavoce ha solo detto che «non è necessario essere volgari» per combattere il partito di Le Pen.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)