Prosegue a fari spenti la campagna elettorale dentro Confindustria, in attesa che il 4 aprile venga scelto il nuovo presidente che prenderà il posto di Carlo Bonomi. Eppure, nonostante i richiami al silenzio e alla riservatezza di questa fase, da viale dell’Astronomia continuano a uscire spifferi e indiscrezioni. Con tutta probabilità il prossimo 15 marzo i saggi stabiliranno chi saranno i candidati che si sfideranno, ovvero quelli che hanno almeno il 20% dei voti dell’assemblea. Al momento se ne calcolano solo due, ovvero Emanuele Orsini e Edoardo Garrone. Per Alberto Marenghi e Antonio Gozzi la sfida è sempre in salita. Se per il primo si dà per certo il ritiro ufficiale nei prossimi giorni, il secondo è invece ancora convinto di potercela fare (cioè di arrivare al 20%), anche se, stando a quanto risulta alla Verità, avrebbe solo il 16% del voto assembleare. Per di più i sostenitori di Gozzi non sembrano volerlo aiutare. Ieri mattina sul Secolo XIX di Genova, l’amministratore delegato di Ansaldo Energia Fabrizio Fabbri ha pensato bene di annunciare il suo appoggio al presidente di Federacciai. «Mi piacerebbe vedere al vertice di Confindustria Antonio Gozzi», ha detto Fabbri, dimenticandosi che in Liguria i candidati sono 2 e che a fine gennaio il ministero dell’Economia aveva chiesto espressamente alle aziende partecipate di non esprimere preferenze per la corsa alla presidenza di Viale dell’Astronomia. Per di più, nemmeno una settimana fa, proprio la commissione esaminatrice dei candidati, aveva chiesto «l’impegno ad esprimere ed a rappresentare le proprie opinioni sul rinnovo della Presidenza nell’unica […] con la massima attenzione alla riservatezza sui contenuti delle audizioni e degli orientamenti espressi». A quanto pare a sostenere Gozzi nella sua battaglia ci sarebbe anche Bonomi, il presidente uscente, che sta provando in tutti modi a ritagliarsi un ruolo istituzionale dopo la parentesi di Confindustria: avrebbe anche chiesto a qualche candidato di ritirarsi per far posto a Gozzi. Di sicuro un incarico l’ha intanto trovato Alessia Magistroni, già in Assolombarda come direttore della comunicazione e relazione esterne, quindi in viale dell’Astronomia come direttore comunicazione brand proprio durante la presidenza di Bonomi. Magistroni sarà da domani primo marzo direttrice relazioni esterne & comunicazione di Fiera Milano, dove Bonomi è (guarda caso) presidente. Il nome Magistroni evoca malumori e mal di pancia dentro viale dell’Astronomia. Del resto, pochi mesi fa, proprio su di lei, si consumò una spaccatura insanabile dentro Confindustria, che portò all’uscita della direttrice generale Francesca Mariotti, che dal 2007 si occupava per l’associazione di politiche fiscali. Mariotti si era infatti rifiutata di firmare la liquidazione della Magistroni, dopo mesi di attriti e scontri verbali. D’altra parte, la nuova direttrice relazioni esterne di Fiera era stata accostata in quei mesi sia alla Lega calcio sia alla Luiss, due realtà in cui anche Bonomi aveva provato a ritagliarsi un ruolo, senza successo. Falliti quei tentativi Magistroni avevano chiesto di andarsene con una liquidazione all’altezza a cui Mariotti si era opposta. A quanto apprende La Verità, la liquidazione richiesta poi è arrivata, come anche l’incarico in Fiera Milano, con la benedizione di Bonomi. Per di più, circola a Milano l’indiscrezione che Magistroni si sarebbe già candidata a diventare direttore generale di Assolombarda. Qui però sembra che la sfida si faccia più difficile, anche perché in via Pantano hanno preso da tempo le distanze dall’ex presidente Bonomi.
In Fiera Milano il meglio della produzione italiana e internazionale. L'area Micam X ospiterà le nuove tendenze fra sostenibilità, innovazione del retail ed eventi.
A Milano per quattro giorni la calzatura sarà protagonista. Dal 19 al 22 febbraio torna MICAM il salone internazionale della Calzatura a Fiera Milano. Alla sua 95esima edizione vedrà in mostra 988 marchi, di cui 451 di espositori internazionali. Tra i nuovi brand che si potranno apprezzare, Alberto Guardiani, Buffalo Boots, Cult, Kenneth Cole, Luciano Padovan, Oxs.
Forte dei consensi di un mercato in ripresa, la manifestazione darà alle aziende espositrici e ai buyer nazionali e internazionali tante opportunità di incontro e di business.
Al Padiglione 1 della Fiera ci sarà l’area MICAMX per fornire aggiornamenti sei temi pià importanti per il settore grazie alla presenza di grandi ospiti, best practice e importanti testimonianze internazionali, declinate nei quattro filoni del concept: trends & materials, sustainability, art fashion heritage & future e the future of retail.
L’area Trends & Materials, in collaborazione con Lineapelle, si trasformerà in un’esposizione di materiali e componenti: uno strumento per i buyer con una guida di tutti i must have delle collezioni Autunno Inverno 2023-2024.
C’è spazio anche per le nuove tecnologie: l’area future of retail ospiterà alcune aziende che propongono tecnologie avanzate per il mondo del retail calzaturiero ma tenendo l’uomo al centro dell’esperienza. Dalla profilazione del consumatore, alla realtà aumentata, fino alle live shopping experience con influencer virtuali.
Il tema della sostenibilità secondo MICAM X, troverà la sua massima espressione nella nuova area VCS Verified & Certified steps, il primo marchio di certificazione per il settore calzaturiero che viene concesso alle imprese che intraprendono un percorso di valutazione, misurazione e, soprattutto, miglioramento delle performance riguardo ai principali aspetti della sostenibilità aziendale secondo gli standard riconosciuti a livello internazionale.
Micam con Art, Fashion, Heritage & Future come sempre continua a dare spazio ai giovani e investe in iniziative che puntano a promuoverne il talento. Giovani realtà italiane, che guardano al mondo con curiosità e creatività e puntano al settore della calzatura e della moda per promuovere le proprie idee rivoluzionarie. In collaborazione con Startup Bootcamp e grazie al supporto di ICE e MAECI.
Infine il MICAM Tales Square: il capitolo conclusivo della campagna di comunicazione #micamtales che ha portato in fiera, dal 2020 ad oggi, il mondo incantato delle fiabe. I visitatori potranno ritirare una copia gratuita del libro “Scarpe da Favola”, promosso da Assocalzaturifici e realizzato grazie al contributo di Ice e MAECI e visitare la mostra dedicata allestita alla MICAM Tales Square.
Le tangenti in Fiera Milano scoperte grazie a un esposto dell'amministratore delegato
E' grazie alla denuncia in procura di Milano presentata da Luca Palermo che è stato arresto Massimo Hallecker, ex manager dell'ufficio acquisti, già rimosso dall'incarico e assunto dai vecchi vertici dell'ente fieristico. Chiedeva il 5% di mazzette sugli appalti.
Un esposto di Luca Palermo, attuale amministratore delegato di Fiera Milano, ha permesso di smantellare un giro di tangenti che aveva coinvolto ancora Nolostand, la società controllata che era già stata commissariata nel 2016 per infiltrazioni delle criminalità organizzata. Era stato il pm Paolo Storari a occuparsene. E adesso ritorna a indagare, insieme con il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli. Ne emerge un quadro a tinte fosche, in particolare per la gestione della sezione acquisti che si era insediata con i precedenti vertici di Fiera Milano.
Stando alle 140 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, Massimo Hallecker, ex manager dell'ufficio acquisti di Fiera Milano (rimosso dall'incarico dal 31 ottobre scorso) arrestato dalla Guardia di finanza di Milano per corruzione, per «un cospicuo arco temporale», avrebbe violato «il dovere di imparzialità, al fine di assegnare a proprio piacimento alcuni appalti in cambio di utilità o della promessa di utilità». Scrive nell’ordinanza gip Domenico Santoro. Le indagini - partite da una denuncia della stessa Fiera Milano - hanno fatto emergere come l'ex dipendente di 56 anni avrebbe incassato tangenti per pilotare tre appalti aventi un valore complessivo di 16,5 milioni di euro banditi da Fiera Milano e dalla controllata Nolostand. Palermo aveva presentato l’esposto alla fine dello scorso anno, raccontando che «Alberto Mantegazza» - suo socio in un club di motociclismo, gli aveva raccontato che che «un dipendente di Fiera Milano, Massimo Hallecker impiegato nella direzione acquisti di gruppo come senior buyer, avrebbe ricevuto due dazioni in denaro, rispettivamente di 150.000 a 100.000 al fine di favorire il consorzio Cs Logistics, assegnatario di una gara di appalto per la gestione del magazzino esterno di Nolostand., società internamente posseduta da Fiera Milano e che si occupa di allestimenti fieristici».
Questi pagamenti «sarebbero state effettuati da parte di una certa Marianna Tedesco, responsabile della società Luma, che ne avrebbe riferito a tale Francesco Covello, titolare del consorzio Cs Logistics. A sua volta, lo avrebbe riferito confidenzialmente al Alberto Mantegazza, che si era sentito in dovere di informarmi ...». Tra gli indagati, persone fisiche e società, ci sono Gabriele Dalla Venezia, manager di Electric srl, Domenico Seidita (Idea servizi srl), i fratelli William e Massimiliano Fabbro (Fabbro Logistics Management & services, oggi Fabbro Facility) già coinvolti nell'inchiesta su presunte tangenti legati ad appalti nelle mense scolastiche, Silvestro Riceputi, socio di un consorzio nella cui compagine societaria comparirebbe anche Hallecker. In particolare nel mirino sono finiti due appalti che sarebbero stati pilotati a favore di Electric srl e ripagati con circa 20mila euro, con la causale fittizia di 'acquisto mobili usati' e 'acquisto Rolex'. Un altro appalto - per la gestione dei servizi logistici per il magazzino Nolostand a Lainate, del valore di otto milioni di euro - avrebbe portato i fratelli Fabbro a corrispondere a Hallecker somme di denaro non quantificate, e l'affidamento di commesse - uno anche da 25 milioni di euro - a società o consorzi in cui l'ex manager avrebbe avuto interessi economici o quote societarie, insieme agli altri indagati.
Era una situazione che durava da tempo. O almeno questo si intende leggendo le carte dell'inchiesta. Lo spiega un imprenditore 'arrabbiato', Emilio Baldolini di Puntolegno, che a proposito del senior buyer afferma: «a quello bisognerebbe fare un esposto in procura...» per la presunta pretesa «di un riconoscimento di un benefit del 5% sul valore di eventuali forniture», si legge nell'ordinanza. «Alcuni elementi indiziari, ancora da approfondire a livello investigativo; lasciano, poi, pensare all'esistenza di un sistema corruttivo più ampio, di cui Hallecker non sembra essere il solo protagonista» in cui va riconosciuto «quello che bisogna dare... il cinque': quasi che, insomma, per una sorta di prassi costante, che pare ergersi quasi a regola, l'affidamento di un qualche appalto fra quelli gestiti da Fiera Milano spa dovesse avere, quale prezzo, un ammontare corrispondente al 5% dell'importo dell'appalto», si legge nell'ordinanza.
«Io ho affidato a Fabbro l'appalto del magazzino. Loro non erano i più competitivi e lo sai che c'era un'offerta più competitiva». Dice in un'intercettazione Hallecker . L'intercettazione riguarda la gara relativa al contratto di gestione integrata, logistica e trasporti dei magazzini di Fiera Milano Nolostand del valore di circa 8 milioni di euro. Secondo il nucleo di polizia economico-finanziaria e il pm Storari, Hallecker con l'affidamento illecito avrebbe ricevuto una «somma di denaro di ammontare allo stato non determinata» e "l'affidamento a Idea Servizi", società riconducibile da un imprenditore in stretti rapporti personali con lui, del «92,82% dei lavori già appaltati a Fabbro da Fiera Milano».
Navigando a vista si finisce sugli scogli. È ciò che sta accadendo al Pd in Lombardia, impegnato in queste settimane su due fronti decisivi: le stanche critiche alla sanità regionale (a partire dall'ospedale in Fiera) e la promozione de La resa, il bestseller di Pierfrancesco Majorino. Durante il lockdown l'europarlamentare ha avuto molto tempo a disposizione - i centri sociali erano chiusi, il gay pride rinviato - e lo ha dedicato con eleganza a stroncare chi stava in trincea a lottare contro il virus cinese. Adesso qualche copia vorrebbe venderla.
Critiche e libro, non si sa quale sia la causa e quale la conseguenza. Fatto sta che da tre giorni l'area che va dal progressismo di governo ai pittoreschi Carc è di nuovo in fibrillazione contro la giunta regionale. Sabato il partito ha lanciato una mobilitazione con l'allestimento di un centinaio di banchetti per sottolineare che «in Lombardia non è andato tutto bene». Una banalità squassante rilanciata nell'epicentro del Covid italiano, nell'intento furbesco di buttarla in politica per «cambiare radicalmente il sistema sanitario regionale» - dove 150.000 persone ogni anno si recano da ogni parte d'Italia per guarire -, e forse avvicinarlo a quello del Molise o della Calabria. Tutto questo proprio mentre l'agenzia Moody's stava confermando il rating della Lombardia, superiore a quello dell'Italia.
Il secondo step dell'offensiva d'estate è avvenuto ieri, quando il Pd ha organizzato la settima conferenza stampa per criticare ancora una volta l'ospedale in Fiera, che se fosse convertito in centro diagnostico contro gli attacchi di bile potrebbe guarire le cistifellee di mezzo partito e di un buon numero di giornalisti al seguito. Il consigliere regionale Carlo Borghetti ha accusato: «Pensavamo che l'ospedale in Fiera fosse stato costruito con i soldi delle donazioni invece scopriamo che è stata Aria, la centrale acquisti regionale, a comprare le attrezzature. Si sono spesi soldi dei cittadini lombardi che non sappiamo se e come saranno rimborsati. Pensavamo che ci fosse un piano per gli ospedali che servisse immediatamente per il ritorno del virus in autunno, invece la delibera Piano di riordino, altro non è che la risposta al governo sulla necessità di confermare le terapie intensive».
Il Pd fa le pulci alle donazioni e accende i riflettori su 53 milioni mai usati a fronte della richiesta di 7 al governo per pagare le apparecchiature. La critica appare strumentale per numerosi motivi. Primo perché la Regione Lombardia fu la prima, in piena ondata coronavirus e mentre il governo non mandava a Milano, a Bergamo, a Brescia neppure le mascherine, a finanziare una filiera per realizzare dispositivi di protezione individuale da 900.000 pezzi al giorno, fondamentali per medici e infermieri. Quindi se Roma deve 7 milioni al Pirellone è giusto che li dia. E se ha in animo di destinare fondi è giusto che questi comprendano anche la Lombardia, che fino a prova contraria è in Italia.
Secondo, perché l'ospedale, anche se è vuoto (per fortuna), è un baluardo esistente nell'eventualità della seconda ondata ottobrina, spesso evocata proprio dal ministro della Salute, Roberto Speranza, e dai tecnici governativi. Forse Borghetti non ricorda che i tromboneschi modelli matematici sbandierati dall'oracolo di Palazzo Chigi, Walter Ricciardi, prevedevano 150.000 ricoverati a giugno e 500.000 a dicembre. Di conseguenza è presto per trarre conclusioni sulla destinazione di parte delle donazioni. Di questi tempi i soldi è meglio averli che doverli elemosinare.
Il terzo motivo di perplessità per la grancassa di luglio contro l'ospedale deriva da una delusione: così intenti a imparare a memoria il libro di Majorino, i leader del Pd lombardo non sono arrivati neppure alla lettura del secondo punto del decreto Rilancio. Dove il premier Giuseppe Conte (sostenuto dal Pd) stanzia 800 milioni di euro perché vengano «incrementate le terapie intensive» in dieci Regioni d'Italia esattamente sull'esempio di quelle al Portello. In questo caso il corto circuito è totale: mentre con la mano sinistra il Pd getta fango sull'ospedale realizzato dai milanesi per i milanesi (Silvio Berlusconi in testa), con la destra chiede alle altre Regioni di copiarlo e ne finanzia pesantemente l'operatività.
Navigando a vista si finisce sugli scogli. Ieri era anche un giorno sbagliato per gettare la spazzatura sui piedi di Attilio Fontana, perché due enti terzi non propriamente marginali hanno valutato positivamente il lavoro della Lombardia. La Corte dei Conti per prima. Ha promosso il bilancio 2019: saldo contabile positivo per 1,1 miliardi, risultato disponibile di 116 milioni, segnale di una solidità economica invidiabile. Secondo parere positivo, quello dell'agenzia di rating Moody's, che ha attribuito alla Lombardia Baa2 con outlook stabile, rating superiore a quello dell'Italia.
L'agenzia ha evidenziato «la robusta liquidità e flessibilità tributaria, il basso profilo di debito, il sistema sanitario in equilibrio e l'economia forte». Col permesso del Pd (che quel sistema sanitario vorrebbe smantellare), la Lombardia potrebbe perfino prestare soldi all'Olanda.
La tripletta di Bonomi: dopo Confindustria diventa presidente e ad di Fiera Milano
Dopo le dimissioni di Fabrizio Curci il numero uno di viale dell'Astronomia prende le deleghe operative dell'ente fieristico. Non accadeva da vent'anni, da quando c'era Flavio Cattaneo. Nel frattempo Italian Exhibition ha manifestato l'interesse a valutare un'operazione di integrazione con il gruppo Bologna Fiere.
Non c'è 2 senza 3. E così Carlo Bonomi, in pochi mesi, riesce a conquistare il suo terzo incarico. Dopo essere stato nominato presidente di Confindustria aveva avuto la presidenza di Fiera Milano. Ora, dopo le dimissioni nelle scorse settimane di Fabrizio Curci, conquista anche le deleghe di amministratore delegato. Non accadeva da più di vent'anni, ovvero da quando l'ente fieristico era gestito da Flavio Cattaneo, attuale vicepresidente di Italo.
In un comunicato molto stringato Fiera Milano spa. informa che, facendo seguito alle dimissioni del dottor Fabrizio Curci, il consiglio di Amministrazione, riunitosi in data odierna, ha deliberato di conferire le deleghe operative al dottor Carlo Bonomi, presidente del consiglio di amministrazione». La scelta di affidare l'ennesimo incarico al presidente di Confindustria conferma le indiscrezioni delle ultime settimane. Ovvero che le dimissioni di Curci hanno spiazzato i vertici di Fiera. In questi giorni si è cercato di trovare un candidato alternativo, ma il settore fieristico vive uno dei periodi storici più difficili dovuti all'emergenza sanitaria. Non ci sono certezze sulle riaperture e il fatturato dello scorso anno, quasi 300 milioni di euro, appare un miraggio nel 2020. Nel frattempo c'è chi inizia a riorganizzarsi.
E' notizia di due giorni fa che ha ripreso forza la fusione tra 2 colossi del settore fieristico in Italia. Italian Exhibition Group S.p.A. ha manifestato l'interesse a valutare un'operazione di integrazione con il gruppo Bologna Fiere, conferendo mandato al presidente e all'amministratore.







