2020-07-21
Il Pd critica l’ospedale in Fiera, ma lo copia
I dem gettano ancora fango sul centro Covid di Milano. Ma Conte, con cui governano, ha stanziato 800 milioni per replicarlo in altre Regioni. Intanto la Lombardia è promossa dalla Corte dei Conti e da Moody's: il suo rating è superiore a quello italiano.Navigando a vista si finisce sugli scogli. È ciò che sta accadendo al Pd in Lombardia, impegnato in queste settimane su due fronti decisivi: le stanche critiche alla sanità regionale (a partire dall'ospedale in Fiera) e la promozione de La resa, il bestseller di Pierfrancesco Majorino. Durante il lockdown l'europarlamentare ha avuto molto tempo a disposizione - i centri sociali erano chiusi, il gay pride rinviato - e lo ha dedicato con eleganza a stroncare chi stava in trincea a lottare contro il virus cinese. Adesso qualche copia vorrebbe venderla. Critiche e libro, non si sa quale sia la causa e quale la conseguenza. Fatto sta che da tre giorni l'area che va dal progressismo di governo ai pittoreschi Carc è di nuovo in fibrillazione contro la giunta regionale. Sabato il partito ha lanciato una mobilitazione con l'allestimento di un centinaio di banchetti per sottolineare che «in Lombardia non è andato tutto bene». Una banalità squassante rilanciata nell'epicentro del Covid italiano, nell'intento furbesco di buttarla in politica per «cambiare radicalmente il sistema sanitario regionale» - dove 150.000 persone ogni anno si recano da ogni parte d'Italia per guarire -, e forse avvicinarlo a quello del Molise o della Calabria. Tutto questo proprio mentre l'agenzia Moody's stava confermando il rating della Lombardia, superiore a quello dell'Italia. Il secondo step dell'offensiva d'estate è avvenuto ieri, quando il Pd ha organizzato la settima conferenza stampa per criticare ancora una volta l'ospedale in Fiera, che se fosse convertito in centro diagnostico contro gli attacchi di bile potrebbe guarire le cistifellee di mezzo partito e di un buon numero di giornalisti al seguito. Il consigliere regionale Carlo Borghetti ha accusato: «Pensavamo che l'ospedale in Fiera fosse stato costruito con i soldi delle donazioni invece scopriamo che è stata Aria, la centrale acquisti regionale, a comprare le attrezzature. Si sono spesi soldi dei cittadini lombardi che non sappiamo se e come saranno rimborsati. Pensavamo che ci fosse un piano per gli ospedali che servisse immediatamente per il ritorno del virus in autunno, invece la delibera Piano di riordino, altro non è che la risposta al governo sulla necessità di confermare le terapie intensive».Il Pd fa le pulci alle donazioni e accende i riflettori su 53 milioni mai usati a fronte della richiesta di 7 al governo per pagare le apparecchiature. La critica appare strumentale per numerosi motivi. Primo perché la Regione Lombardia fu la prima, in piena ondata coronavirus e mentre il governo non mandava a Milano, a Bergamo, a Brescia neppure le mascherine, a finanziare una filiera per realizzare dispositivi di protezione individuale da 900.000 pezzi al giorno, fondamentali per medici e infermieri. Quindi se Roma deve 7 milioni al Pirellone è giusto che li dia. E se ha in animo di destinare fondi è giusto che questi comprendano anche la Lombardia, che fino a prova contraria è in Italia.Secondo, perché l'ospedale, anche se è vuoto (per fortuna), è un baluardo esistente nell'eventualità della seconda ondata ottobrina, spesso evocata proprio dal ministro della Salute, Roberto Speranza, e dai tecnici governativi. Forse Borghetti non ricorda che i tromboneschi modelli matematici sbandierati dall'oracolo di Palazzo Chigi, Walter Ricciardi, prevedevano 150.000 ricoverati a giugno e 500.000 a dicembre. Di conseguenza è presto per trarre conclusioni sulla destinazione di parte delle donazioni. Di questi tempi i soldi è meglio averli che doverli elemosinare.Il terzo motivo di perplessità per la grancassa di luglio contro l'ospedale deriva da una delusione: così intenti a imparare a memoria il libro di Majorino, i leader del Pd lombardo non sono arrivati neppure alla lettura del secondo punto del decreto Rilancio. Dove il premier Giuseppe Conte (sostenuto dal Pd) stanzia 800 milioni di euro perché vengano «incrementate le terapie intensive» in dieci Regioni d'Italia esattamente sull'esempio di quelle al Portello. In questo caso il corto circuito è totale: mentre con la mano sinistra il Pd getta fango sull'ospedale realizzato dai milanesi per i milanesi (Silvio Berlusconi in testa), con la destra chiede alle altre Regioni di copiarlo e ne finanzia pesantemente l'operatività.Navigando a vista si finisce sugli scogli. Ieri era anche un giorno sbagliato per gettare la spazzatura sui piedi di Attilio Fontana, perché due enti terzi non propriamente marginali hanno valutato positivamente il lavoro della Lombardia. La Corte dei Conti per prima. Ha promosso il bilancio 2019: saldo contabile positivo per 1,1 miliardi, risultato disponibile di 116 milioni, segnale di una solidità economica invidiabile. Secondo parere positivo, quello dell'agenzia di rating Moody's, che ha attribuito alla Lombardia Baa2 con outlook stabile, rating superiore a quello dell'Italia. L'agenzia ha evidenziato «la robusta liquidità e flessibilità tributaria, il basso profilo di debito, il sistema sanitario in equilibrio e l'economia forte». Col permesso del Pd (che quel sistema sanitario vorrebbe smantellare), la Lombardia potrebbe perfino prestare soldi all'Olanda.
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
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