fecondazione artificiale

J-Ax fa l’inno hip hop alla provetta. Ma il «diritto al figlio» non esiste
Ansa
Il rapper prova a commuovere i fan con una canzone in cui racconta la sua storia personale di procreazione assistita. Sognando una società dei desideri realizzati che sembra un incubo. Innanzitutto per i bambini.
Bambini «artificiali» a rischio ipertensione e non solo
Pixabay

La fecondazione artificiale implica la manipolazione in vitro dei gameti e degli embrioni in un momento in cui sono particolarmente vulnerabili. Pertanto, non dovrebbe sorprendere che i bambini risultanti possano essere più facilmente soggetti ad alcune patologie. Del resto, i topi generati con Fiv hanno una durata di vita ridotta rispetto agli altri, e le persone più anziane nate da fecondazione artificiale (si calcola che in tutto siano circa 6 milioni nel mondo) sono solo quarantenni, come Louise Brown: oggi nessuno sa come invecchieranno quelli che una volta erano bambini «artificiali».

Quarant’anni fa la prima nascita da fecondazione artificiale: una data da festeggiare?
Era il 25 luglio 1978 quando all'Oldham General Hospital di Manchester nacque Louise Brown, la prima «figlia» della Fivet (fecondazione in vitro con embryo tranfer) a vedere la luce. Nelle ultime ore i media stanno celebrando questo quarantesimo compleanno come anniversario non tanto di una nascita, quanto di un successo della scienza. Eppure, ci chiediamo: davvero è un «successo» da celebrare, un trionfo della tecnica sulla vita umana tale da elevare la medesima tecnica a origine della vita?
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