Dieci anni di carcere ciascuno per Luca Lucci e Andrea Beretta, volti storici del tifo organizzato milanese, il primo leader della tifoseria del Milan, il secondo dell’Inter. La giudice per l’udienza preliminare Rossana Mongiardo ha emesso ieri le pesanti condanne nell’ambito del processo abbreviato - uno dei filoni dell’inchiesta «Doppia Curva» - che ha svelato intrecci tra ambienti ultrà e criminalità organizzata, al centro di indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano. Lucci, capo della Curva Sud del Milan, è stato riconosciuto colpevole come mandante del tentato omicidio dell’ultrà Enzo Anghinelli, oltre che per associazione a delinquere. Si tratta di una nuova, gravissima accusa per una figura già nota alla giustizia: Lucci ha infatti una fedina penale segnata da condanne passate, tra cui quella per aver aggredito l’interista Virgilio Motta nel 2009, episodio che gli era già costato un anno e mezzo di carcere. E allo stesso tempo è ancora coinvolto in altre inchieste dove è accusato di spaccio internazionale di stupefacenti. In parallelo è arrivata la condanna a 10 anni anche per Andrea Beretta, ex capo della Curva Nord interista, oggi collaboratore di giustizia. Beretta è stato giudicato colpevole per l’omicidio di Antonio Bellocco, altro esponente del direttivo ultrà nerazzurro e rampollo di una famiglia legata alla ’ndrangheta, oltre che per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso. Nel processo, che si è tenuto nell’aula bunker di San Vittore a porte chiuse, la società Milan si è costituita parte civile, una scelta significativa, nonostante il difensore della Curva Jacopo Cappetta abbia più volte fatto notare come la società utilizzi spesso immagini della Curva Sud per vendere merchandising. Di fatto la decisione dei vertici della società segna una netta presa di distanza da parte del club nei confronti dei gruppi del tifo organizzato finiti sotto inchiesta. Il giudice ha riconosciuto una provvisionale di 50.000 euro per i due club, quindi 25 a testa, mentre per la Lega calcio 20.000 euro. È una scelta che ha alimentato tensioni con la Curva (anche perché ora dovranno pagare), già esplose a fine stagione quando i tifosi rossoneri avevano chiesto pubblicamente al club di ritirare la richiesta di risarcimento danni in sede civile. Per di più, da qualche giorno, sui social, come trapelato da fonti vicine alla società, il Milan starebbe valutando di non concedere le prelazioni sugli abbonamenti per la stagione 2025/26 nei settori della Curva Sud, secondo anello blu, tradizionalmente riservati agli ultrà. Nel giorno della sentenza, circa 200 ultras rossoneri hanno organizzato un presidio all’esterno dell’aula bunker, esponendo lo striscione: «Ultras, amicizia, lealtà, fratellanza, aggregazione: noi siamo la Curva Sud, non siamo un’associazione», in chiara contestazione delle accuse dei pm Paolo Storari, Sara Ombra e Leonardo Lesti. Non sono mancati toni duri contro stampa e autorità: «Fatevi i fatti vostri, sono nove mesi che vi fate i nostri. Invece di fare le riprese andate a cercare la verità», ha detto uno dei capi ultrà da dietro le transenne.
- Si è chiusa oggi a Veronafiere la quarta edizione dell'esposizione che mette in mostra tutto ciò che ruota attorno a caccia, tiro sportivo, pesca, nautica, outdoor e cinofilia.
- L'europarlamentare del gruppo Ecr-Fdi e presidente nazionale dell'Associazione culturale rurale Acr, Sergio Berlato: «Le aziende italiane produttrici di armi sono eccellenze riconosciute e apprezzate in tutto il mondo».
Lo speciale contiene due articoli.
La quarta edizione di Eos - European outdoor show - è andata in archivio tra numeri da record, per quanto riguarda i visitatori con oltre 40.000 ingressi registrati in tre giorni presso gli spazi espositivi di Veronafiere, e l'incremento rispetto alle scorse edizioni di espositori - più di 400 aziende per circa 700 marchi - distribuiti tra i cinque padiglioni dedicati interamente a caccia, tiro sportivo, pesca, nautica, outdoor e cinofilia.
Cinque padiglioni nei quali si è concentrato il meglio che l'Italia possa offrire, non solo nel nostro Paese, ma in tutto il mondo, per quanto riguarda le aziende produttrici di armi, di munizioni e di strumenti per la pesca, ma anche abbigliamento. Il settore delle armi e della caccia vale 8 miliardi di euro e occupa oltre 88.000 persone. A Veronafiere è stato possibile ancora una volta percepire la caccia moderna come attività di gestione della fauna e del territorio, attività sostenibile e anche fonte di azioni di volontariato e beneficenza. Per esempio quella del gruppo Cinghiali e Cinghialai che dal 2023 ha raccolto, attraverso una lotteria, circa 30.000 euro con l’obiettivo di donare un Fibro Scan all’ospedale Bufalini di Cesena (FC). Secondo quanto ci ha riferito Alberto Bastianelli, manager Beretta e presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica Romagna Odv, manca ancora circa altrettanto per arrivare alla cifra necessaria all’acquisto del macchinario e, per l’edizione 2025, i cacciatori-donatori hanno deciso di iniziare a vendere i biglietti della lotteria proprio da Eos show. Beretta dal 2023 supporta il progetto donando una carabina BRX1 che rappresenta il primo premio della lotteria. La gara di Carabina a 10 metri dell’Eos Trophy Uits ha visto la trevigiana Debora Crosato (VR) e la tiratrice di Novi Ligure (AL), Federica Donetti mettere in riga il trevigiano Achille Renato Beretta. Pierpaolo Simeoni di Spoleto (PG) ha vinto la gara di Carabina R3 R5.
Nella giornata inaugurale di sabato 8 febbraio, dopo il taglio del nastro che ha visto tra gli altri il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, rivolgere un apprezzamento a una fiera capace di valorizzare le eccellenze italiane e l'assessore di Regione Veneto a Caccia e pesca e sport, Cristiano Corazzari, rimarcare l’importanza del volontariato messo in atto dai cacciatori sul territorio, senza il quale le istituzioni e i cittadini sarebbero in grave difficoltà per la gestione del territorio stesso e della fauna; lo show si è aperto con la presenza dei tiratori azzurri del Tiro a volo e del Tiro a segno che hanno conquistato sei medaglie olimpiche e paraolimpiche a Parigi 2024: Diana Bacosi e Gabriele Rossetti oro nel Mixed Skeet, Silvana Stanco argento nel Trap, Federico Nilo Maldini e Paolo Monna, argento e bronzo in P10, Davide Franceschetti, bronzo P4 di Pistola libera calibro .22 SH1. Presenti anche il presidente di Fitav e Issf Luciano Rossi e il presidente di Uits, Costantino Vespasiano che hanno manifestato vicinanza con i visitatori e gli espositori, perché gli atleti sono campioni che spesso gareggiano fianco a fianco anche con gli amatori. Il tiratore del Gruppo sportivo paralimpico Difesa, Davide Franceschetti, si è reso protagonista di un bel gesto durante la cerimonia di premiazione della gara Eos Trophy di Pistola ad aria compressa che si svolge per il secondo anno all’interno della fiera e ha visto sfidarsi ben 72 tiratori, cioè il massimo numero possibile. Franceschetti ha ceduto il premio speciale che spetta al vincitore al secondo classificato, il vicentino Marco Pusinich.«È giusto così», ha spiegato. «Ho preso parte al contest per vivere una bella giornata assieme ad alcuni amici e colleghi, e per farmi portavoce di un messaggio che aiuti a promuovere il tiro paralimpico. L’Eos Trophy è un torneo molto bello che mette a confronto tiratori che hanno un’esperienza e un vissuto a livello agonistico diverso dal mio. Per questa ragione, chi merita il premio è Marco, un tiratore di ottimo livello che oggi si è battuto alla pari fino all’ultimo tiro». La gara di Pistola a 10 metri è stata vinta da Michele Botti di Soave (VR), davanti ad Alfio Giubbilei di Fucecchio (FI) e ad Alice Bruno di Treviso. La giornata si è conclusa poi con la festa dei dieci anni di Fondazione Una, che in questo periodo di tempo è arrivata a connettere il mondo venatorio con quello ambientalista, agricolo e accademico, ampliando gli orizzonti tradizionali della caccia.Benissimo il primo giorno anche nel padiglione 9 dedicato alla pesca, in particolare alla pesca a mosca con programmi agonistici, varie attività di lancio di precisione rivolte ai giovani e la possibilità di provare le nuove attrezzature messe a disposizione dalle aziende espositrici. Per la prima volta in Italia un’area custom della pesca a mosca, dedicata ad artigiani che costruiscono canne, esche, code, guadini e altri accessori in materiali pregiati e con lavorazioni raffinate. Al fianco della consolidata Italian Fly Tyers show, esposizione che raccoglie ben 45 costruttori europei di esche artificiali che illustreranno la loro arte dal vivo, sui loro tavoli. E un convegno dell’IBRA-Italian bamboo rodmakers association, per diffondere l’arte della costruzione delle canne in bamboo per la pesca a mosca.
«Serve un approccio più razionale e meno ideologico»

Sergio Berlato
Presente a Eos 25 anche Sergio Berlato. L'europarlamentare del gruppo Ecr-Fdi, oltre a essere un grande appassionato di caccia è anche presidente nazionale dell'Associazione culturale rurale Acr, anche quest'anno protagonista della Fiera con un proprio stand. Con Berlato abbiamo provato a fare un bilancio di quest'edizione dell'esposizione, toccando alcuni tra i temi che ruotano attorno al mondo venatorio, dal valore che questo settore rappresenta per l'economia di tutto il Paese, ai pregiudizi e agli approcci ideologici che ancora ne ostacolano lo sviluppo.
Onorevole Berlato, com'è andata questa edizione di Eos?
«Credo che sia stata un'edizione da record. Un successo di pubblico e un aumento degli espositori rispetto all'anno scorso a dimostrazione che è una fiera che continua a crescere attirando espositori e produttori sia dall'Italia che dall'estero. Produttori di armi, munizioni e del settore della pesca, ma va detto che l'elemento trainante rimane la caccia e dimostra la grande vitalità che c'è attorno a questo settore. Serve a far vedere che non è solo lo sfizio di qualcuno che vuole andare a caccia per divertimento o passione, ma c'è economia, occupazione. Solo l'attività venatoria con l'indotto genera 200.000 posti di lavoro. Noi abbiamo le aziende produttrici di armi che sono eccellenze riconosciute e apprezzate in tutto il mondo. Addirittura sono molto più apprezzate in giro per il mondo che non in Italia dove magari l'arma viene vista come un pericolo per se stessi e per gli altri. In realtà l'arma è uno strumento e come tutti gli strumenti non è pericoloso lo strumento ma l'uso distorto che se ne può fare. Anche il coltello da cucina può essere utilissimo se usato in maniera adeguata, ma se viene usato per uccidere può essere un'arma pericolosissima. Quindi bisogna sfatare questo mito secondo il quale bisogna le armi sono foriere di disgrazie, l'arma è solo uno strumento. Dovremmo essere orgogliosi di queste eccellenze e invece quasi ce ne vergogniamo a causa di questo approccio ideologico sbagliato secondo il quale bisogna in tutti i modi demonizzare l'utilizzo delle armi».
Possiamo dire quindi che il mondo venatorio è vivo e vegeto?
«C'è vitalità intorno a questo mondo anche se purtroppo in Italia per le normative assolutamente vessatorie e più restrittiva di tutti i 27 Paesi membri dell'Unione europea. Stiamo tentando di fare in modo di far capire che qui in Italia si dovrebbe cacciare applicando le normative comunitarie, invece noi le applichiamo solo nella parte restrittiva e invece dovremmo applicarle anche nella parte che ci permette di poter dotare le persone interessate di strumenti adeguati per garantire una corretta gestione del patrimonio faunistico, perché la caccia a differenza di come viene vista ideologicamente in Italia come attività negativa più portata a distruggere, in tutta Europa e oserei dire in tutto il mondo, la caccia viene vista come strumento utile e spesso indispensabile per garantire una corretta gestione del patrimonio faunistico e la conservazione degli habitat naturali. È importante che ci sia in Italia un approccio razionale e non ideologico».
Lei è presente a Veronafiere con l'Associazione di cui è presidente.
«Esatto, io sono presidente nazionale di un'associazione culturale che si chiama Associazione per la cultura rurale che si pone l'obiettivo di unire le forze di tutti i portatori della cultura rurale: cacciatori, pescatori, agricoltori, allevatori, pastori, cercatori di funghi. Insomma la parte propositiva e non integralista del mondo ambientalista. Abbiamo preso come elemento di aggregazione la cultura rurale dentro la quale affondano le radici tutte queste attività e creare sinergie in modo da garantire la tutela della fauna selvatica e degli habitat naturali».
Quanto è importante per voi essere qui?
«Dobbiamo mettere in mostra tutto ciò che ruota attorno a queste attività per fare in modo che l'opinione pubblica e le istituzioni possano conoscere queste attività e cosa significhino dal punto di visto economico, occupazionale, sociale, culturale. L'unico modo per difendere le nostre attività è farle conoscere e rispettare».
Anche quest'anno fuori dalla fiera si sono radunati alcuni manifestanti per contestare i visitatori.
«Il paradosso è che ci sono stati oltre 40.000 visitatori che hanno pagato un biglietto per poter venire a passare qualche ora a visitare gli stand, vedere le novità o fare acquisti. Fuori fanno manifestazioni nazionali contro armi e cacciatori e sono, quando va bene, 25 o 40 persone. La cosa strana è che spesso alcuna stampa dà più spazio a quei manifestanti che non ai 40.000 che sono all'interno della fiera, partendo dal presupposto che quelle 40.000 persone sono tutte persone dalla fedina penale perfettamente pulita, perché se così non fosse le autorità competenti non rilascerebbero il porto d'armi. Persone che vengono insulti e e minacciate da soggetti che magari hanno precedenti penali lunghi come un elenco telefonico. Però c'è la tendenza a dare più spazio a questi soggetti che non dare risalto a fiere che riscuotono il successo misurabile con i numeri come Eos. Questo ci rammarica un po'. E l'obiettivo della nostra associazione culturale è continuare a promuovere queste iniziative perché riteniamo che al giorno d'oggi si vince o si perde nella comunicazione».
«Abbiamo giornalisti rapiti in Siria». Con questa scusa una banda di truffatori si è spacciata per il ministro della Difesa, Guido Crosetto, contattando diversi noti imprenditori italiani e chiedendo ingenti somme di denaro per pagare il fantomatico riscatto, che andava da centinaia di migliaia di euro a un milione. E c’è chi ha pagato, con i criminali che in questa dinamica hanno anche sfruttato il caso recente di Cecilia Sala.
La truffa ha dell’incredibile per le personalità coinvolte e i tranelli usati per farli cadere nella trappola. Le vittime sarebbero circa una decina e lo schema era sempre lo stesso: agli imprenditori arrivava prima una chiamata dalla finta segreteria, seguita da quella del finto ministro e di presunti generali. La richiesta di denaro in più tranche era per liberare dei giornalisti italiani rapiti in Medio Oriente, in Siria o in Iran. Veniva anche promesso che quel denaro sarebbe stato restituito tramite Bankitalia.
Al momento ad aver sporto denuncia sono stati Massimo Moratti, la famiglia Aleotti del gruppo Menarini e la famiglia Beretta, proprietaria dell’azienda produttrice di armi. Nella giornata di ieri i Beretta hanno confermato di essere stati contattati dai truffatori senza cadere nel tranello e non pagando quindi alcuna cifra. Il portavoce vicino al ceo della Beretta holding group ha dichiarato all’Ansa che i truffatori «hanno provato a contattare anche Pietro Gussalli Beretta negli scorsi giorni ma non sono mai arrivati a parlargli, schermato dalla sua segreteria». Intervenendo sul caso, Moratti ha raccontato a Repubblica che «sembrava tutto vero», non rivelando però se sia stato lui a pagare un milione di euro. Nella lista degli obiettivi dei truffatori ci sarebbero anche Giorgio Armani, Patrizio Bertelli (marito di Miuccia Prada), Marco Tronchetti Provera, Diego Della Valle, la famiglia Caltagirone.
A ricostruire la vicenda, lanciando l’allarme è stato giovedì lo stesso Crosetto, che su X ha spiegato: «Uso questo mezzo per dare pubblicità a una grave truffa in corso. Un’assurda vicenda che inizia martedì con la chiamata di un amico, grande imprenditore, che mi chiede perché la mia segreteria avesse chiamato la sua per avere il suo cellulare». Dopo un’ora un altro episodio simile, come ha raccontato il ministro: «Mi dicono che c’è un noto imprenditore, che non conosco, che vorrebbe mettersi in contatto con me», aggiungendo: «Mi racconta di essere stato chiamato da me poi da un generale e di aver fatto un bonifico molto elevato a un conto. Gli dico che si tratta di una truffa e avviso i carabinieri che vanno a casa sua e raccolgono la denuncia». Ma non finisce qui, il giorno dopo lo contatta un personaggio diverso ma con la stessa storia, e infatti Crosetto prosegue: «mercoledì sera accade una cosa simile» e anche giovedì «è accaduto altre due volte: due grandi imprenditori contattati a nome mio».
La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per truffa aggravata coordinata dal procuratore Marcello Viola e dal pm Giovanni Tarzia. Si sta anche cercando di congelare i soldi già inviati all’estero, anche se non è semplice. Le chiamate provenivano da un numero con il prefisso telefonico di Roma, sembrando quindi credibile. Secondo alcune ipotesi potrebbe trattarsi di un numero clonato attivato dall’estero. Si indaga anche per capire se sia stata usata l’intelligenza artificiale per clonare la voce di Crosetto e di alcuni suoi funzionari.
Dall’indagine sulle tifoserie di Milan e Inter emerge una storia di 32 anni fa, quando il 20 ottobre 1992 nel quartiere Lorenteggio, vicino all’oratorio don Orione, venne ucciso a colpi di pistola Fausto Borgioli, detto «Fabrizio», luogotenente di «Faccia d’angelo» Francis Turatello, protagonista della mala milanese anni Settanta assieme a Renato Vallanzasca. L’esecutore materiale di quel delitto fu Giuseppe «Pino» Caminiti, classe 1969, tra gli arrestati di lunedì scorso nell’inchiesta «Due Curve», da diversi anni organico alla Nord dell’Inter perché addetto alla gestione dei parcheggi intorno allo stadio durante le partite o i concerti.
Quell’omicidio era rimasto senza colpevoli. Si sapeva solo che Borgioli era stato ammazzato per uno sgarro nel giro del traffico di sostanze stupefacenti a Milano. Borgioli era diventato famoso sui giornali perché a metà anni Ottanta riforniva di eroina e cocaina i detenuti di San Vittore. A far riaprire il caso sono state alcune intercettazioni del 2021, dove Caminiti «confessava di essere stato esecutore materiale dell’omicidio di un uomo che abitava in via Montegani 10», fornendo pure dettagli e motivi del delitto: fece tutto da «solo perché era pericoloso». Per la Procura di Milano è stato risolto un vero e proprio cold case, l’ennesimo omicidio, il terzo dopo quello di Vittorio «lo zio» Boiocchi e quello di Antonio Bellocco, che vede come protagonista un esponente della Nord dell’Inter. Non è un dettaglio da poco. Caminiti, infatti, era insieme ad Andrea Beretta uno degli esponenti della vecchia guardia di quando la curva era sotto il comando di Boiocchi. Vicino alle cosche della ‘ndrangheta degli Staccu di San Luca, anche lui organico alla società nerazzurra, particolare che avvalora ancora di più le accuse che la Procura muove al club presieduto da Beppe Marotta, per quelle «situazioni tossiche» che hanno creato l’humus favorevole «perché un ambito imprenditoriale sportivo si trasformasse in occasione di illecito». Di Caminiti ci sono tracce in diverse informative della Digos. Viene definito un individuo «con numerosi precedenti per reati legati agli stupefacenti». Ma soprattutto: «È l’addetto alla vigilanza dei parcheggi sotterranei dello stadio Meazza (alle dipendenze della società Kiss and Fly)» riservati ai calciatori, ai massimi vertici societari e ai tifosi Vip. Non solo. «È intimo amico di Boiocchi», scrive la polizia, «permette in diverse occasioni ad alcuni “clienti” inviati dalla Curva e che non ne avrebbero diritto, la possibilità di visitare gli spogliatoi del Meazza, nonché di posteggiare il proprio veicolo nel parcheggio sotterraneo». Se durante la gestione Boiocchi, Caminiti era un semplice intermediario nel settore dei parcheggi, dopo la morte dello «zio», assume un ruolo più complesso. Dal 2018 al 2020 è quello che consegna 4.000 euro al mese da destinare ai bisogni della tifoseria. Dopo il 2020 è quello che dà parte del nero che arriva dai parcheggi gestiti dalla società Kiss and Fly di Giuseppe Zaccagni. Quest’ultimo, interessato ai parcheggi di San Siro e dell’Olimpico (vorrebbe arrivare persino al presidente della Figc, Gabriele Gravina, per sbloccare gli appalti), assume Caminiti come ponte nel mondo della criminalità. «Pino» fornisce protezione a Zaccagni e alle sue attività imprenditoriali, attraverso il suo stretto rapporto con Giuseppe Calabrò, altro personaggio considerato organico alle ‘ndrine di San Luca: Caminiti gli consegna ogni mese 1.000 euro.
È eloquente la conversazione nella quale Zaccagni equipara Caminiti a Vittorio Mangano: «[…] perché Pino è una brava persona, ovviamente non è lo “stalliere” di Berlusconi, ma noi l’abbiam preso esattamente per quella funzione... cioè io l’ho preso per quella funzione lì». Caminiti è un factotum, procura a Zaccagni documenti falsi e gestisce il nero che arriva dall’attività dei parcheggi.
Il 15 marzo l’avvocato Adriano Raffaelli (presidente dell’organismo di vigilanza dell’Inter) aveva assicurato in commissione Antimafia del Comune che Caminiti era stato allontanato dalla Kiss & Fly, una società che ha un contratto con l’Inter per quanto riguarda l’attività di sorveglianza dei parcheggi. «La dichiarazione», sostengono i magistrati, «attesta nuovamente una totale mancanza di conoscenza dei fatti [...]». Peraltro, scrivono gli inquirenti, pare emergere una situazione paradossale: il comitato Antimafia del Comune di Milano elogia Kiss & Fly srl che, come si vedrà, ha corrotto (con un quadro da 10.000 euro) un proprio componente (Manfredi Palmeri, consigliere comunale ed esponente di Mi Stadio srl) per l’assegnazione di parcheggi».
Tra le centinaia di accessi abusivi alle banche dati riservate alle forze dell’ordine che la Procura di Perugia contesta al finanziere Pasquale Striano, fino a pochi mesi fa in servizio presso la Direzione nazionale antimafia, una manciata di nominativi bastano da soli per parlare a ragion veduta di rischi per la sicurezza nazionale. Non ci sono solo quelli già noti sul ministro della Difesa Guido Crosetto, i cui contenuti sono poi finiti, nell’ottobre 2022, in tre articoli pubblicati sul quotidiano Il Domani, a firma di Emiliano Fittipaldi (non indagato) e Giovanni Tizian, nei confronti del quale i pm perugini ipotizzano, in concorso con Striano, i reati di accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio.
Il luogotenente della Guardia di finanza ha infatti svolto verifiche sui alcuni nominativi di persone che fanno parte delle famiglie che controllano due delle più importanti aziende italiane del comparto difesa, la Beretta e la Fiocchi. È il 7 febbraio 2022, quando, mentre tra l’Occidente e la Russia soffiano già i venti di guerra, Striano entra nella banca dati Siva e, tramite il portale analisti, verifica l’esistenza di eventuali segnalazioni di operazione sospetta a carico di dei fratelli Pietro Gussalli Beretta e di Franco Gussalli Beretta, rispettivamente presidente della Beretta Holding (la capofila del gruppo, con sede in Lussemburgo) e presidente della Fabbrica d’armi Pietro Beretta spa. La holding è un colosso del settore delle armi, nel 2022 ha effettuato vendite nel mondo per 1,4 miliardi di euro, con il 48% delle vendite in Nord America e il 30% in Italia. Apparentemente in quei giorni non ci sono notizie di stampa riguardanti il gruppo Beretta che possano aver stimolato l’attenzione di Striano, unico tra i 14 indagati noti a cui viene attribuito il controllo su quei nominativi. Che però si ripete, per il solo Pietro Beretta, il 12 luglio 2022, con il conflitto tra Russia e Ucraina già deflagrato, e 16 giorni prima che il finanziere indagato effettuasse un accesso sul nominativo di Crosetto, all’epoca a capo dell’Aiad, la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza di Confindustria. E l’ipotesi di un suo ritorno in Parlamento era considerata a dir poco improbabile. Del «sindacato» dei fabbricanti di armi all’epoca guidato dal fondatore di Fratelli d’Italia fa parte anche la Fabbrica d’armi Pietro Beretta. Le verifiche sui fratelli Beretta potevano potenzialmente rivelare tutta una serie di informazioni sensibili, sia da un punto di vista lavorativo che da un punto di vista personale, su due manager del settore Difesa. Il tutto nel pieno di un conflitto che, proprio per la fornitura di armamenti, coinvolge le aziende del settore di tutta Europa. Tra le quali anche la Fiocchi munizioni spa (anch’essa associata Aied), fondata dall’omonima famiglia, che ne detiene tutt’ora una quota di minoranza, mentre il controllo della società, a fine 2022, è passato alla Csg, con sede in Repubblica ceca, che ha rilevato il 70% delle azioni.
Tra i nomi controllati da Striano si trova anche un’esponente della famiglia Fiocchi, l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Pietro, anche lui controllato il 12 luglio 2022, come il suo omonimo della famiglia Beretta. Nella «dichiarazione degli interessi privati dei deputati» di Pietro Fiocchi sul sito del Parlamento europeo, aggiornata a dicembre scorso, il politico risulta avere ancora un ruolo manageriale all’interno dell’azienda di famiglia, che nel 2022 ha avuto un fatturato di circa 200 milioni di euro. Al momento, negli atti della Procura di Perugia, non più coperti da segreto, non esistono spiegazioni sui motivi degli accessi sui nominativi dei fratelli Beretta e di Fiocchi né tantomeno se gli eventuali risultati possano anche riguardare le aziende dei due gruppi. Le risposte potrebbero arrivare dall’analisi dei supporti informatici sequestrati a Striano, che è stata completata ed è già agli atti della procura di Perugia. Già dalle prime verifiche tecniche fatte svolgere dai magistrati di Roma nella fase iniziale del procedimento, prima che il fascicolo fosse trasferito per competenza a Perugia, sarebbero emersi elementi ritenuti utili per l’inchiesta. Dagli inquirenti non viene comunque escluso che alcuni file possano essere stati cancellati prima del sequestro. Tra le ipotesi che la Procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, sta vagliando, per adesso senza riscontri, c’è anche quella che la lunga serie di accessi possa avere avuto uno o più mandanti. Intanto i pm di Perugia stanno lavorando per riprogrammare l’interrogatorio di Antonio Laudati, rinviato una prima volta sembra su sua richiesta. Il magistrato in forza alla Direzione nazionale antimafia è indagato per concorso con Striano in relazione alla creazione di alcune richieste di apertura di dossier preinvestigativi. Il suo difensore ha già annunciato che Laudati intende rispondere per «chiarire la completa estraneità̀ ai fatti contestati».







