Quando an che l’ultimo altoforno sarà spento, sulla storia dell’Ilva calerà il sipario e si potrà scrivere un libro per spiegare a scuola le ragioni del declino industriale dell’Italia. Immagino già il ti tolo: Così si uccide un’azienda. Sottotitolo: Eutanasia della più grande acciaieria d’Europa. Perché è questo ciò che accadrà. E a dire il vero sta già accadendo: nei prossimi giorni, 5.700 dipendenti saranno messi in cassa integrazione, poi a gennaio diventeranno 6.000. In pratica, il polo siderurgico di Taranto verrà messo in standby. Nessuno ufficialmente dirà di aver staccato la spina, ma la sostanza è questa. Lo dice il sindacato, che invoca l’intervento dello Stato per evitare la chiusura. Ma se anche il governo volesse, per l’Ilva non potrebbe fare niente, perché 13 anni di inchieste e processi hanno fatto il vuoto intorno alla fabbrica.
Nessuno vuole averci a che fare. Non gli investitori, per paura di fare la fine dei Riva, i precedenti proprietari che vennero arrestati, espropriati e processati, un calvario durato anni e non ancora concluso (a oggi i procedimenti sono in corso). Non i manager, che temono di finire in galera, accusati di reati come disastro colposo, inquinamento ambientale grave, eccetera. Risultato, il cappio stretto attorno al collo dell’Ilva da giudici e sinistra sta uccidendo l’azienda.
È un assassinio perfetto, commesso in nome della tutela della salute pubblica, dunque con una motivazione altissima. La salute non si può barattare con il lavoro, no? Quindi se un’industria inquina è giusto che le sia impedito di inquinare. Anzi, è giusto chiuderla. Ma siamo sicuri che sia così? Inaugurato 60 anni fa, in pieno boom economico e simbolo della crescita dell’Italia, il polo siderurgico di Taranto è stato per anni un fiore all’occhiello del Paese. Dal 1965 e fino al 1995 nessuno si preoccupò dei fumi e delle polveri, ma poi lo Stato 30 anni fa decise di uscire dal settore e dunque privatizzò l’azienda. E da quando la comprarono i Riva fino al 2012 tutto filò liscio, poi la Procura sequestrò l’impianto, accusando i nuovi proprietari dei peggiori reati ambientali e avviando la spirale che porta alla chiusura. E a questo punto della storia urge porsi alcune domande. Prima questione: ma quando l’Ilva era dell’Iri non emetteva le stesse polveri e gli stessi fumi rilasciati quando è passata ai Riva e da qui allo Stato? E come mai se le esalazioni non erano profumate nessuno allora se ne accorse? Forse in Procura e a sinistra erano distratti? O forse gli interessi erano altri? C’è poi un secondo quesito: pur essendo stata in passato la più grande acciaieria d’Europa, l’Ilva non è la sola d’Europa. In Austria, Francia e Germania ne esistono altre che hanno emissioni uguali e superiori a quelle del polo siderurgico di Taranto. Tuttavia a nessun magistrato e a nessuna forza politica in Austria o altrove è venuto in mente di sequestrarle e di chiuderle, mettendo in galera manager e proprietari con accuse da ergastolo. E nemmeno c’è qualcuno che voglia far funzionare un altoforno alimentandolo invece che con il gas con i pannelli solari e le pale eoliche.
Intendiamoci: non è che in Austria, Francia e Germania nessuno si preoccupi della salute dei cittadini. E nemmeno si ignora l’esigenza di ridurre fumi e polveri. E però il piano per la decarbonizzazione lo stanno attuando con calma, con una scadenza fissata nel 2050. Infine, perché nel 2019, con i grillini al governo è stato tolto lo scudo legale che doveva garantire imprenditori e manager incaricati di risanare i conti e il sito? Possibile che Giuseppe Conte e compagni non abbiano pensato che in questo modo l’Ilva sarebbe diventa un’impresa radioattiva, perché avrebbe potuto far finire tutti in galera? Vi sembra una follia? A me sembra da pazzi rinunciare all’industria dell’acciaio in nome di un nuovo luddismo patrocinato da giudici e sinistra uniti nella lotta. Come pensiamo di costruire palazzi, auto, carri armati e navi senza l’acciaio? Come si può pensare di tenere in piedi un Paese se lo Stato non può difendere le aziende di interesse nazionale dalle invasioni di campo? È questo il vero tema e anche il nocciolo che riguarda il declino dell’Italia.






