2022-09-25
Sulle scorte di oro azzurro l’Ue sta facendo la cicala ma l’Ucraina è quasi a secco
L’Unione ha già raggiunto l’obiettivo dell’80% entro ottobre. L’anello debole però è Kiev: ad agosto mancavano 7 miliardi di metri cubi. E Mosca ne può approfittare.«Piombino, il rigassificatore arriva». L’annuncio dell’ad di Snam, Stefano Venier: «Se tutto va bene, avremo l’ok entro il 28 ottobre». Sulla stessa linea Claudio Descalzi, capo di Eni: «In caso contrario, il quadro si complicherà».Lo speciale comprende due articoli.In base ai dati forniti da Gas Infrastructure Europe, al 31 agosto, il livello di riempimento delle scorte di gas naturale nell’Unione europea era del 80,35% (82,56% per l’Italia). L’obiettivo dell’Ue di raggiungere almeno l’80% entro il primo ottobre sarebbe quindi stato superato e anche il target del 90% per gli inverni a venire appare a portata di mano. A fronte del drastico calo delle forniture di gas naturale provenienti dalla Federazione russa, a oggi, tale obiettivo appare «piuttosto fattibile» secondo S&P Global, dato che i principali fornitori dell’Unione, a partire da Norvegia, Algeria e Azerbaijan (via tubo), così come gli Stati Uniti d’America, grazie al gas naturale liquefatto, stanno pompando ed esportando pressoché al massimo delle proprie capacità. Più precisamente, ad agosto, il riempimento delle scorte nell’Unione europea è stato superiore di 15 punti rispetto all’agosto 2021 e leggermente superiore alla media degli ultimi cinque anni.Un livello adeguato di scorte è condizione necessaria, ma non sufficiente al fine di superare la stagione fredda in Europa, durante la quale sarà comunque indispensabile importare molto più gas naturale dalla Federazione russa rispetto a quanto sta attualmente avvenendo. Tanto più sarà rigido l’inverno, tanto più difficile sarà conservare il contingentamento sulle importazioni dalla Federazione russa.L’Unione europea sta inoltre fissando un secondo obiettivo - volontario e con numerose deroghe concesse ai singoli Stati - consistente nel ridurre i consumi di gas naturale del 15% (7% per l’Italia) nel periodo compreso tra il primo agosto 2022 e il 31 marzo 2023. La misura è pensata per fronteggiare l’eventuale e annunciata interruzione delle forniture dalla Federazione russa, nonché per ridurre il peso della bolletta energetica, ormai arrivata a livelli insostenibili. Una riduzione dei consumi causata dai livelli troppo elevati dei prezzi è peraltro già in atto, in particolare nell’industria (nei primi sette mesi del 2022, la domanda di gas naturale in Italia per il solo settore manifatturiero è crollata del 9% rispetto allo stesso periodo del 2021). La minore domanda di gas nell’industria prelude a un avvitamento recessivo che potrebbe rivelare dimensioni molto importanti.Al 31 agosto, le scorte ucraine di gas naturale - al netto di ogni considerazione sulla reale affidabilità delle statistiche, in ragione del conflitto in corso - indicavano un riempimento del 28,1% (inclusi anche i volumi stoccati dai trader europei). Trattasi di un livello molto basso che potrebbe potenzialmente rappresentare il vero «anello debole» per l’intera Europa.Infatti, nell’ipotesi in cui la compagnia di Stato ucraina Naftogaz non riuscisse ad accumulare riserve sufficienti per l’inverno e i membri dell’Unione non fossero nelle condizioni di reindirizzare parte delle proprie importazioni di gas naturale (russo e non) verso Kiev, è lecito chiedersi come si riscalderà quest’ultima? Quali eventuali conseguenze per l’Unione europea?L’8 giugno, nel corso di una visita a Washington, l’amministratore delegato della Naftogaz, Yuri Vitrenko, dichiarò che l’Ucraina avrebbe necessitato di un prestito di 8-12 miliardi di dollari per rifornire i propri stoccaggi di almeno 6 miliardi di metri cubi di gas naturale entro la fine di ottobre. Nello specifico, Vitrenko, così come il primo ministro Denys Shmyhal, definì tale obiettivo una «sfida significativa», dal momento che l’Ucraina avrebbe nel contempo dovuto importare 40 milioni di metri cubi di gas naturale in media al giorno (a maggio, attraverso la rete ucraina, sono mediamente transitati verso l’Europa 40-45 milioni di metri cubi di gas a fronte dei quasi 110 milioni nei primi mesi del 2022). Ancora il 15 luglio, Vitrenko dichiarava che «abbiamo parlato con potenziali creditori, incluso il governo Usa, ma sino a oggi non è stato preso alcun impegno in merito all’ammontare totale (da finanziare, ndr)».All’8 agosto, l’Ucraina aveva scorte pari a 12,2 miliardi di metri cubi di gas naturale a fronte di un obiettivo di 19, raggiungibile grazie all’importazione di 4-5 miliardi di metri cubi ai quali aggiungerne circa 3 dalla produzione nazionale (secondo Ukrtransgaz, il precedente operatore della rete, la capacità massima di stoccaggio del Paese è di circa 31 miliardi di metri cubi).Attualmente, non possiamo purtroppo escludere che i gasdotti che attraversano Kiev e riforniscono buona parte dell’Europa - Italia compresa - vengano spillati dagli ucraini come già avvenuto più volte in passato (a partire dal lontano 2006). Tenuto conto che, tra sconti e rinunce a esigere le penali per il mancato ritiro dei volumi di gas, la Federazione russa ha sussidiato l’economia ucraina per 35.400 milioni di dollari dal 2009 alla primavera del 2014, ai quali andrebbe aggiunto l’ammontare del no penalty period nei mesi a seguire, la Gazprom potrebbe cogliere la palla al balzo e, contratti alla mano, chiudere quelle pipeline a causa dei furti. È forse per questa ragione che il 16 agosto la major russa ha previsto la possibilità che i prezzi in Europa rincarino sino al 60% il prossimo inverno?A inizio giugno, la richiesta avanzata dal direttore esecutivo delle rete gasifera ucraina, Sergey Makogon, di mettere sotto embargo Ue anche il Nord Stream onde costringere la Gazprom a utilizzare maggiormente il transito ucraino, facilitando di fatto il riempimento delle scorte della Naftogaz, era già un indizio preoccupante sul quale riflettere.Il 23 agosto, l’ex presidente della Rada (ovvero il Parlamento ucraino), Dmitry Razumkov, ha dichiarato che «il gas che viene trasportato attraverso il territorio dell’Ucraina è russo. Fino al confine con l’Europa è gas russo. In base alla legge, dovremmo (quindi, ndr) confiscarlo».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sulle-scorte-di-oro-azzurro-lue-sta-facendo-la-cicala-ma-lucraina-e-quasi-a-secco-2658333284.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="piombino-il-rigassificatore-arriva" data-post-id="2658333284" data-published-at="1664046391" data-use-pagination="False"> «Piombino, il rigassificatore arriva» L’emergenza energetica non conosce pause, né silenzi elettorali. Non segue il ritmo lento della politica e continua a correre, mentre le imprese chiudono i battenti. Per questo ieri una buona notizia per chi spera in una soluzione non è arrivata dai candidati alle elezioni, ma dagli addetti ai lavori: il rigassificatore di Piombino - toccando ferro - si farà. «È in corso la conferenza dei servizi ed entro il 28 ottobre», ha dichiarato l’ amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, «dovremmo avere l’autorizzazione e in tempo record costruiremo il gasdotto di 8 chilometri per la raccolta del gas liquefatto dalla nave». Un annuncio che, anche se accompagnato dai condizionali e da un prudenziale «se tutto va bene», ha portato una ventata di ottimismo al convegno di Roma promosso dalla Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro. «Si è fatto il massimo che si poteva per mettere in sicurezza il prossimo inverno», ha aggiunto Venier. Sulla stessa lunghezza d’onda, e dallo stesso tavolo su «Tecnologia e innovazione per una transizione energetica», è arrivato l’appello di Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni: «Dal 2023 in poi abbiamo bisogno di avere assolutamente i terminali di rigassificazione». E su un’ipotetica lavagna ha scritto i numeri che dovrebbero permetterci di uscire dalla crisi dell’oro azzurro: «Nel 2022 riusciremo a sostituire poco più del 50%» del gas russo, «esattamente 9,7 miliardi di metri cubi. Dal 2023 riusciremo a portare 17,6 miliardi, circa l’80%, Nel 2024 andremo in surplus». L’alternativa, «se non arrivassero i rigassificatori», sarebbe molto più critica: «in quel caso faremo più fatica: il rischio è che il 2023 e il 2024 potrebbero essere peggio del 2022 e 2023». Per l’ad di Terna, Stefano Donnarumma, la via d’uscita sono le rinnovabili: «È la vera alternativa al gas russo. A fine agosto le richieste di connessione alla rete di Terna sono pari a 280 Gigawatt, circa quattro volte gli obiettivi che l’Italia si è data al 2030: realizzare i 70 GW previsti dal piano europeo Fit for 55 porterebbe a un risparmio di oltre 26 miliardi di metri cubi di gas, valore sostanzialmente pari alle quantità che il nostro Paese ha importato dalla Russia negli ultimi 12 mesi». Per Donnarumma, quindi, «è fondamentale accelerare il più possibile i processi di autorizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici».