2024-10-07
«Sull’auto l’Ue va in ordine sparso»
Il presidente e ad di Volvo Car Italia Michele Crisci: «La mancanza di coordinamento è il maggior rischio per le aziende. Serve chiarezza sugli investimenti: dalle infrastrutture di ricarica alle materie prime al riciclo dei materiali».«Non basta mettere la scadenza del 2035 per lo stop alle vendite di auto endotermiche, ma vanno definiti gli investimenti e i supporti per l’utenza, a cominciare dalle infrastrutture e dalla fiscalità, e per le aziende, validi a livello europeo. Non può essere che ogni mercato si muove in modo autonomo. Sulle elettriche e plug-in va applicata una fiscalità più favorevole». E poi: «Bene uno o più operatori per la produzione in Italia ma il sistema così com’è ora è poco attrattivo, rispetto al resto d’Europa, sia dal punto di vista dei costi, sia per la fiscalità e la burocrazia. Abbiamo imposte, burocrazia e costi sproporzionati rispetto alle offerte che possono fare altri Paesi. Gruppi cinesi si sono affacciati in Italia ma poi vediamo che la scelta è di andare a produrre altrove. Ci sono situazioni che qui sono insuperabili». Michele Crisci, presidente e amministratore delegato di Volvo Car Italia traccia uno scenario dei temi strategici dell’automotive. Cominciamo dall’ipotesi, al vaglio del ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, di affiancare a Stellantis un nuovo operatore. Come andrebbe gestito l’ingresso di un’altra casa automobilistica?«Un nuovo o più nuovi operatori per la produzione in Italia sarebbero auspicabili. Ovviamente il sistema Italia ad oggi non è il più “attrattivo” tra le varie opzioni in Europa, sia dal punto di vista dei costi che della fiscalità che della burocrazia. Per attrarre veramente investitori dall’estero si dovranno risolvere questi che agli occhi degli investitori sono problemi irrisolvibili e che fanno preferire all’Italia Paesi come la Turchia, la Spagna o i Paesi dell’ex Jugoslavia».I gruppi cinesi premono alle porte dell’Europa. La strada da seguire è quella tracciata da Volvo?«Volvo è un produttore globale e abbiamo fabbriche in tutti i continenti, negli Stati Uniti, in Europa, in Svezia, in Belgio e in Slovacchia, e in Cina. L’idea è quella di produrre dove si vende, in modo di ridurre costi di trasporto ed emissioni relative. La decisione di produrre la nuova EX30, piccolo Suv elettrico, in Europa è stata una decisione presa per questo motivo. Siamo partiti in Cina perché là c’era la piattaforma e i fornitori. La EX30 è però essenzialmente un prodotto per l’Europa e quindi la produzione verrà spostata in Belgio nel 2025».Il dibattito sulla possibilità di spostare la scadenza del 2035. Volvo è molto avanti nel raggiungimento dei target di decarbonizzazione ma altre case automobilistiche fanno fatica.«Personalmente ritengo che gli 11 anni che ci separano dal 2035 che, a onor del vero, erano molti di più quando questa data fu fissata, siano comunque sufficienti ad arrivare ad una completa riconversione verso i motori a emissioni zero di CO2. Credo fermamente che il ruolo delle istituzioni sia dettare le linee strategiche all’interno delle quali l’industria e il commercio si debbano muovere. Se la decarbonizzazione è un obiettivo di tutti, tutti i settori sia a livello europeo che globale devono tendere con determinazione a questo obiettivo, e l’automotive è uno di questi». Gli obiettivi sono sulla carta ma le auto non si vendono. «Naturalmente non sarà sufficiente settare gli obiettivi, si dovrà infatti definire con chiarezza gli steps intermedi per raggiungerli favorendo tutte le condizioni a livello economico e sociale per il loro raggiungimento. Il che significa, chiarezza negli investimenti richiesti su tutta la catena del valore dell’automotive del futuro, dalle infrastrutture di ricarica e rifornimento, alle materie prime, dalla produzione delle auto alla loro commercializzazione, fino alla loro assistenza e al recupero e riciclo di tutti i materiali. Ecco in questo senso, a mio avviso, vedo il maggior rischio per le aziende, e cioè la mancanza di coordinamento e di strategia nelle norme nei singoli Paesi e in generale in Europa. Le norme infatti dovrebbero essere coordinate a livello di Unione europea e tra l’Ue e i singoli Paesi per velocizzare la riconversione industriale a tutti i livelli appunto della catena del valore dell’automotive, che è enorme a livello di gdp e occupazione sul piano nazionale ed europeo. La mancanza di un piano europeo coordinato e strategico comporterà troppe indecisioni sui mercati e lentezza nella transizione, con conseguenti enormi rischi in termini di occupazione ai quali stiamo già assistendo».Lei quindi non vede possibile mettere in discussione la scadenza del 2035?«Il 2035 per la fine della produzione di motori termici è una data legata alla più articolata, totale e globale decarbonizzazione prevista dagli accordi internazionali nel 2050. I 15 anni che separano queste due date furono previsti quali necessari a ripulire e aggiornare per intero il parco circolante in Europa. Spostare in avanti il 2035 significherebbe rivedere anche il 2050 o l’intervallo di tempo che intercorre tra le due date, insomma un processo complicato».Volvo è stata la prima ad abbracciare il full electric ma poi c’è stata una revisione del programma. Volvo a partire dal 2030 non avrà in gamma solo auto elettriche come annunciato tre anni fa. Cosa ha portato a questa correzione del tiro?«Grazie allo stato di avanzamento nella produzione e commercializzazione di vetture full electric e ibride plug-in, Volvo ha già raggiunto e superato gli obiettivi di CO2 fissati per ogni singola azienda a livello europeo sia per il 2025 che per il 2026. Ovviamente resta molto alta l’attenzione sullo sviluppo da un punto di vista di assorbimento di mercato di queste tecnologie a livello di regioni europee. Il Nord Europa sta correndo molto velocemente verso il full electric mentre il Sud Europa fa più fatica. Così a livello mondiale stiamo osservando le diverse evoluzioni. Il plug-in è sicuramente un passaggio intermedio verso il full electric ed in questo senso vogliamo accompagnare ancora di più i nostri clienti in questo percorso. Se servirà più tempo lo faremo, da qui il mantenimento ancora di motori ibridi in gamma. Tuttavia, Volvo non cambia la sua strategia che da sempre, e non certo per il 2035, è stata quella di raggiungere la totale sostenibilità delle sue “operations” su scala mondiale. Il totale impegno sulla salvaguardia della vita che sempre ha contraddistinto Volvo è da decadi ormai integrato alla salvaguardia del nostro pianeta intesa come scelta irrinunciabile per la difesa della vita in termini futuri».La Germania è contraria a ridiscutere le scadenze. Come si spiega questa rigidità nonostante la profonda frenata della sua industria dell’auto?«Molto spesso si tende a semplificare. Senza contare le diverse narrative dei portatori di interessi opposti che evitano i giusti approfondimenti. La frenata tedesca oggi non è solo causata da una crescita più lenta o da una stagnazione della elettrificazione rispetto alle recenti aspettative ma anche, e soprattutto, alla stagnazione o al calo di alcuni mercati strategici per i marchi tedeschi nella vendita di auto tradizionali termiche e premium, segnatamente la Cina. Per la Germania le vendite di auto in Cina negli ultimi anni hanno rappresentato e rappresentano ancora percentuali importantissime rispetto al totale. Percentuali che potremmo definire irrinunciabili. Credo che posticipare il 2035 significherebbe andare ulteriormente a frenare sulle nuove tecnologie mettendo ancora più a rischio il rientro degli investimenti ingentissimi operati negli ultimi anni in visione di quella data».Oltre al 2035 c’è una scadenza più ravvicinata che è quella del 2025 quando entreranno in vigore i nuovi limiti alle emissioni. Acea chiede un rinvio ma la Commissione non sembra d’accordo. I produttori sceglieranno di essere sanzionati piuttosto che ridurre la produzione?«Su questo faccio fatica ad esprimere una opinione che possa andare bene a tutti. Come ho già detto Volvo ha già raggiunto e superato gli obiettivi previsti per i prossimi anni. Acea correttamente difende gli interessi di tutti i produttori che ne fanno parte. Certo stona il fatto che queste multe saranno richieste dall’Unione europea che poco ha fatto per l’affermazione di queste tecnologie, o per lo meno non lo ha fatto in modo coordinato, e dall’altro pensa di imporre dazi sulle produzioni cinesi di auto elettriche. Lo ripeto, non di auto elettriche cinesi, ma di produzione cinese, quindi anche di quelle europee prodotte in Cina. Così si fa fatica a raggiungere i target».L’accelerazione verso l’elettrico e l’arrivo di un nuovo gruppo automobilistico mette a rischio l’industria della componentistica italiana. Cosa si dovrebbe fare per mettere in sicurezza questa parte importante della filiera dell’automotive?«La componentistica rischia ovviamente tanto, soprattutto quella legata ai motori termici. Così come si rischia la perdita di commesse causa la delocalizzazione all’estero della produzione o comunque la scelta di nuovi investitori di andare a produrre altrove e non in Italia. Diversamente una rapida e concreta riconversione industriale, unitamente a investimenti provenienti dall’estero, potrebbero fare ripartire alla grande questo settore dell’automotive italiano che è universalmente riconosciuto come di grandissima qualità da tutti i produttori mondiali. È chiaro che però nessuno vuole produrre in modo antieconomico e/o troppo lontano dagli impianti di produzione delle auto. Insomma anche qui c’è bisogno di un piano di politica industriale fatto bene».Il ministro Adolfo Urso ha presentato in Europa una piattaforma per rivisitare il Green deal, prospettando un Fondo comune europeo a sostegno dell’automotive. È fattibile secondo lei?«Io credo che un piano europeo a sostegno dell’automotive non dovrebbe prevedere la ridiscussione dei contenuti del Green deal ma piuttosto delle azioni concrete strategiche di programma unitamente all’Europa. Se rinviare dovesse fare rima con rallentare allora sono ancora più scettico. Credo invece che probabilmente un fondo a supporto del settore dell’automotive europea sarebbe necessario. In questo senso sono d’accordo con il ministro».
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)