
Mediazione ben avviata per evitare un richiamo della Commissione Ue. Giovanni Tria riceve i membri del Bundestag, mentre Giuseppe Conte invierà domani la lettera a Bruxelles, galvanizzato dai mercati e dalla stampa internazionale. Anche se l'Ocse frena sul salario minimo.Eppur si muove. Anzi, eppur si scrive. È in corso la gestazione della lettera aperta ai vertici Ue preannunciata la scorsa settimana da Giuseppe Conte. Il solo fatto che il primo ministro abbia ipotizzato questa iniziativa ha rincuorato la componente eurocritica della maggioranza: e può essere interpretato come il segnale di una postura finalmente più combattiva nei confronti dell'Ue sia da parte del «terzo partito» (cioè della componente tecnica del governo), sia dei grillini, ai cui umori Conte è notoriamente sensibile: anche i 5 stelle, dunque, dopo il rovescio elettorale del 26 maggio, si sarebbero convinti di un approccio meno deferente verso Bruxelles. Cosa aveva detto il premier nei giorni scorsi? «Sarà l'occasione per ribadire come da un lato vogliamo rispettare il patto di stabilità e riteniamo che la manovra sia in linea, ma dall'altro non vogliamo rinunciare a offrire un contributo critico alle regole Ue. È il momento di aggiornarle». Ieri Conte è tornato sul punto dal Salone dell'Aeronautica di Parigi: «La lettera all'Ue conterrà un messaggio politico: il primato della finanza non offre all'Europa chance di crescita nel segno dello sviluppo sociale e dell'equità». E ancora: «Dobbiamo rivendicare un apporto critico da parte dell'Italia». Realisticamente la lettera sarà recapitata domani (mercoledì), e quindi è presumibile che oggi i due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, riceveranno una bozza per fornire i loro suggerimenti al premier prima della stesura finale. Non è noto se Conte si spingerà fino al punto di porre l'accento anche sulle criticità di altri Paesi: dai «paradisi fiscali» nell'Ue (vedi Lussemburgo) al surplus commerciale tedesco. Né se farà tesoro (sarebbe suo interesse) delle proposte costruttive (anche di semplificazione dei criteri europei, divenuti negli ultimi anni sempre più barocchi e quindi massimamente discrezionali) avanzate la scorsa settimana sul Financial Times da Alberto Bagnai, presidente della Commissione Finanze del Senato e ascoltato economista della Lega. Conte, se volesse irrobustire l'interlocuzione con Bruxelles, come molti nella maggioranza gli chiedono, avrebbe due nuove carte da giocare. La prima viene dalla notevole risposta dei mercati, la scorsa settimana, alle aste dei titoli italiani: un successo, con domanda molto superiore all'offerta e rendimenti in discesa, a testimonianza del fatto che non c'è alcuno strangolamento contro l'Italia. Anzi, si può realisticamente dire che gli investitori stiano preferendo le ipotesi di una legge di bilancio anti tasse e pro crescita rispetto alle minacce dei vari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis. La seconda carta - ancora più inattesa - è stato l'editoriale di ieri del Wall Street Journal, il quotidiano più autorevole al mondo, che, nella contesa sui conti tra Roma e Bruxelles, ha duramente condannato l'approccio degli euroburocrati (definiti «mandarini Ue»), invitandoli a lasciare all'Italia spazio per una manovra espansiva, e lodando la flat tax proposta da Salvini («la migliore idea da anni» nella politica italiana). Sulla base di tutto questo, i più coraggiosi nella maggioranza chiedono a Conte di osare. E di definire un pacchetto di obiettivi: in difesa, il no alla procedura; in attacco, il sì a un portafoglio di peso nella nuova Commissione. Facendo pesare il voto (o il veto) italiano. Rendendo cioè il sì o il no italiano alle soluzioni che si materializzeranno (sulla Commissione, sul vertice del Consiglio Ue, sulle poltronissime Bce) un fattore rilevante e non scontato nel negoziato. Intanto, prosegue il dialogo anche con gli interlocutori meno semplici, i tedeschi: ieri Giovanni Tria ha incontrato al Mef i membri della commissione Finanze del Bundestag. In un comunicato del Mef, si fa sapere che «al centro delle discussioni» ci sono state «le prospettive di crescita dell'economia italiana, lo stato delle sue finanze pubbliche, il negoziato con la Commissione Ue sull'eventuale apertura di una procedura», oltre alle «riforme e al futuro dell'Ue». Quindi, a ben vedere, la discussione è avviata, anche coinvolgendo le delegazioni parlamentari di altri Paesi Ue. Infine, ieri, a irritare Di Maio ci ha pensato l'Ocse, attraverso il suo economista Andrea Garnero, che ha manifestato perplessità sulla proposta grillina del salario minimo: se fissato a 9 euro lordi, sarebbe al momento «il più elevato tra i Paesi Ocse». E, al di là del merito dell'obiezione, è stata una dichiarazione che non ha certo messo di buon umore il vertice M5s verso le organizzazioni internazionali che puntano a fare da guardiani dei conti italiani.
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