2020-01-04
«Sulla Gregoretti tutti d’accordo. Ecco le mail che inchiodano Conte»
Matteo Salvini presenta la sua memoria difensiva alla giunta per le autorizzazioni a procedere: «La gestione del caso fu un'iniziativa collegiale. Nella posta elettronica le prove che Palazzo Chigi si adoperò per la ricollocazione».Le decisioni prese tra il 25 luglio e il 31 luglio 2019 sulla nave Gregoretti, giunta in acque territoriali italiane con 131 immigranti a bordo e fermata nel porto di Augusta per ordine di Matteo Salvini, erano sostenute dal governo, ma ora a rischiare il processo è l'ex ministro dell'Interno. Da solo. E allora, l'unico accusato ha tirato fuori il contenuto di sette email che provano anche il «sì» di Giuseppe Conte. La memoria difensiva di Salvini è a disposizione della giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, che il 20 gennaio dovrà valutare la richiesta del Tribunale dei ministri di Catania sul rinvio a giudizio dell'ex capo del Viminale per l'accusa di sequestro di persona. Ma la questione, è sottolineato nel documento, sarebbe se non identica, comunque perfettamente sovrapponibile a quella della nave Diciotti. In quel caso, il 20 marzo scorso, con il governo gialloblù ancora in sella, il Senato negò l'autorizzazione a procedere nei confronti del titolare del Viminale. «Anche in questa occasione», rimarca Salvini, «emerge che, in linea con la prassi consolidata, la gestione dei migranti non rappresentava l'espressione della volontà autonoma e solitaria del ministero dell'Interno, bensì una iniziativa del governo italiano coerente con la politica relativa ai flussi migratori, definita anche nel contratto di governo, che non può essere svilita come mera posizione politica avulsa dalla complessiva strategia dell'esecutivo». Per provarlo, Salvini ricorda gli interventi di quel periodo di Luigi Di Maio, vicepremier, e di Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia. Ma, soprattutto, sottolinea che «l'azione attuativa dell'indirizzo governativo in materia di immigrazione è stata rimarcata anche dal presidente del consiglio dei ministri», il professore avvocato Giuseppe Conte. Giuseppi è incastrato «dalla sua informativa all'assemblea del Senato del 12 settembre 2018», spiega Salvini, perché sull'analogo caso della nave Diciotti, «ha rilevato la sussistenza di un preminente interesse pubblico, rappresentato dalla salvaguardia dell'ordine e della sicurezza, che sarebbero messi a repentaglio da un incontrollato accesso di migranti nel territorio dello Stato». E infatti Salvini sottolinea che «la gestione, il monitoraggio e il controllo dei flussi migratori appaiono strettamente connessi all'interesse nazionale, sussistendo anche chiari profili attinenti all'ordine ed alla sicurezza pubblica, nonché alla sicurezza della Repubblica». Un concetto che poggia anche sulle valutazioni degli esperti. Salvini ricorda quanto «sottolineato dal direttore generale del Dipartimento informazioni per la sicurezza che, nell'ambito della riunione del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica del 13 giugno 2018, ha evidenziato la centralità assoluta della minaccia jihadista nell'agenda di sicurezza di tutto il mondo aggiungendo che in questo contesto [...] non deve neppure essere sottovalutata la possibilità che i flussi migratori possano rappresentare il veicolo per l'arrivo di soggetti infiltrati allo scopo di compiere azioni violente». Non solo. Sul coinvolgimento decisionale del premier, Salvini spiega che «è rilevante il ruolo di Conte: il 26 luglio 2019, la presidenza del Consiglio dei ministri aveva inoltrato formale richiesta di redistribuzione degli immigrati ad altri Paesi europei». E tra gli allegati compare infatti la mail della richiesta della ricollocazione inviata dall'ufficio del consigliere diplomatico di palazzo Chigi, Piero Benassi, ai rappresentanti dei Paesi europei. Difficile immaginare che un'iniziativa di questo peso non avesse il via libera di Giuseppi. Con quell'atto, la presidenza del Consiglio dei ministri aveva investito ufficialmente della questione alcuni Stati membri: Germania, Francia, Portogallo, Lussemburgo e Irlanda. Del caso era stato allertato anche il direttorato generale della Commissione Ue: fa fede la mail del 26 luglio 2019, inviata alle 13.36 dall'indirizzo di Benassi a vari rappresentanti di alcuni Stati membri e, per conoscenza, a indirizzi di posta elettronica del governo e degli Esteri. Nessuno tra gli informati, a quanto pare, né in pubblico né in privato prese posizioni contro la scelta di lasciare in mare per motivi di sicurezza la nave Gregoretti con il carico di immigrati. E, precisa Salvini, era stato, inoltre, «definito un accordo tra il ministero dell'Interno e la Conferenza episcopale italiana per l'accoglienza dei migranti a bordo della nave». Infine, ci sono le dichiarazioni degli ex colleghi di governo. Quella di Di Maio, per esempio: «L'Italia non può sopportare nuovi arrivi di migranti, devono andare in Europa». E di Bonafede, che ora valuta come esistenti i presupposti per processare Salvini, all'epoca invece dichiarò che «il dialogo tra i ministeri delle Infrastrutture, dell'Interno e della Difesa in quei giorni era in atto». Gli allegati alla memoria difensiva, insomma, proverebbero, in continuità con le decisioni prese per la Diciotti, il pieno sostegno del governo gialloblù anche per il caso Gregoretti. E la palla passa alla giunta per le autorizzazioni.
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