2021-12-13
Roberto Calderoli: «Sul Colle la sinistra non pensi di giocare a rubamazzetto»
Il vicepresidente leghista del Senato: «Letta se lo metta in testa, stavolta non detterà le regole. Sì al candidato condiviso, purché non appartenga al loro schieramento».Senatore Roberto Calderoli, vicepresidente leghista a Palazzo Madama, per il Quirinale è una questione di voti o di veti?«Le due cose corrispondono. Si giocherà sui voti se dovesse emergere qualcuno che punta a una maggioranza qualificata nelle prime 3 votazioni. Dopo, conteranno di più i veti».In tanti inseguono un’elezione che metta d’accordo tutti i partiti. Esiste un campo largo?«Chi avrebbe mai immaginato di mettere insieme Lega, Pd, Leu e Movimento 5 stelle? Nessuno, prima del nome di Mario Draghi, avrebbe mai pensato a un governo di tale dimensione e composizione. Eppure, è nato. Su determinate persone, non è impossibile trovare maggioranze ampie».Con Sergio Mattarella che sembra essersi chiamato fuori dalla partita, l’unico nome in grado di mettere tutti d’accordo è ancora quello di Draghi. Dovrebbe uscire allo scoperto, secondo lei?«Nessuno si proporrà mai come presidente della Repubblica. Le candidature nascono dai dialoghi, dagli accordi e dalle intese tra i partiti. Chi si candida è sicuro di essere impallinato. Le chiacchiere di questi giorni non fanno un gran bene agli aspiranti presidenti».Troppo presto, insomma. Le carte sono ancora nel mazzo, che per la prima volta è in mano al centrodestra, come dice Matteo Renzi? «A sinistra non pensino di giocare a rubamazzetto».Ci proveranno?«Tenteranno sicuramente di portare avanti un loro candidato».Per il segretario del Pd, Enrico Letta, «sarà un’elezione rapida e a larga maggioranza».«Non capisco perché Enrico Letta possa o debba avere delle garanzie del genere. Tutti vorrebbero eleggere un presidente della Repubblica a larga maggioranza. È il presupposto da cui partono che mi lascia perplesso: “A larga maggioranza, purché sia uno dei nostri”. Anche no, grazie. Se si mettono in testa che un candidato di larghe intese non è necessariamente una figura di centrosinistra, allora siamo sulla buona strada».Quella di Silvio Berlusconi è una missione impossibile?«Io penso che la possibilità ci sia, non gli mancherebbero poi così tanti voti. Ma le previsioni è meglio se le lasciamo al mago Otelma, avremmo una garanzia migliore di successo. Berlusconi è un candidato da quarta votazione in poi: per la maggioranza che serve nelle prime 3, il suo è un nome impensabile. Poi, chissà…».Pd e 5 stelle hanno già sbarrato la porta: «Non è il nostro candidato».«Non deve esserlo, infatti: dalla quarta votazione in poi, chi ha la maggioranza assoluta sarà il prossimo presidente della Repubblica. Che piaccia o no a Conte o a Letta. Vale per Berlusconi, così come per chiunque altro. La partita vera si gioca da metà gennaio in poi, anche se i dialoghi sono già in corso».Sta pensando alle interlocuzioni tra Giorgia Meloni ed Enrico Letta?«Che due segretari di partito si parlino mi sembra una cosa abbastanza normale. Può darsi che ci siano altri dialoghi di cui nessuno sa niente, è un’ipotesi che non escludo. Andiamo incontro a un evento di una certa rilevanza, dove maggioranza e opposizione c’entrano e non c’entrano: le interlocuzioni a 360 gradi non mi scandalizzano». Per il vicesegretario della Lega, Lorenzo Fontana, Matteo Renzi sarà «uno dei primi con cui confrontarsi». Che ruolo avrà l’ex premier?«Renzi ha numericamente un peso in Parlamento. Relativo, certo, ma ce l’ha. Non vedo perché non dialogare anche con lui. Negli ultimi tempi abbiamo condiviso certe cose, come il no all’ipotesi di una patrimoniale, anche se indiretta, sulle fasce più alte dei contribuenti». Intravede margini per una convergenza anche in futuro? «Se uno fa due gradini alla volta, poi finisce per inciampare. Il gradino del Quirinale è una cosa complessa, il prossimo presidente della Repubblica avrà un ruolo delicato, su tre legislature: quella in corso e le prossime due. A ciò che succederà in futuro, penseremo dopo l’elezione». Teme i franchi tiratori? Che peso avranno in aula?«Sono in condizione di fare qualsiasi cosa, molto di più rispetto al passato. Esiste una pattuglia ampia e imprevedibile di parlamentari senza più grosse aspettative, per via della riduzione del numero di parlamentari o per la perdita di rilevanza di alcune forze politiche rispetto al 2018».La pandemia potrà incidere sull’elezione? «Le valutazioni potranno essere fatte solo a metà gennaio, nessuno può sapere quale sarà la situazione pandemica. Spero che ci saranno le condizioni per affrontare le cose senza lo spirito emergenziale di questo ultimo anno e mezzo».A proposito, che ne pensa di una possibile proroga dello stato d’emergenza? Dalle parti del Pd la si invoca a gran voce. «Sono contrario alla proroga oltre il termine previsto dalla legge attuale. Non si può vivere perennemente nell’emergenza, sarebbe come ammettere che le soluzioni utilizzate non sono servite a superare l’eccezionalità che la pandemia ha imposto. Se c’è la necessità di convivere con una malattia destinata ad assumere una natura endemica, allora credo che una struttura dedicata sia sufficiente per dare le risposte che servono».Che tipo di struttura ha in mente? «Una struttura di missione alla presidenza del Consiglio, alla quale affidare il compito di gestire il problema, senza stati di emergenza né grida manzoniane, di cui non abbiamo bisogno».L’approvazione della legge di bilancio può essere un’altra variabile di cui tenere conto in ottica Quirinale? Ci saranno degli inciampi nell’iter parlamentare?«No, non ne vedo. Ci sarà un confronto, certo. Magari qualche ritardo, come è normale che sia in un dialogo. Timori di esercizi provvisori non ne vedo: sarebbe demenziale».Margini per una «calderolata» non ci sono, insomma? L’ultima trappola parlamentare, in occasione della votazione sul ddl Zan, ha avuto un certo successo.«Per le “calderolate” servono due condizioni: che ci sia Calderoli e che Calderoli le voglia. Nessun altro, in Parlamento, sarebbe in grado».Calderoli le vuole?«Non ne ho in testa altre, almeno nell’immediato. Quando le voglio, avviso sempre l’avversario. Non lo faccio alle spalle».Che ne pensa dello sciopero generale di Cgil e Uil contro la manovra?«È la prima volta in vita mia che vedo i sindacati scioperare perché si riducono le tasse. Evidentemente, lo sciopero legittima la loro presenza: sciopero, quindi esisto. Diversamente, nessuno si accorgerebbe di loro».«Chi si stupisce dello stupore, evidentemente non conosce la realtà in cui vive», dice il segretario della Cgil, Maurizio Landini. «Landini è una persona che in passato ho anche stimato. L’unico risultato dell’incaponimento di Cgil e Uil è la rottura dell’unità della triplice. Se qualcuno venisse tassato di più, ne faremmo 10 di scioperi generali. Per la prima volta tutti, chi più chi meno, vedranno una riduzione della pressione fiscale. Siamo diventati matti?».Lei è uno dei più longevi in Parlamento: il governo Draghi ha ulteriormente indebolito il ruolo delle due Camere?«La centralità del Parlamento si è smarrita da un pezzo, ben prima del governo Draghi. Senza dubbio, il periodo emergenziale pesa: l’eccezione ha imposto strumenti di necessità e urgenza, le Camere finiscono per restare sullo sfondo. Con il ritorno a una vita più o meno normale, il Parlamento potrebbe tornare ad avere una sua centralità, anche se mantengo un certo scetticismo».Per quale motivo? «È la qualità del Parlamento che ne determina la centralità. Se una parte del Parlamento è composta da scappati di casa, qualcuno dovrà pur prendersi la responsabilità di decidere».Dove siedono questi «scappati di casa»? In quale lato dell’emiciclo? «Per l’amor del cielo, “ditemi il peccato ma non il peccatore”. Il Parlamento deve dimostrare una qualità diversa se vuole rivendicare la sua centralità. Finora, si è sentita solo tanta retorica. Buona parte dei parlamentari pensano ad avere un anno di legislatura in più o alla pensione: cose umane, va bene, ma che non sono esattamente il sintomo di un’altezza ideologica».Oltre ai cambi di casacca, in Senato si litiga sui seggi da assegnare a 4 anni di distanza dalle elezioni. Il Parlamento ci mette anche del suo nel perdere centralità, non crede? «Io sono relatore del testo che modifica i regolamenti parlamentari. Ai membri della Giunta per il regolamento del Senato abbiamo presentato un testo che accelera l’iter in caso di elezione contestata: entro 60 giorni dal pronunciamento della Giunta, l’aula è chiamata a decidere. Le cito un precedente di qualche legislatura fa».Prego. «Un esponente della sinistra è rimasto per 5 anni al suo posto, senza averne titolo. La Camera dei deputati non ha mai esaminato il suo caso, lasciando fuori chi aveva il diritto di entrare. Come vede, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Io dico di lasciar stare le pietre, ma facciamo in modo che nessuno le tiri più».