2024-06-18
Suicida Claudio Graziano, presidente Fincantieri: «Perso senza mia moglie»
Claudio Graziano (Getty Images)
Il generale, 70 anni, trovato morto nella sua casa a Roma. Nel 2023 era scomparsa la consorte. In un biglietto il motivo del gesto. Il premier: «Sono sconvolta».«Dopo la morte di Marisa ho perso la strada». Nove parole per la più profonda e definitiva delle sentenze, quella della solitudine. Questo c’era scritto nel biglietto d’addio trovato alle 9.30 di mattina accanto al letto in cui giaceva il corpo senza vita del generale Claudio Graziano, presidente di Fincantieri. Poiché l’alto ufficiale non scendeva né rispondeva al telefono, un carabiniere della scorta è salito nell’appartamento romano al rione Celio, ha aperto la porta con la seconda chiave e ha scoperto la tragedia. Secondo la ricostruzione del magistrato, il generale era disteso sul letto e si sarebbe sparato un colpo di pistola durante la notte. Nato a Torino nel novembre 1953, Graziano viveva solo da un anno, dopo la morte della moglie Maria Luisa Lanucara per un tumore contro il quale aveva combattuto con tutte le sue forze. Chi conosceva bene la coppia, che non aveva figli, sostiene che la scomparsa di Marisa avesse davvero cambiato l’approccio all’esistenza di uno degli ufficiali italiani più stimati e decorati del mondo occidentale; dietro il proverbiale buonumore era sempre più malinconico, quasi che il senso stesso della vita gli stesse scivolando via fra le dita. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo: i magistrati hanno rubricato come atto dovuto il procedimento per istigazione al suicidio, operazione necessaria per poter svolgere gli accertamenti di rito.Uomo delle istituzioni, il generale Graziano era garanzia di equilibrio e solidità per tutti coloro che l’hanno conosciuto. E anche per i mercati, poiché dopo la sua scomparsa il titolo Fincantieri ha perso il 3%. La sua è stata una carriera di prim’ordine: capo di Stato maggiore della Difesa dal 2015 al 2018, presidente del Comitato militare dell’Unione europea (2018-2022). Con un passato da protagonista, cominciato all’Accademia militare di Modena ad inizio anni Settanta per poi continuare alla scuola di applicazione di Torino, dove ha conseguito la laurea in scienze strategiche militari. Negli anni ne ha aggiunte altre due: in scienze diplomatiche a Trieste e in scienze sociali all’Accademia agostiniana di Roma. Alpino purosangue, innamorato delle Penne nere fin da ragazzo grazie alle letture di formazione, maestro di sci, ha guidato brigate con nomi da far tremare i polsi: la Taurinense e la Tridentina, la crema dell’esercito italiano.Raffinato e brillante, con dentro di sé la bussola della fermezza e della saggezza, nel 2001 Graziano è stato addetto militare dell’ambasciata italiana a Washington. Da generale di divisione ha partecipato a campagne internazionali in Mozambico, in Iraq e in Afghanistan, ha avuto un ruolo preminente nell’operazione Antica Babilonia. Per tre anni (dal 2007 al 2010) è stato comandante della missione Unifil in Libano, una forza multinazionale di 13.000 uomini (2.000 italiani) con responsabilità anche della componente civile. Promosso generale di corpo d’armata, nel 2010 è diventato capo di gabinetto dell’allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa.Ha innovato l’esercito, lo ha trasformato in una formidabile macchina per garantire la pace. Tifosissimo del Torino, in ogni parte del mondo non mancava di informarsi sulle partite e ironizzare sul suo cuore granata, sempre in ansia per le sorti della squadra. Come capo di Stato maggiore, lo scorso anno era stato rinviato a giudizio con altri quattro colleghi per le morti da inquinamento (neoplasie) nell’area attorno alla base militare di Capo Teulada, storico poligono di tiro. Nonostante il pm avesse chiesto il proscioglimento ritenendo «di non avere elementi per poter reggere l’accusa in giudizio», il gup ha mandato tutti a processo.La scomparsa del generale Graziano ha colto di sorpresa le istituzioni, a cominciare dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Esprimo profondo dolore per la notizia dell’improvvisa scomparsa. Ne ricordo la figura di generoso e leale uomo delle istituzioni, capace di mettere sempre al servizio della Repubblica la sua competenza e la sua professionalità, doti dimostrate negli importanti ruoli di vertice, nazionali e internazionali, ricoperti nel corso della sua lunga carriera». Anche il premier Giorgia Meloni ha voluto far sentire la propria vicinanza: «Sono sconvolta dalla notizia. Ci lascia un integerrimo servitore dello Stato che in tutta la sua vita ha reso onore alla nazione, alle forze armate e alle istituzioni».Innumerevoli messaggi di cordoglio sono arrivati al ministero della Difesa, che al termine dell’inchiesta organizzerà i funerali con l’Esercito. Antonio Tajani: «Era un amico ed è stato uno straordinario ufficiale che ha reso onore all’Italia anche nei suoi ruoli europei». Guido Crosetto: «La scomparsa del generale Graziano, lascia un profondo senso di tristezza e rappresenta una grave perdita per l’Italia». Paolo Gentiloni: «Sono sconvolto dalla morte. Era un servitore dello Stato, un piemontese europeista, un amico». Fincantieri in una nota sottolinea «il grande incolmabile vuoto», e l’ad Pierroberto Folgiero aggiunge: «Oggi è morto non solo un grande condottiero, ma anche un grande manager e un grande amico. Oltre che la figura istituzionale, mancherà moltissimo la persona privata, la sua visione rigorosa del Paese e della vita, dell’importanza del coraggio e dell’amicizia come i veri valori che servono per vincere le battaglie».
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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