2022-04-28
Sui carri armati spediti in Ucraina Conte vuole fare il Grillo parlante
Il leader M5s pronto a cavalcare l’onda dell’antimilitarismo contro il prossimo decreto interministeriale che garantirà a Kiev armamenti pesanti. Più vicina la resa dei conti con l’ala di Luigi Di Maio. E la Lega aspetta.Tra qualche giorno, se le indiscrezioni venissero confermate, si assisterebbe a una scena che spiega più di ogni altra cosa la situazione dentro M5s rispetto alla guerra in Ucraina. Da una parte, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a braccetto col premier Mario Draghi e col ministro della Difesa Lorenzo Guerini a Kiev ricevuti con tutti gli onori dal presidente Zelensky per confermare il più ampio supporto del nostro Paese alla resistenza ucraina e garantire forniture di armamenti sempre più pesanti. Dall’altra, il blocco dei parlamentari grillini leali a Giuseppe Conte che si consultano e si riuniscono per trovare il modo più efficace per sbarrare la strada al provvedimento attualmente in cantiere sui nuovi aiuti all’Ucraina.Un conflitto, quello tra l’ala governista e quella contiana del Movimento, il più delle volte latente ma che, come visto anche nella vicenda della rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, riemerge ciclicamente in maniera deflagrante e ha nel suo orizzonte una resa dei conti imposta dall’appuntamento elettorale della prossima primavera. Ed è veramente difficile pensare che un ulteriore terreno scontro non possa essere il terzo decreto interministeriale sull’invio di armi a Kiev. Quello che farà seguito al secondo decreto, già chiuso e in via di illustrazione oggi al Copasir da parte di Guerini. Una risoluzione parlamentare datata primo marzo, come è noto, ha autorizzato il governo a inviare gli aiuti militari all’Ucraina facendo a meno del passaggio parlamentare. Cosa che aveva fatto storcere il naso a Conte e ai suoi, senza però portare conseguenze di rilievo sulla stabilità del governo, poiché da Palazzo Chigi si era insistito sul carattere difensivo degli equipaggiamenti. Il presidente del M5s aveva in quell’occasione preferito lucrare politicamente sul veto all’aumento immediato delle spese militari da parte del nostro Paese, prima che la cosa rientrasse grazie a un sofisma sulla data entro cui procedere all’aumento.Ora che il rilascio di un terzo decreto interministeriale pare cosa fatta, e che all’interno di quest’ultimo pare altrettanto acclarato che ci sarà il passaggio a forniture di artiglieria pesante e mezzi corazzati col tangibile rischio di un’escalation che coinvolga Paesi Nato, la questione difficilmente potrà essere contenuta nel recinto degli artifici dialettici. I segnali di un possibile showdown pentastellato ci sono: il garante Beppe Grillo, forte dell’oneroso ruolo guida riconquistato, in apertura del suo blog cita il leader cinese Xi e invita a seguire la linea di Pechino, condannando il riarmo, mentre a un livello più concreto il senatore Gianluca Ferrara conferma l’eventualità di una mozione anti carri armati all’Ucraina, facendo eco alle parole di Conte che sta alzando il pressing su Draghi e Guerini affinché riferiscano alle Camere sulla vicenda, il che equivale a mettere sul banco degli imputati anche Di Maio, senza però nominarlo.Una declinazione più precisa, dunque, di quel minaccioso «in Parlamento voteremo di conseguenza» pronunciato da Conte al termine del consiglio nazionale di M5s che ha sancito la linea del no all’escalation. Che potrebbe creare una crepa insanabile nei già tumultuosi rapporti col Pd, ormai indiscusso custode dell’ortodossia atlantista, dove cresce l’insofferenza per una serie di uscite che mirano, tra le altre cose, a blandire quella parte di elettorato dem perplessa sul flusso di armi a Kiev. Le tossine degli insulti radical al corteo milanese del 25 aprile non sono state ancora riassorbite, e l’ovazione per Conte al congresso di Articolo Uno, indotta anche dall’opzione antimilitare, non sono certo il miglior viatico per il costituendo «campo largo» alle politiche del 2023.Lo sa bene Matteo Renzi, che sta producendo il massimo sforzo per allargare la faglia tra Enrico Letta e Conte, insistendo sul tasto dell’atlantismo con toni duri e polemiche personali a tutto campo nei confronti del leader grillino. Quanto al centrodestra, Matteo Salvini mantiene una linea equilibrata e attendista, non ignorando che un passaggio parlamentare esalterebbe le contraddizioni dei giallorossi: «Sulle armi», ha detto il leader leghista, «serve un passaggio parlamentare. Io chiedo un incontro di tutti i leader per parlare di pace, si parla solo di razzi e missili». «Troviamoci», ha aggiunto, «per parlare di pace, l’Italia deve essere protagonista del cessate il fuoco». Prudenza anche da Forza Italia, che attraverso il coordinatore nazionale Antonio Tajani chiede di insistere con le sanzioni nei confronti di Mosca e con la fornitura di armi «non offensive, ma difensive», mentre dall’opposizione Fratelli d’Italia, seppure non ostile all’invio di armi, concentra la propria attenzione sulla politica energetica del nostro governo e sugli errori che nel corso degli anni hanno portato il nostro paese ad essere tra i più dipendenti dal gas russo.