Il Sud America parte alla riscossa. Opportunità in Messico e Brasile
Nelle ultime settimane il rialzo si è arrestato in sintonia con l’andamento dei mercati azionari mondiali, ma - fra le aree dei Paesi emergenti - quella latino-americana ha brillato come performance. In particolare, Messico e Brasile (soprattutto le small cap) hanno tirato la volata grazie a una combinazione di notizie positive. Se la Cina piange, insomma, l’America Latina sorride. Quella del «friend shoring» (la pratica di rilocalizzare alcune fasi della produzione in Paesi amici, che condividono il sistema di valori e l’allineamento geopolitico del Paese di riferimento), del resto, è una tendenza che è iniziata con Donald Trump e che sta proseguendo con Joe Biden. Un termine con cui si intende una forma di regionalizzazione in cui i partner economici prediligono fonti di approvvigionamento vicine e in Stati «amici».
Per questo, molti analisti prevedono che un numero crewscente di fabbriche si sposterà in Messico dalla Cina e, così facendo, aumenteranno gli scambi commerciali tra Messico e Stati Uniti. Otto dei dieci principali investimenti di nearshoring (ricollocamento delle attività e servizi aziendali in un Paese limitrofo) del Messico riguardano il settore automobilistico e l’impegno di 5 miliardi di dollari di Tesla nello Stato di Nueva Leon è di gran lunga il più grande.
Il prossimo anno a giugno si svolgeranno le elezioni presidenziali in Messico e il partito al governo ha scelto l’ex sindaco di Città del Messico Claudia Sheinbaum come candidata per succedere ad Andrés Manuel López Obrador, sospettato a torto, quando fu eletto, di essere un sedicente rivoluzionario di sinistra.
«Il rapporto deficit/Pil è raddoppiato durante il mandato di López Obrador, superando il 4%. Ma gli afflussi di investimenti hanno mantenuto il debito pubblico a un livello accettabile pari al 50% del Pil. In più, solo nell’ultimo anno, gli investimenti diretti esteri in Messico stanno aumentando del 40% su base annua», spiega Salvatore Gaziano di Soldiexpert scf. Anche il Brasile ha visto le cose andare bene nel 2023, oltre tutte le previsioni. Soprattutto, dopo il ritorno al potere lo scorso anno di Luiz Inácio Lula da Silva, già presidente per due mandati negli anni Duemila. Il catalizzatore di questa ripresa è un «quadro fiscale» che il leader ha presentato al Congresso in aprile rassicurando i mercati. L’aumento della spesa pubblica è stato poi vincolato all’aumento delle entrate, promettendo un surplus di bilancio primario (esclusi i pagamenti del debito) entro il 2025.
Nel Paese gialloverde, inoltre, il debito pubblico sul Pil è pari al 75% del prodotto interno lordo, ma punta, secondo gli analisti internazionali, nella giusta direzione. «Le azioni brasiliane sono poi considerate molto convenienti come multipli rispetto a quelle di altri Paesi emergenti. Inoltre il Brasile ha guidato il mondo negli aumenti dei tassi di interesse per reprimere l’inflazione e ora è fra i primi ad avere invertito il senso di marcia, tagliando i tassi. E questo potrebbe sostenere la spesa dei consumatori e i profitti aziendali», conclude Gaziano.





