La sosta al bar per un rinfresco e il dessert a fine pasto stanno diventando momenti di lusso. I raccolti sono in calo e i prezzi al consumo in aumento. Il Brasile, maggior produttore mondiale d’arance, è stato colpito da grave siccità e dall’attacco di un parassita che ha fatto calare la resa del 35% rispetto all’anno scorso. Il succo, come nel film «Una poltrona per due», ha avuto forti oscillazioni e in questi giorni ha toccato il massimo storico a 500 dollari. Una quotazione tripla rispetto due anni fa. Anche in Florida è strage di agrumeti. Non va meglio per le mele (-11,3% di raccolto). Solamente le pere, in ripresa, sono abbondanti e a buon mercato.
La sosta al bar per un rinfresco e il dessert a fine pasto stanno diventando momenti di lusso. I raccolti sono in calo e i prezzi al consumo in aumento. Il Brasile, maggior produttore mondiale d’arance, è stato colpito da grave siccità e dall’attacco di un parassita che ha fatto calare la resa del 35% rispetto all’anno scorso. Il succo, come nel film «Una poltrona per due», ha avuto forti oscillazioni e in questi giorni ha toccato il massimo storico a 500 dollari. Una quotazione tripla rispetto due anni fa. Anche in Florida è strage di agrumeti. Non va meglio per le mele (-11,3% di raccolto). Solamente le pere, in ripresa, sono abbondanti e a buon mercato.La sceneggiatura sembra degna di un remake dell’indimenticabile Una poltrona per due che ogni Natale viene riproposto sui canali tv con un solo vero protagonista: il succo d’arancia. Solo che questa volta la sceneggiatura non sarebbe sorridente come quella proposta nella pellicola dalle due star: Eddie Murphy e Dan Aykroyd. Anzi potrebbe accadere che ad averla vinta sarebbero i due avarissimi fratelli Duke. Non diversamente andrebbe con la produzione di mele e di pere. Non c’è proprio che dire: l’economia agricola mondiale sembra proprio alla frutta. Cominciamo dal succo d’arancia ormai diventato una stella del cinema. Il prezzo galoppa rendendo particolarmente salate le nostre soste al bar o la macedonia a fine pasto. Una grave siccità e un parassita delle piante stanno devastando la produzione. Il Brasile, il più grande esportatore di succo d’arancia al mondo, sta vivendo la peggiore siccità degli ultimi 50 anni. Inoltre insieme agli Stati Uniti sta combattendo una malattia che distrugge gli agrumeti. Come si vede nel finale del film i contratti sul succo d’arancia concentrato sono scambiati all’Intercontinental exchange di New York. In questi giorni hanno superato a più riprese quota 500 dollari, nuovo massimo storico, per poi tornare indietro a 480 dollari. Una quotazione tripla rispetto a due anni fa. L’impennata riflette la situazione disastrosa in Brasile, dove si prevede che il raccolto di arance sarà in calo di quasi il 25% rispetto all’anno precedente, segnando il peggior risultato in 35 anni. Andrés Padilla, analista di Rabobank, ha descritto la situazione come «la tempesta perfetta», parlando col Financial Times. Ha citato la combinazione di siccità, diffusione del parassita e ritardo delle stagioni delle piogge. Nel 2023, il 38% degli agrumeti brasiliani è stato colpito dalla malattia. Nel frattempo l’epidemia si è spostata a nord. La Florida, un tempo una delle principali regioni produttrici di arance negli Stati Uniti, ha visto le sue coltivazioni decimate. Un anno fa l’area fu colpita da uragani e maltempo, al punto da ridurre il raccolto al livello più basso degli ultimi 80 anni. Anche una gelata tardiva alla fine del 2022 aveva devastato le coltivazioni, Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti certificò per tutto ciò una produzione inferiore del 70% rispetto alla stagione 2020-21. Col Brasile in difficoltà e le forniture globali in calo, le aziende di bevande analcoliche stanno ora lottando per gestire i costi e mantenere la produzione, continua il Financial Times. Si prevede che la crisi avrà un impatto significativo sui consumatori, con prezzi destinati a salire ulteriormente. Kees Cools, presidente dell’International fruit and vegetable juice association (Ifu), ha avvertito che «un succo d’arancia già costoso diventerà ancora più costoso». L’industria sta così valutando soluzioni alternative, tra cui l’uso di altri agrumi nella produzione di succhi e lo sviluppo di colture più resistenti al clima.E non finisce qui. Anche i produttori di mele sono in allarme. La World apple and pear association ha pubblicato le previsioni di raccolto per la stagione 2024-25 in Europa. Quella delle mele è fissata a 10,2 milioni di tonnellate ovvero l’11,3% in meno rispetto allo scorso anno. Le pere mostrano invece una leggera ripresa con un aumento del 4,9% a 1,79 milioni di tonnellate. «In Italia si stima una produzione totale di 2.162.495 tonnellate, -1% rispetto allo scorso anno», scrive il sito specializzato Freshplaza, che sottolinea come a livello territoriale «sono previste diminuzioni in Alto Adige (-9%) e Trentino (-7%) per effetto di gelate primaverili mentre tutte le altre Regioni sono in crescita, in particolare quelle del Veneto (+33%), Emilia Romagna (+15%) e del Piemonte (+8%)». In Europa anche le previsioni del raccolto di quest’anno, prosegue il report della Wapa (l’Associazione mondiale dei produttori mele e pere), sono inferiori del 13,6% rispetto alla media dei tre anni precedenti.Complessivamente - sottolinea la Wapa - le regioni centrali e orientali dell’Unione europea sono state pesantemente colpite da scarsa fioritura, gelate tardive e grandine, che hanno portato a raccolti più piccoli in Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Austria. Ciò porterà a una minore offerta per la lavorazione delle mele nella stagione 2024-25.
Il direttore del «Corriere della Sera» Luciano Fontana (Imagoeconomica)
Se il punto è la propaganda, ogni leader è sospetto. Il precedente dell’inviato Rai, Marc Innaro, che più volte ha rivelato di avere proposto un’intervista a Lavrov. Risposta dei vertici dell’azienda: «Non diamo loro voce».
«Domandare è lecito, rispondere è cortesia». Il motto gozzaniano delle nostre nonne torna d’attualità nella querelle fra Corriere della Sera e Sergej Lavrov riguardo all’intervista con domande preconfezionate, poi cancellata dalla direzione che si è rifiutata di pubblicarla dopo aver letto «il testo sterminato, pieno di accuse e tesi propagandistiche». Motivazione legittima e singolare, perché è difficile immaginare che il ministro degli Esteri russo potesse rivelare: è tutta colpa nostra, L’Europa non aveva scelta, Le sanzioni sono una giusta punizione. Troppa grazia.
Volodymyr Zelensky (Ansa). Nel riquadro il bagno con sanitari in oro in una delle case dei corrotti smascherati a Kiev
La Tangentopoli ucraina era prevedibile: abbiamo finanziato uno dei Paesi più corrotti del mondo fingendo che fosse un modello di democrazia. E continuiamo a proteggere il presidente come se non c’entrasse nulla.
Chissà quanto saranno contenti i soldati ucraini, che ogni giorno rischiano la morte in una trincea di Pokrovsk, o gli abitanti di Kharkiv, rimasti nei giorni scorsi senza elettricità a causa dei bombardamenti russi, di sapere che una banda di affaristi vicina a Volodymyr Zelensky incassava tangenti milionarie mentre loro rischiavano la pelle. Chissà quanto saranno felici gli italiani, ma anche i francesi, i tedeschi, gli spagnoli e tutti gli altri consumatori europei che da tre anni e mezzo pagano bollette d’oro, di sapere che gli uomini del presidente ucraino hanno rubato a mani basse, facendosi pagare mazzette per decine di milioni, imponendo una «cresta» del 10-15 per cento sulle forniture energetiche.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov (Ansa)
Nei giorni scorsi, Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha accusato il Corriere della Sera di non aver pubblicato un’intervista a lui concessa. Secondo Mosca, il quotidiano avrebbe rifiutato le risposte che il ministro aveva fornito alle domande inviate dal giornale. Il Corriere, da parte sua, ha replicato che il testo ricevuto era lungo e ricco di affermazioni propagandistiche, e che le richieste di condurre un’intervista vera e propria, con possibilità di confronto sui punti da approfondire, erano state respinte dal ministero.
Pubblichiamo qui di seguito la versione integrale dell’intervista, tradotta in italiano, senza alcun endorsement del contenuto e senza finalità di propaganda. Lo facciamo perché chiedere un’intervista a un interlocutore scomodo e poi non diffonderne le parole solo perché sgradite solleva un tema di trasparenza: riteniamo che i lettori abbiano il diritto di conoscere anche voci controverse, per farsi una propria opinione.
Renato Mazzoncini, ad di A2a (Imagoeconomica)
L’ad Mazzoncini aggiorna il Piano Strategico 2035: investimenti per 23 miliardi, 16 per la transizione e 7 per l'economia circolare.






