2019-11-15
Subito stato di emergenza e indennizzi per i danni. Ma Venezia ora ha paura
Per oggi si prevede acqua alta fino a 150 centimetri. Il problema è come reagiranno gli argini già indeboliti. Stanziati 20 milioni per i primi interventi.Il supercommissario per il gigante che dorme. Nominata la Spitz, manager che ha già lavorato in laguna. Perché il letargo del Mose non superi i due anni.Lo speciale comprende due articoli. Venezia prova a rialzarsi, con fatica, una fatica immane. Il maltempo che ha dato qualche ora di tregua, ieri sera torna a diventare un incubo, quando vengono diffuse le previsioni per la notte e la giornata di oggi: acqua alta, con una punta massima di 145/150 cm. Il picco raggiunto alle 22.50 di martedì sera, 187 centimetri di marea, la seconda misura nella storia, dopo i 194 centimetri del 1966, ha provocato un morto e danni incalcolabili. Non sarà raggiunto di nuovo, ma gli argini sono stati indeboliti dall'ondata di martedì scorso. La paura è tanta, le scuole di ogni ordine e grado del centro storico, delle isole, del Lido e di Pellestrina resteranno chiuse anche oggi, mentre le farmacie garantiranno i servizi minimi di assistenza, nonostante i gravissimi danni subiti. È un bollettino di guerra. L'unica vittima collegabile direttamente all'alluvione è un anziano di 78 anni rimasto fulminato mentre cercava di far ripartire le elettropompe nella casa sommersa, a Pellestrina. L'altro morto è un uomo probabilmente colpito da un malore. L'unità di crisi per avversità atmosferiche si riunisce a Treviso, convocata dalla Regione Veneto: Città metropolitana di Venezia, province, vigili del fuoco, protezione civile e concessionarie di servizi pubblici si preparano ad affrontare una nuova perturbazione, che si dovrebbe intensificare nelle prime ore di questa mattina e protrarsi per tutta la giornata. Alle 18 a Roma inizia il Consiglio dei ministri con all'ordine del giorno la dichiarazione dello stato di emergenza per le aree del Veneto, a partire da Venezia, e della provincia di Alessandria, colpite dal maltempo. Si conclude in meno di un'ora, con lo stanziamento di 20 milioni di euro per i primi interventi. Il premier, Giuseppe Conte, arrivato martedì sera, prima di far ritorno a Roma per il Cdm , trascorre l'intera giornata a Venezia, incontrando commercianti, cittadini, imprenditori e istituzioni. «Per Venezia», dice in mattinata, «c'è un impegno a 360 gradi, c'è una situazione drammatica in una città unica, ci dobbiamo essere. Siamo vicini ai veneziani, e speriamo di prevenire queste situazioni drammatiche, perché non si ripetano più». Conte, al termine di una riunione in Prefettura con il ministro dei Trasporti Paola De Micheli, il governatore Luca Zaia e il sindaco Luigi Brugnaro, annuncia per il 26 novembre la riunione del Comitatone interministeriale per la salvaguardia di Venezia. «Con il Cdm», spiega il premier, «adottiamo il decreto che dichiara lo stato di emergenza per Venezia. Questo ci consentirà di varare già la prima dotazioni finanziarie per quanto riguarda le spese di primo soccorso volte a ripristinare le funzionalità dei servizi». Il presidente del Consiglio spiega anche quali saranno i primi passi per quel che riguarda gli aiuti economici: «Ci saranno due fasi», dice Conte, «la prima ci consentirà di indennizzare i privati e gli esercenti commerciali sino ad un limite per i primi di 5mila euro e per i secondi di 20mila euro. I soldi potranno arrivare subito e ovviamente saranno utilizzati per ristorare i danni. Poi per chi ha subito danni più consistenti», aggiunge, «li quantificheremo con più calma e dietro istruttoria tecnica potranno essere liquidati». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, telefona al sindaco Brugnaro, per manifestare la sua solidarietà e chiede informazioni. La Giunta comunale di Venezia si riunisce nel pomeriggio, e adotta un provvedimento, su indicazione del sindaco Brugnaro e predisposto dall'Assessore al Bilancio e tributi Michele Zuin, che dispone il posticipo di un mese dell'imminente scadenza della quarta rata della Tari, prevista per il 16 novembre, per tutti i cittadini e le imprese dell'intero Comune. La nuova scadenza sarà fissata per il 16 dicembre. Alcuni istituti bancari, Intesa, Crédit Agricole FriulAdria, Banco Bpm, Bnl Gruppo Bnp Paribas, annunciano di essere pronti ad accogliere le richieste di sospensione del pagamento delle rate dei mutui per chi è stato danneggiato dall'alluvione. A Venezia arriva anche il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Accompagnato dal governatore Zaia e dal sindaco Brugnaro, Berlusconi attraversa Piazza San Marco, completamente allagata, munito di stivaloni di gomma. Berlusconi lancia una proposta per raccogliere i fondi necessari a riparare i danni subiti da Venezia: «Noi», dice il Cav, «vogliamo interessare tutte le entità che possono intervenire. Venezia è una delle capitali del mondo, uno dei pilastri della storia dell'Occidente e quindi credo che tutti abbiano l'interesse ma anche la voglia di fare ciò che è necessario per conservarla e per preservarla al meglio. Io penso», aggiunge Berlusconi, «che se ci fosse una spesa di 200 milioni, tre quarti di questa potrebbe essere sostenuta dai singoli Stati, che poi si guarderebbero uno con l'altro per non fare brutta figura, e un quarto circa da privati. Il grosso della spesa, però, credo debba essere versato dai più grandi Stati del mondo».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/subito-stato-di-emergenza-e-indennizzi-per-i-danni-ma-venezia-ora-ha-paura-2641343359.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-supercommissario-per-il-gigante-che-dorme" data-post-id="2641343359" data-published-at="1760464674" data-use-pagination="False"> Il supercommissario per il gigante che dorme La prima mossa del governo dopo l'alluvione è piazzare un commissario per il Mose. Anzi, un supercommissario visto che il Consorzio Venezia nuova, l'ente incaricato dal governo di realizzare l'opera, è già commissariato dal 2014 dopo l'ondata di arresti per l'enorme giro di mazzette sui lavori. Fu l'allora premier Matteo Renzi a sollecitare Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità anticorruzione, a nominare i commissari. Oggi Palazzo Chigi ritiene doveroso commissariare i commissari per mostrare ai veneziani e al resto d'Italia lo scatto d'orgoglio dopo il disastro e i ritardi. Il supercommissario è una donna, Elisabetta Spitz. Una top manager di Stato abituata sia a maneggiare grandi lavori sia a sbrogliare matasse intricate. Spitz, architetto, moglie separata dell'ex segretario Udc Marco Follini, ha diretto l'Agenzia del demanio per 8 anni, dal 2000 al 2008: gli immobili pubblici erano il suo pane quotidiano. L'aveva scelta Vincenzo Visco, allora ministro «Dracula» delle Finanze, che nel 1999 l'aveva anche inserita nel comitato di 7 esperti incaricato di elaborare una riforma del ministero. Chiusa l'esperienza al Demanio, Spitz ha continuato a occuparsi dello sterminato patrimonio immobiliare italiano come capo di Invimit, la società a capitale pubblico che deve vendere una parte degli edifici dello Stato. Fino all'altro giorno era commissaria straordinaria di Sorgente sgr, la società del gruppo Sorgente dell'immobiliarista Valter Mainetti (gestione di fondi immobiliari per un valore di 2,5 miliardi di euro) in lite con Enasarco, l'ente di previdenza e assistenza degli agenti di commercio. Spitz ha già lavorato in laguna. Dal 1992 al 1999 ha presieduto il consorzio di progettazione per la salvaguardia delle aree abitate di Venezia e nel periodo 2009-2010 è stata consulente dell'Autorità portuale per formulare il piano di gestione del porto. Ora torna per la terza volta per il compito più difficile: completare nei tempi previsti (31 dicembre 2021) il sistema di 78 dighe mobili che dovrebbe salvare Venezia dall'acqua alta. E l'avrebbe salvata anche l'altro giorno, se solo i lavori di costruzione fossero stati terminati entro il 2016 come prevedeva il progetto originale. Le paratoie sono tutte incernierate sui fondali delle tre bocche di porto che mettono in comunicazione il mare Adriatico e la laguna veneziana. Sono enormi cassoni vuoti che nella normalità giacciono sul fondo, ma quando la marea supera i 110 centimetri vengono svuotati dall'acqua con potenti flussi di aria compressa e così alleggeriti si posizionano in verticale erigendo una barriera. Cessato l'allarme, ritornano a fondo. La posa delle dighe è stata completata a gennaio. Ora sono in corso i test di sollevamento per tarare le parti meccaniche e verificare il funzionamento dei meccanismi elettronici di regolazione. Il problema è che per sollevare le dighe ci vogliono dalle 4 alle 5 ore e in questo frangente le paratoie lavorano nel mare agitato e con venti fortissimi: l'altro giorno le raffiche hanno raggiunto i 126 chilometri orari. Le onde sbattono con violenza contro i cassoni, tendono ad abbassarli e il rischio è che, senza un sistema di correzione, li scavalchino creando ancora più danno. Ma non c'è soltanto una questione ingegneristica. Serve un coordinamento tra gli enti coinvolti (Comune, Regione, Provveditorato alle acque, Capitaneria di porto, prefettura) per fare funzionare il Mose. E infine occorrono braccia: ora il numero di addetti disponibili è quello reclutato per i test, sufficiente a far funzionare soltanto una delle 4 schiere in cui sono articolate le dighe mobili. Gli altri tecnici vanno trovati, assunti e preparati per le manovre. Oggi dunque il Mose è un gigante che dorme in fondo al mare. E che resterà in letargo per altri due anni. Soltanto la Protezione civile o il prefetto (cioè il governo) avrebbero potuto ordinare di alzare l'unica schiera di cassoni al momento azionabile. Ma, secondo uno dei commissari in carica, l'ingegner Francesco Ossola, un'azione parziale avrebbe fatto peggio. «La chiusura di una sola bocca di porto, quella di Chioggia o del Lido», ha spiegato, «avrebbe “insaccato" l'acqua creando danni maggiori. E le simulazioni del passato parlano di un effetto molto limitato, soltanto 10 o 20 centimetri». Altra cosa sarebbe stato potere azionare tutte le paratoie: «Il sistema risponde bene ai test, il Mose funzionerà, ne sono convinto, altrimenti non sarei qui», ha garantito Ossola.
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