2024-08-31
Contrordine: chi denuncia può avere torto
Sara Giudice (Imagoeconomica)
D’improvviso, dubitare della versione di chi si considera abusata non è più «violenza».La storia del presunto stupro da parte di Nello Trocchia e Sara Giudice ai danni di una collega giornalista, ancora tutto da chiarire dal punto di vista giudiziario, ci insegna che la sinistra sta facendo incredibili passi avanti nella lotta alla cultura politically correct. Il primo: dopo decenni di commiserazione d’ufficio a favore della parte lesa, i compagni hanno scoperto che la versione delle vittime si può mettere in dubbio. In fondo, non è complicato: basta che i presunti colpevoli facciano partedella casta giornalistica e/o siano nel giro dell’amichettismo possibilmente di sinistra, possibilmente femminile. Non a caso, è a Sara Giudice che viene data la parola all’indomani dell’articolo della Verità: doppie pagine in cui la giornalista ex Piazzapulita, in procinto di sbarcare sulla tv di Stato, si dichiara «addolorata» per le «bugie» raccontate dalla collega. Selvaggia Lucarelli, che è sempre un passo avanti, va oltre la realtà fattuale e suggerisce che forse l’articolo della Verità è «legato al lavoro a Piazzapulita» di Sara Giudice. L’eventualità che la presunta vittima possa essersi sentita soggiogata da due colleghi forse più affermati di lei non viene neanche presa in considerazione, come invece di solito accade. Immaginiamo che al posto della nota coppia Giudice-Trocchia, disinvolta e incautamente felice come emerge dallo sfogo affidato alla delicata penna di Lucarelli, ci fosse stato un Morgan o un Leonardo Apache La Russa: mettere il microfono a disposizione dell’accusa, come è accaduto ieri su tutti i quotidiani, non sarebbe stato definito uno sfacciato caso di victim blaming? Non sarebbero insorti tutti i collettivi femministi, i Me too e i #senonoraquando de noantri lamentando, in barba a ogni residuo garantista, di aver dato ai presunti stupratori troppo spazio?Secondo passo avanti: gli amichettisti di cui sopra, per anni strenui promotori della lotta al reato (sconosciuto ai più) di «vittimizzazione secondaria» (così definita quando una persona che dichiara di aver subito una violenza «primaria» subisce ulteriori violenza, ad esempio verbale, da parte di soggetti diversi, ndr) hanno deciso, a quanto pare, di metterla definitivamente al bando. Sembrano passati anni luce da quando il responsabile informazione del Pd Sandro Ruotolo la evocò, neanche un anno fa, contro Filippo Facci, prendendo le difese della ragazza che accusava di stupro il figlio del presidente del Senato. Ruotolo e il Pd attaccarono pesantemente l’editorialista di Libero per aver scritto, con stile oltremodo dissacrante, che «la ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa» e riuscirono a fargli perdere il contratto in Rai. L’attenzione nei confronti della vittima da parte del responsabile informazione Pd e di tutta la sinistra, che come un sol uomo accusò Facci di «sessismo, razzismo e apologia del pensiero fascista», è evaporata come neve al sole. La presunta vittima pare non interessare a nessuno, neanche ai pm che hanno posticipato a dicembre il suo interrogatorio. E com’è stata delicata Repubblica - che ai tempi di Leonardo Apache titolava sul «figlio del presidente del Senato indagato per stupro» - a dedicare un articoletto alla «coppia di giornalisti», senza indicare i loro nomi nel titolo. Forse qualcuno ha intuito che chi di politically correct ferisce, di politically correct perisce? Pare vero.
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