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2022-12-04
Lo studio che smonta le balle di Abrignani
Nel riquadro Sergio Abrignani (Ansa)
Vi ricordate Sergio Abrignani? L’ex membro del Comitato tecnico scientifico, l’uomo che ci aveva garantito che la copertura offerta dalla terza dose sarebbe durata cinque-dieci anni, lo scorso agosto, sul Corriere della Sera, catechizzava così i lettori: «Da quello che sappiamo non c’è stato alcun evento avverso mortale direttamente associato ai vaccini a mRna». In realtà, negli Stati Uniti, erano già usciti i referti sulle miocarditi post iniezione, che avevano stroncato nel sonno alcuni giovani pazienti. Forse Abrignani non li aveva letti. Adesso, per schivare il rischio di altre improvvide dichiarazioni a mezzo stampa, gli consigliamo di non perdersi uno studio tedesco, appena pubblicato su Clinical research in cardiology, che fa davvero accapponare la pelle.
Il paper descrive le autopsie praticate su 25 persone morte improvvisamente, entro 20 giorni dalla vaccinazione anti Covid. Tra queste, sono stati poi individuati cinque soggetti, nei quali la miocardite poteva essere considerata la causa del decesso. In quattro di loro, inoculati con i farmaci a mRna, gli autori dell’articolo non hanno identificato altre condizioni patologiche o spiegazioni alternative della dipartita. È bastato unire i puntini per trarre le logiche conclusioni.
Tutti i malcapitati, tre donne e due uomini di età compresa tra 46 e 75 anni, mai infettati dal Covid, sono stati uccisi da un’aritmia cardiaca, a massimo una settimana dalle punture. Quattro avevano ricevuto la prima dose, uno la seconda. Il soggetto numero 1 - il crudo gergo scientifico nasconde a malapena la tragedia e la sofferenza che avrà provocato, nei loro cari, la morte di queste persone - è spirato a 12 ore dalla vaccinazione. «Un testimone», si legge nel paper, «ha descritto dei rantoli poco prima della scoperta del collasso circolatorio». Il soggetto 2, invece, aveva lamentato una sensazione di nausea ed è stato trovato morto poco dopo. I cadaveri degli altri sono stati rivenuti in casa senza che fosse stato possibile raccogliere informazioni «sui sintomi terminali». E questo è un dettaglio inquietante: finora, la gran parte delle indagini sulle infiammazioni al cuore innescate dai vaccini si era concentrata sui casi fortemente sintomatici, tali da richiedere trattamento medico o ricovero. Qui, invece, si parla di individui che hanno manifestato disturbi apparentemente non gravi e che sono deceduti senza neppure che un dottore li potesse visitare.
Gli esami istologici hanno mostrato la presenza di infiltrazioni infiammatorie nel miocardio, concentrate soprattutto nella parete ventricolare destra e nel setto interventricolare. L’infiltrato era prevalentemente composto da linfociti. In tre casi, non essendo state scoperte altre plausibili cause di morte ed essendo il decesso avvenuto a stretto giro dopo le inoculazioni, i ricercatori hanno concluso che i poveretti sono stati stroncati dalla miocardite. E che essa è stata una conseguenza del vaccino a mRna. Sugli atri due incidenti, gli autori del saggio sono stati più prudenti e hanno classificato come «possibile» il decesso quale evento avverso post vaccinazione. In uno, perché approfondimenti diagnostici hanno rilevato la presenza dell’herpes virus, che quindi fornirebbe una giustificazione alternativa allo sviluppo dell’infiammazione al cuore; nell’altro, perché l’infiltrato è stato rilevato in modo particolare nel grasso pericardico.
Lo studio ha fatto molto rumore nella comunità scientifica. Lo ha commentato, su Twitter, Joseph Ladapo, il ministro della Sanità della Florida. Secondo il medico americano, esso confermerebbe che è stata saggia la decisione, risalente a ottobre, di fermare le punture sugli under 40 nello Stato guidato da Ron DeSantis. Difficile dargli torto. Anzi, per assurdo, l’articolo restituisce un quadro ancor più preoccupante di quello delineato dall’esperto Usa: le vittime del vaccino, come abbiamo visto, erano ultraquarantenni. Quindi, le miocarditi possono colpire anche persone più adulte - e con conseguenze fatali.
Alla fine, il nodo sta tutto nel sacrosanto proposito di valutare rischi e benefici delle iniezioni. Visto che le infiammazioni cardiache, tanto più se mortali, sono molto rare, ha senso suggerire a un over 50, magari affetto già da altre malattie, di vaccinarsi. Il discorso cambia, specialmente in presenza di un ceppo virale meno patogeno, tipo Omicron e le sue sottovarianti, quando si prendono in considerazione i giovani. Ai quali comunque, in Italia, era stato raccontato che le miocarditi da vaccino sono «lievi e autolimitanti», pur di convincerli a correre negli hub.
Bisognerebbe spedire il link del paper ai giudici della Consulta. Davvero, per i numi tutelari della Costituzione, rifilare tre dosi coatte a un sanitario di 30 anni era una misura «a tutela della salute»?
La decisione della Consulta va in senso opposto ai dati dell’Iss
Dopo il rigetto della Corte costituzionale ai ricorsi contro l’obbligo vaccinale, una parte del mondo scientifico, da sempre non allineata alla cordata mainstream in linea con le scelte governative, porta in causa proprio i dati dell’Istituto superiore di Sanità che, secondo quanto dichiarato dall’avvocato Chiara Tomiola in udienza alla Consulta, dimostrerebbero l’utilità della profilassi contro i contagi.
La giurista ha infatti affermato che «l’efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell’Iss, che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano». Parole che, oltre a confermare la mancata protezione totale fornita dai preparati, non tengono conto della realtà fornita dai dati dell’Istituto.
Così, i firmatari membri della Commissione medico-scientifica indipendente (Cmsi, Marco Cosentino, Alberto Donzelli, Vanni Frajese, Patrizia Gentilini, Eduardo Missoni, Sandro Sanvenero, Eugenio Serravalle, hanno presentato una nota unanime di dissenso per smentire quanto assunto come verità di fatto dalla Corte stessa.
Facendo riferimento al bollettino Iss del 23 novembre, i dati mostrano che, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età, i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 30,4% in più; i giovani tra 12 i e i 39 anni con booster si infettano il 22% in più; la fascia 40-59 anni con booster si infetta il 56% in più; gli anziani tra i 60 e i 79 anni con booster si infettano ormai il 2% in più dei non vaccinati, e se fermi a due dosi (dunque probabilmente più distanti dall’ultimo inoculo) si infettano il 7% in più. Entrando nel merito, la Commissione indica che «i dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali presentati in occasione del Congresso PoliCovid-22, appena svoltosi a Torino, al quale ha partecipato anche il professor John Ioannidis, epidemiologo dell’Università di Stanford, che ha mostrato come i vaccini non abbiano avuto praticamente effetto nel contenimento dell’ondata epidemica.
In sostanza, spiega la Cmsi, il tempo è la variabile fondamentale, poiché la protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi si inverte, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma si torna a perderla velocemente, con un percorso che sembra accelerato al ripetersi dei successivi inoculi. Questo circolo vizioso è risultato evidente, tuttavia si continua a spingere sulle vaccinazioni e sugli infiniti richiami.
Il dottor Donzelli e colleghi ritengono quindi non rispettate le condizione poste dalla Costituzione per legittimare un trattamento sanitario obbligatorio per legge, cioè che «il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri» e che «esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili».
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Un paper tedesco mostra che su 25 decessi analizzati, tre sono stati l’esito di miocardite causata dal vaccino. I soggetti sono tutti morti entro una settimana dalla puntura. Alla faccia dell’ex membro del Cts, che assicurava: «Mai registrati effetti avversi mortali».La decisione della Consulta va in senso opposto ai dati dell’Iss. Cmsi: «Numeri dell’Istituto usati per provare l’efficacia dei sieri. Ma dicono il contrario».Lo speciale contiene due articoli.Vi ricordate Sergio Abrignani? L’ex membro del Comitato tecnico scientifico, l’uomo che ci aveva garantito che la copertura offerta dalla terza dose sarebbe durata cinque-dieci anni, lo scorso agosto, sul Corriere della Sera, catechizzava così i lettori: «Da quello che sappiamo non c’è stato alcun evento avverso mortale direttamente associato ai vaccini a mRna». In realtà, negli Stati Uniti, erano già usciti i referti sulle miocarditi post iniezione, che avevano stroncato nel sonno alcuni giovani pazienti. Forse Abrignani non li aveva letti. Adesso, per schivare il rischio di altre improvvide dichiarazioni a mezzo stampa, gli consigliamo di non perdersi uno studio tedesco, appena pubblicato su Clinical research in cardiology, che fa davvero accapponare la pelle.Il paper descrive le autopsie praticate su 25 persone morte improvvisamente, entro 20 giorni dalla vaccinazione anti Covid. Tra queste, sono stati poi individuati cinque soggetti, nei quali la miocardite poteva essere considerata la causa del decesso. In quattro di loro, inoculati con i farmaci a mRna, gli autori dell’articolo non hanno identificato altre condizioni patologiche o spiegazioni alternative della dipartita. È bastato unire i puntini per trarre le logiche conclusioni. Tutti i malcapitati, tre donne e due uomini di età compresa tra 46 e 75 anni, mai infettati dal Covid, sono stati uccisi da un’aritmia cardiaca, a massimo una settimana dalle punture. Quattro avevano ricevuto la prima dose, uno la seconda. Il soggetto numero 1 - il crudo gergo scientifico nasconde a malapena la tragedia e la sofferenza che avrà provocato, nei loro cari, la morte di queste persone - è spirato a 12 ore dalla vaccinazione. «Un testimone», si legge nel paper, «ha descritto dei rantoli poco prima della scoperta del collasso circolatorio». Il soggetto 2, invece, aveva lamentato una sensazione di nausea ed è stato trovato morto poco dopo. I cadaveri degli altri sono stati rivenuti in casa senza che fosse stato possibile raccogliere informazioni «sui sintomi terminali». E questo è un dettaglio inquietante: finora, la gran parte delle indagini sulle infiammazioni al cuore innescate dai vaccini si era concentrata sui casi fortemente sintomatici, tali da richiedere trattamento medico o ricovero. Qui, invece, si parla di individui che hanno manifestato disturbi apparentemente non gravi e che sono deceduti senza neppure che un dottore li potesse visitare.Gli esami istologici hanno mostrato la presenza di infiltrazioni infiammatorie nel miocardio, concentrate soprattutto nella parete ventricolare destra e nel setto interventricolare. L’infiltrato era prevalentemente composto da linfociti. In tre casi, non essendo state scoperte altre plausibili cause di morte ed essendo il decesso avvenuto a stretto giro dopo le inoculazioni, i ricercatori hanno concluso che i poveretti sono stati stroncati dalla miocardite. E che essa è stata una conseguenza del vaccino a mRna. Sugli atri due incidenti, gli autori del saggio sono stati più prudenti e hanno classificato come «possibile» il decesso quale evento avverso post vaccinazione. In uno, perché approfondimenti diagnostici hanno rilevato la presenza dell’herpes virus, che quindi fornirebbe una giustificazione alternativa allo sviluppo dell’infiammazione al cuore; nell’altro, perché l’infiltrato è stato rilevato in modo particolare nel grasso pericardico.Lo studio ha fatto molto rumore nella comunità scientifica. Lo ha commentato, su Twitter, Joseph Ladapo, il ministro della Sanità della Florida. Secondo il medico americano, esso confermerebbe che è stata saggia la decisione, risalente a ottobre, di fermare le punture sugli under 40 nello Stato guidato da Ron DeSantis. Difficile dargli torto. Anzi, per assurdo, l’articolo restituisce un quadro ancor più preoccupante di quello delineato dall’esperto Usa: le vittime del vaccino, come abbiamo visto, erano ultraquarantenni. Quindi, le miocarditi possono colpire anche persone più adulte - e con conseguenze fatali. Alla fine, il nodo sta tutto nel sacrosanto proposito di valutare rischi e benefici delle iniezioni. Visto che le infiammazioni cardiache, tanto più se mortali, sono molto rare, ha senso suggerire a un over 50, magari affetto già da altre malattie, di vaccinarsi. Il discorso cambia, specialmente in presenza di un ceppo virale meno patogeno, tipo Omicron e le sue sottovarianti, quando si prendono in considerazione i giovani. Ai quali comunque, in Italia, era stato raccontato che le miocarditi da vaccino sono «lievi e autolimitanti», pur di convincerli a correre negli hub. Bisognerebbe spedire il link del paper ai giudici della Consulta. Davvero, per i numi tutelari della Costituzione, rifilare tre dosi coatte a un sanitario di 30 anni era una misura «a tutela della salute»?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/studio-smonta-balle-abrignani-2658827101.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-decisione-della-consulta-va-in-senso-opposto-ai-dati-delliss" data-post-id="2658827101" data-published-at="1670100617" data-use-pagination="False"> La decisione della Consulta va in senso opposto ai dati dell’Iss Dopo il rigetto della Corte costituzionale ai ricorsi contro l’obbligo vaccinale, una parte del mondo scientifico, da sempre non allineata alla cordata mainstream in linea con le scelte governative, porta in causa proprio i dati dell’Istituto superiore di Sanità che, secondo quanto dichiarato dall’avvocato Chiara Tomiola in udienza alla Consulta, dimostrerebbero l’utilità della profilassi contro i contagi. La giurista ha infatti affermato che «l’efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell’Iss, che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano». Parole che, oltre a confermare la mancata protezione totale fornita dai preparati, non tengono conto della realtà fornita dai dati dell’Istituto. Così, i firmatari membri della Commissione medico-scientifica indipendente (Cmsi, Marco Cosentino, Alberto Donzelli, Vanni Frajese, Patrizia Gentilini, Eduardo Missoni, Sandro Sanvenero, Eugenio Serravalle, hanno presentato una nota unanime di dissenso per smentire quanto assunto come verità di fatto dalla Corte stessa. Facendo riferimento al bollettino Iss del 23 novembre, i dati mostrano che, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età, i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 30,4% in più; i giovani tra 12 i e i 39 anni con booster si infettano il 22% in più; la fascia 40-59 anni con booster si infetta il 56% in più; gli anziani tra i 60 e i 79 anni con booster si infettano ormai il 2% in più dei non vaccinati, e se fermi a due dosi (dunque probabilmente più distanti dall’ultimo inoculo) si infettano il 7% in più. Entrando nel merito, la Commissione indica che «i dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali presentati in occasione del Congresso PoliCovid-22, appena svoltosi a Torino, al quale ha partecipato anche il professor John Ioannidis, epidemiologo dell’Università di Stanford, che ha mostrato come i vaccini non abbiano avuto praticamente effetto nel contenimento dell’ondata epidemica. In sostanza, spiega la Cmsi, il tempo è la variabile fondamentale, poiché la protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi si inverte, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma si torna a perderla velocemente, con un percorso che sembra accelerato al ripetersi dei successivi inoculi. Questo circolo vizioso è risultato evidente, tuttavia si continua a spingere sulle vaccinazioni e sugli infiniti richiami. Il dottor Donzelli e colleghi ritengono quindi non rispettate le condizione poste dalla Costituzione per legittimare un trattamento sanitario obbligatorio per legge, cioè che «il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri» e che «esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili».
Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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Il nuovo rapporto Europol dipinge un quadro inquietante del traffico di migranti in Europa: reti criminali globali sempre più frammentate e tecnologiche, violenze estreme, sfruttamento sistematico e uso di intelligenza artificiale per gestire i flussi e massimizzare i profitti. Nonostante l’aumento dei controlli, le organizzazioni si adattano rapidamente, mentre le vittime - soprattutto donne - continuano a subire soprusi lungo rotte complesse e costose.
I network dediti al traffico di esseri umani stanno mostrando una flessibilità operativa mai osservata prima, sfruttando l’attuale disordine geopolitico come leva per moltiplicare i guadagni. È questa la fotografia inquietante che emerge dall’ultimo dossier pubblicato da Europol, che scandaglia nel dettaglio le modalità con cui le organizzazioni criminali reclutano, instradano e infine assoggettano migliaia di migranti intenzionati a entrare in Europa. Secondo l’agenzia europea, tali gruppi non esitano a impiegare violenze estreme, soprusi sistematici e pratiche di sfruttamento feroce pur di incassare somme che possono arrivare a decine di migliaia di euro per singola traversata. Come riportato da Le Figaro, il documento rappresenta il nono rapporto operativo del Centro europeo contro il traffico di migranti, organismo creato nel 2016 e oggi integrato in Europol. L’analisi si concentra in particolare sul 2024, ultimo anno per il quale sono disponibili dati completi, e restituisce l’immagine di uno sforzo investigativo di vasta portata: 266 operazioni sostenute, 48 giornate di azione coordinate a livello internazionale e oltre 14.000 segnalazioni operative trasmesse tramite il sistema Siena, la piattaforma di scambio informativo tra le polizie europee. Un volume in forte crescita rispetto alle 2.072 comunicazioni del 2016, che conferma l’intensificarsi della pressione investigativa sulle reti di trafficanti a livello continentale.
Al di là dei numeri, il rapporto mette in luce una trasformazione strutturale del fenomeno. Europol individua come tendenza dominante la crescente internazionalizzazione delle organizzazioni criminali e la loro frammentazione funzionale, soprattutto sull’asse Europa–Nord Africa. Lungo le rotte migratorie, ogni fase del processo – dal reclutamento al trasferimento, fino allo sfruttamento finale – viene demandata a soggetti differenti, spesso ben radicati sul territorio. La direzione strategica, invece, si colloca frequentemente al di fuori dell’Unione Europea, una configurazione che consente alle reti di restare operative anche quando singoli segmenti vengono smantellati dalle autorità. Queste organizzazioni sono in grado di pianificare percorsi articolati: accompagnare migranti dalla Siria alla Francia, dal Marocco alla Spagna o dalla Russia alla Svezia; produrre documenti contraffatti in Pakistan e farli arrivare in Scandinavia; garantire sistemazioni temporanee considerate «sicure» in diversi Paesi europei. In alcuni casi, le reti arrivano persino a reperire donne destinate a matrimoni forzati. Un fenomeno già denunciato dalle Nazioni Unite in un rapporto diffuso alla fine del 2024, che segnalava rapimenti lungo le rotte africane e mediorientali, con vittime obbligate a sposare i propri sequestratori e a subire gravidanze imposte.
Secondo Europol, i trafficanti costruiscono vere e proprie strutture modulari, con cellule specializzate nel reclutamento, nel transito e nello sfruttamento delle persone. Non si tratta, inoltre, di gruppi limitati a una sola attività illecita: molte reti operano simultaneamente in più ambiti criminali. Il rapporto cita, ad esempio, un’organizzazione composta prevalentemente da cittadini cinesi, smantellata tra Spagna e Croazia nel dicembre 2024, coinvolta in sfruttamento sessuale, riciclaggio di denaro, frodi e favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Le 33 vittime individuate erano state costrette a prostituirsi in diversi Paesi europei. Il dossier offre anche una mappatura dettagliata delle rotte migratorie e dei relativi costi. Arrivare a Cipro dalla Siria può comportare una spesa che va da poche centinaia fino a 10.000 euro, in base al livello di rischio e ai servizi inclusi. Il passaggio dalla Turchia all’Italia non scende sotto i 5.000 euro, mentre raggiungere la Finlandia partendo dalla Russia costa tra i 1.500 e i 5.000 euro. Le tratte più onerose restano quelle della Manica e del Mediterraneo occidentale tra Marocco e Spagna, dove le tariffe oscillano tra i 10 e i 20.000 euro. A questo si aggiunge un vero e proprio listino «accessorio»: documenti falsi, alloggi, voli, passaporti e perfino donne, valutate come merce con prezzi compresi tra i 1.000 e i 2.500 euro.
La gestione dei flussi finanziari rappresenta un altro nodo cruciale. Il denaro raramente transita attraverso i canali bancari tradizionali. I trafficanti fanno largo uso dell’hawala, un sistema informale basato sulla fiducia tra intermediari, che consente trasferimenti rapidi e difficilmente tracciabili. Negli ultimi anni, però, a questo meccanismo si sono affiancate - e in parte sostituite - le criptovalute. Europol segnala un ricorso crescente a broker specializzati, trasporto di contante e schemi di conversione digitale, seguiti dal reinvestimento dei proventi in attività apparentemente lecite come agenzie di viaggio o immobili.
Le nuove tecnologie permeano l’intero modello di business criminale. Alcune reti hanno replicato le logiche del marketing digitale, creando vere e proprie «accademie» online in cui i trafficanti più esperti addestrano i nuovi affiliati. L’intelligenza artificiale viene utilizzata per generare annunci multilingue, poi diffusi sui social network e su piattaforme di messaggistica criptata come Telegram, allo scopo di intercettare potenziali clienti. A complicare ulteriormente la risposta delle autorità è l’estrema rapidità con cui i trafficanti rimodulano le rotte in funzione dei controlli, delle crisi regionali e persino delle opportunità generate dai conflitti. Quando un corridoio viene messo sotto pressione da arresti o pattugliamenti, le reti spostano rapidamente uomini, mezzi e contatti su itinerari alternativi, frammentando il viaggio in micro-tratte affidate a intermediari diversi. Una strategia che riduce l’esposizione dei vertici e, allo stesso tempo, moltiplica le occasioni di abuso sui migranti, costretti a dipendere da una catena di soggetti spesso violenti e imprevedibili. In questo schema, il controllo non si esercita solo attraverso la forza fisica, ma anche tramite la coercizione psicologica: debiti gonfiati, minacce di abbandono, pressioni sulle famiglie e ricatti legati ai documenti diventano strumenti di dominio. Europol sottolinea inoltre come l’intreccio tra traffico di migranti e altri affari illeciti – dalla frode al riciclaggio, fino allo sfruttamento sessuale – generi un ecosistema in cui le vittime possono essere spostate da un mercato all’altro in base alla convenienza. Il capitolo più oscuro resta quello dedicato alla violenza, ormai elevata a vero e proprio modello economico. Le donne risultano le principali vittime. Secondo dati ONU, lungo la rotta del Mediterraneo centrale fino al 90% delle donne e delle ragazze subisce stupri o aggressioni sessuali. Molte sono costrette a «pagare» il viaggio offrendo prestazioni sessuali, spesso a più uomini, in cambio di una presunta protezione. Minacce, torture e ricatti si estendono anche alle famiglie rimaste nei Paesi d’origine, con l’obiettivo di estorcere ulteriori somme di denaro.
La Libia continua a rappresentare uno degli epicentri di questa brutalità. Rapporti internazionali documentano il ritrovamento di corpi di migranti uccisi, torturati o lasciati morire per fame e mancanza di cure, abbandonati in discariche, campi agricoli o nel deserto. La violenza viene impiegata anche all’interno delle stesse reti criminali come strumento di controllo dei territori e delle quote di mercato. Nonostante questo quadro, alcune misure di contrasto sembrano produrre risultati. Secondo Frontex, nel 2024 gli ingressi irregolari nell’Unione Europea sono scesi a 239.000, il livello più basso dal 2021. La rotta balcanica ha registrato un crollo del 78%, quella del Mediterraneo centrale del 59%. Altre direttrici, però, mostrano un andamento opposto: +14% sul Mediterraneo orientale e +18% lungo la rotta dell’Africa occidentale. In questo scenario, i Paesi UE hanno avviato un ulteriore irrigidimento delle politiche migratorie, aprendo anche all’ipotesi di trasferire i migranti in centri situati al di fuori dei confini europei. Un segnale che la partita resta aperta, mentre le organizzazioni criminali continuano a reinventarsi, spesso mantenendo un vantaggio operativo rispetto alle contromisure.
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