2024-08-27
Uno studio smonta gli allarmi Oms. Il Mpox è già diventato meno letale
Il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus (Ansa)
Un team di ricercatori italiani: la variante più recente ha un tasso di mortalità inferiore.Il nuovo ceppo del vaiolo delle scimmie non provoca la forma più grave della malattia: a sostenerlo è un nuovo studio italiano, secondo il quale la patologia può essere controllata attraverso prevenzione e monitoraggio. Niente campagne vaccinali, niente panico: la ricerca, per molti aspetti rassicurante, è stata condotta dall’epidemiologo Massimo Ciccozzi, dal collega del Campus Bio-Medico di Roma Francesco Branda e da Fabio Scarpa, del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari. Lo studio ha completato la carta d’identità genetica del lignaggio emergente di Mpox, il Clade 1b, che sembra evolvere più rapidamente rispetto al clade principale 1, ma il tasso di mortalità resta inferiore. Sebbene sia in grado di diffondersi oltre i confini della Repubblica Democratica del Congo e anche fuori dall’Africa, non ha soppiantato quello ancestrale e, dunque, è ancora possibile controllarne la diffusione, intervenendo rapidamente: «Il nostro studio», dice Ciccozzi all’Adnkronos, «ha avuto l’obiettivo di analizzare la composizione genetica del nuovo lignaggio emergente di Mpox, il Clade 1b. Le nostre analisi hanno mostrato che tutti i genomi appartenenti al Clade 1b presentano un gruppo con un unico antenato comune che evolutivamente è distante dai membri del Clade 1a. I componenti del Clade 1b sembrano evolvere più rapidamente rispetto al Clade principale. Questo modello evolutivo», aggiunge Ciccozzi, «non sorprende se si considera che la Clade 1b attualmente è associata a un tasso di mortalità inferiore rispetto al Clade 1a. Queste caratteristiche migliorate conferiscono al nuovo lignaggio una maggiore “fitness” che probabilmente le ha garantito la capacità di diffondersi oltre i confini della Repubblica Democratica del Congo (a luglio Kenya e Uganda) e addirittura fuori dall’Africa con i due casi recenti di Svezia e Thailandia. In ogni caso, in Africa, il nuovo lignaggio non ha soppiantato quello ancestrale, che muta meno ed evidentemente è maggiormente adattato all’ambiente e all’ospite. Nel 2024, infatti, ci sono ancora lignaggi appartenenti al Clade 1a». Il linguaggio è ovviamente quello scientifico, ma il senso è che lo studio rappresenta una buona notizia: «Dal punto di vista evolutivo, questo è positivo», sottolinea l’esperto, «poiché suggerisce che, sebbene la fitness del nuovo lignaggio sia migliorata, non è ancora abbastanza forte da sostituire completamente il lignaggio ancestrale, che rimane più stabile e conservato nell'area. Questo scenario è ulteriormente supportato dalla mancanza di prove che questa variante si trasmetta meglio o causi una malattia più grave rispetto al Clade 1a. Di fatto, viste le circostanze e vista la modalità di trasmissione è ancora possibile controllare la diffusione del nuovo lignaggio attraverso prevenzione e informazione potenziate. Infatti, un contenimento adeguato in questo momento andrebbe a rappresentare un ostacolo nel suo percorso evolutivo, tarpandogli le ali in termini di diffusione e impedendogli di sviluppare il suo pieno potenziale». Per contenere la diffusione della malattia, avverte Ceccozzi, «è fondamentale continuare il monitoraggio basato sul genoma per valutare la composizione e la variabilità genetica dei nuovi casi, proprio per contestualizzare e tracciare la loro evoluzione in tempo reale. Questo aiuterà a garantire la preparazione per il contenimento e la gestione del problema, e una comprensione più completa faciliterà lo sviluppo di modelli predittivi». Lo studio è stato inviato a Lancet Infectious Disease per la pubblicazione.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)
Il valico di Rafah (Getty Images)