2025-02-27
Allo studio una «mini Nato» interna all’Unione. Ma è già corsa per sfilarsi
Ieri Emmanuel Macron, in videoconferenza, ha spiegato ai 27 cosa ha concluso a Washington. Il suo progetto per ora raccoglie pochi consensi. E la Russia punta subito i piedi.Vertici allargati, vertici ristretti, bilaterali, quadrangolari, una serie impressionante di dichiarazioni ma una sola verità: la costituzione di un esercito europeo è una chimera. Ce lo ha ribadito ieri una fonte militare di primissimo piano: per costituire un esercito europeo, sarebbe necessario che tutte le procedure, dal reclutamento a salire, fossero le stesse per tutto il continente. Per di più, la Difesa è uno di quei settori che sono rimasti sotto la completa sovranità degli Stati europei. La disputa su chi guiderebbe questa forza è pura speculazione filosofica: per arrivarci, occorrerebbe un percorso di decenni. Quello che invece si può fare, anche in maniera abbastanza rapida, è costituire una «mini Nato» europea, ovvero una organizzazione che pur non disponendo di truppe proprie possa contare su quelle degli Stati membri, che le mettono a disposizione per specifiche missioni e che reagiscono automaticamente in caso che uno dei propri membri venga attaccato (il famoso articolo 5 della Nato, che prevede l’impegno reciproco delle parti a considerare un attacco armato contro una o più di esse come un attacco diretto contro tutte). Questa «mini Nato» avrebbe una struttura operativa collegiale e soprattutto procedure standardizzate, valide per tutti i contingenti di tutti gli Stati che ne farebbero parte. Di questo si parla, in questi giorni, quando si ragiona sulla eventualità di costituire una Difesa comune europea: di questo quindi si discuterà il prossimo 6 marzo, al Consiglio europeo straordinario convocato dal presidente Antonio Costa, che ieri ha riunito in videoconferenza i 27 capi di Stato e di governo europei per un breve summit. Una mezz’oretta di incontro durante la quale il presidente francese Emmanuel Macron ha informato i colleghi europei dei contenuti del suo incontro a Washington con Donald Trump: «Stiamo continuando a lavorare», ha scritto Costa su X, «su uno stretto coordinamento europeo. Oggi (ieri, ndr) il presidente Emmanuel Macron ha informato i leader dell’Ue sul suo incontro con Donald Trump all’inizio di questa settimana a Washington. Molto utile per preparare il nostro Consiglio europeo straordinario del 6 marzo, dove prenderemo decisioni sul nostro sostegno all’Ucraina e sul rafforzamento della difesa europea». Macron ieri a Parigi ha incontrato il probabile prossimo cancelliere tedesco Friedrich Merz, mentre oggi alla Casa Bianca Trump riceve il premier britannico Keir Starmer. Lo stesso Starmer il prossimo fine settimana ospiterà a Londra un vertice al quale prenderanno parte alcuni leader europei (dovrebbero essere quelli di Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Polonia, Spagna, Danimarca, Olanda), insieme a Ursula von der Leyen, al segretario generale della Nato Mark Rutte e a Volodymyr Zelensky, che si fermerà nella capitale britannica di ritorno da Washington, dove domani, venerdì, incontra Trump. Tiene banco la questione dell’invio di truppe di Paesi europei in Ucraina per garantire la sicurezza dopo l’eventuale cessate il fuoco, opzione fortemente caldeggiata da Macron e Starmer. Trump la scorsa settimana ha detto di essere favorevole all’ipotesi, garantendo che anche Vladimir Putin non avrebbe nulla in contrario, e ieri ha ribadito che «l’Europa dovrà fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina». Su questo punto occorre registrare le parole molto nette pronunciate ieri dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: «Non possiamo considerare e non considereremo una tale opzione», ha scandito Lavrov, secondo il quale, riferisce l’Ansa, il piano immaginato da Macron, che prevede un cessate il fuoco immediato, lo schieramento di peacekeeper e in seguito negoziati sulle questioni territoriali e altri argomenti «non è altro che un inganno. Non possiamo dare l’assenso», ha aggiunto Lavrov, «a una pausa che mira soltanto a un obiettivo: pompare ancora di armi l’Ucraina». La partita di poker sta per finire e chi ha più fiche da giocare alza la posta, è chiaro, ma è molto meno chiaro quali Stati europei sarebbero disposti a inviare truppe in Ucraina. Innanzitutto, quanti soldati sarebbero necessari per assolvere al compito? Chi parla di 30.000 uomini evidentemente o bluffa o non si rende conto che una missione così delicata avrebbe bisogno di almeno 200.000 soldati. Oltre alla Francia, la Gran Bretagna è favorevole. La Germania si tiene coperta: Merz ha dichiarato che «è troppo presto» per parlarne. No dalla Polonia: il premier Donald Tusk ieri ha ribadito che le truppe polacche non parteciperanno direttamente alla missione di peacekeeping». Per il Portogallo, questa opzione al momento, «non è nemmeno in fase di valutazione. Quando si discute un piano di pace», ha detto ieri il ministro della Difesa Nuno Melo, «si attua quel piano e solo dopo si valuta la necessità di inviare o no dei soldati». Contraria anche la Romania: «No all’invio di truppe romene in Ucraina, sì al finanziamento del settore della Difesa nazionale»: ha scritto ieri sui social il premier romeno Marcel Ciolacu. Gli altri Stati non hanno espresso ancora un posizione ufficiale.
Jose Mourinho (Getty Images)