
Il Consiglio di Stato: rifare la gara da 1 miliardo per il primo impianto italiano. Si complica la trattativa con Baku Steel.Il maxi-appalto da un miliardo di euro per costruire a Taranto il primo impianto italiano di preridotto a idrogeno verde, con una capacità produttiva stimata in 2 milioni di tonnellate annue, è stato annullato dal Consiglio di Stato. La decisione, presa il 15 maggio, è passata inosservata, ma piomba come un macigno sul già fragile processo di rilancio dell’ex Ilva – oggi Acciaierie d’Italia – e rischia di far deragliare uno dei progetti simbolo della transizione ecologica nazionale. Il progetto rientra nel piano di riconversione green dell’ex Ilva, volto a decarbonizzare il polo siderurgico tarantino.La gara, bandita da Dri d’Italia, società pubblica controllata da Invitalia, dovrà ora essere rifatta da capo. I giudici amministrativi (quinta sezione, presidente Alberto Urso) hanno accolto il ricorso di Danieli & C. Officine Meccaniche, che aveva contestato l’assegnazione alla concorrente Paul Wurth, evidenziando violazioni del Codice degli appalti e il mancato rispetto dei requisiti tecnici.La sentenza ha sancito l’illegittimità della procedura semplificata adottata da Dri, ribadendo che anche per i progetti strategici e finanziati con fondi pubblici valgono le regole di trasparenza e concorrenza. Un nodo centrale ha riguardato proprio l’applicabilità del Codice dei contratti pubblici, che Dri sosteneva di non dover applicare. Ma sia il Tar lo scorso anno che il Consiglio di Stato hanno stabilito che, essendo una società interamente partecipata da Invitalia, Dri è soggetta alla normativa sugli appalti pubblici. Il verdetto arriva mentre a Taranto si consuma l’ennesima crisi. Il sequestro dell’Altoforno 1 da parte della Procura – dopo l’incendio del 7 maggio – ha spinto in cassa integrazione circa 4.000 operai, con la prospettiva che si arrivi presto a 5.500, ossia quasi tutta la forza lavoro. L’azienda è tecnicamente vicina al fallimento: i 100 milioni in arrivo dal governo, parte del prestito ponte, garantiscono appena tre mesi di sopravvivenza.A complicare ulteriormente il quadro, si è aperto un duro scontro istituzionale tra Acciaierie d’Italia e la magistratura. L’azienda ha lamentato la mancata autorizzazione al colaggio dei fusi presenti nell’Altoforno 1, attività ritenuta essenziale per non compromettere in modo irreversibile l’impianto. La Procura di Taranto, dal canto suo, ha smentito di aver ricevuto tempestivamente le richieste.Su questo punto è intervenuto anche il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), con una nota ufficiale in risposta all’Associazione nazionale magistrati di Lecce. Il Mimit ha precisato che «non corrisponde al vero che siano trascorse appena 22 ore» tra la richiesta di colaggio e l’autorizzazione, sottolineando invece che «sono trascorsi ben 9 giorni e l’attività non risulta allo stato ancora autorizzata». Secondo il ministero, la prima istanza risalirebbe all’8 maggio, subito dopo il sequestro, quando già il capo area altoforni segnalava la necessità di intervenire in tempi stretti. Una seconda istanza, presentata il 9 maggio, veniva trasmessa con urgenza, ma «solo alcuni degli interventi richiesti sono stati autorizzati», escludendo proprio il colaggio dei fusi. Di conseguenza, «l’Afo 1 risulta compromesso».Non è la prima volta che Taranto rimane vittima del cortocircuito tra salute, ambiente, giustizia e lavoro. Dalla cacciata della famiglia Riva in poi, l’ex Ilva ha attraversato tutte le stagioni del fallimento italiano: lo scudo penale prima introdotto e poi abolito, l’arrivo di ArcelorMittal mai davvero interessata al rilancio, il ritorno dello Stato, e ora la ricerca disperata di un nuovo partner industriale.Tra i possibili candidati figura Baku Steel, colosso azero dell’acciaio, ma la trattativa è apparsa sin da subito debole. Nonostante il vantaggio competitivo sui costi energetici, la dimensione dell’azienda caucasica è limitata. Il blocco giudiziario ha indebolito il negoziato. Il governo ha cercato invano anche un investitore italiano da affiancare: nessuno ha risposto. L’impressione – sempre più concreta – è che Taranto sia tornata al punto di partenza, ancora una volta. A frenare ogni piano industriale c’è anche un altro fardello: i costi dell’energia. Già nel 2019 erano superiori del 25% rispetto alla media europea; oggi superano il 40%. In queste condizioni, anche il piano più solido si trasforma in carta straccia.E mentre Taranto sprofonda, anche altri poli strategici annaspano, come Piombino, la raffineria di Priolo. Interi segmenti dell’industria pesante italiana sono a rischio. In Europa si reagisce: Londra ha ripreso il controllo di British Steel, Parigi lavora da anni a una strategia continentale per l’acciaio. L’Italia, invece, resta in attesa.Il progetto dell’impianto Dri – il cuore della decarbonizzazione dell’ex Ilva – resta in piedi, ma ora dovrà essere riassegnato con una nuova gara. Il Consiglio di Stato è stato chiaro: le regole valgono anche per i progetti strategici. Ora il timore condiviso da sindacati, governo e azienda è che i tempi si dilatino ancora, fino a rendere irrecuperabile l’impianto.
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
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Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.
Il ministro della giustizia libico Halima Abdel Rahman (Getty Images)
Il ministro della giustizia libico, Halima Abdel Rahman, alla «Verità»: «L’arresto del generale dimostra che il tempo dei gruppi armati fuori controllo è finito e che anche la Rada deve sottostare al governo di Tripoli». Pd e M5s attaccano ancora l’esecutivo. Conte: «Italia umiliata».
Il caso di Osama Almasri Anjim, arrestato e rinviato a giudizio delle autorità libiche ha scatenato una dura polemica politica fra governo e opposizione. L’ex capo di una delle più potenti milizie di Tripoli a gennaio scorso era stato rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo aveva motivato il suo allontanamento con la pericolosità del soggetto, che era stato accolto a Tripoli da centinaia dei suoi fedelissimi con bandiere e scariche di kalashnikov.
Ansa
Raid Idf contro Hezbollah. Witkoff: «Il Kazakistan aderirà agli Accordi di Abramo».
Uno dei principali esponenti di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha rivelato che la sua organizzazione e l’Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno raggiunto un’intesa preliminare per la creazione di un comitato provvisorio incaricato di gestire la Striscia di Gaza in nome dell’Anp. La notizia, riportata dal Times of Israel, segna un possibile punto di svolta nella complessa governance dell’enclave palestinese, sebbene permangano numerose incognite. Secondo quanto dichiarato da Abu Marzouk all’emittente amica Al Jazeera, il nuovo organismo avrebbe la responsabilità di sovrintendere ai valichi di frontiera e di coordinare le forze di sicurezza locali, sotto la presidenza di un ministro dell’Anp.






