2024-06-15
Stellantis snobba l’Ue ma poi critica il muro alle elettriche cinesi
Auto elettriche in assemblaggio nello stabilimento Leapmotor di Jinhua (Getty Images)
Solo il 10% degli investimenti nell’Unione, il 74% in Nord America. Anche per questo la Commissione si protegge dalla concorrenza.Può una casa automobilistica che punta il 74% dei suoi investimenti sull’e-mobility nel Nord America lamentarsi perché nel Vecchio Continente il mercato dell’auto elettrica non funziona? Può bocciare i dazi fino al 38,1% imposti da Bruxelles sulle vetture cinesi e poi racimolare appena il 10% del suo budget sull’innovazione elettrica dell’Unione, fingendo di non sapere che è proprio a causa della mancanza di gigafactory e materie prime che la Commissione è costretta a proteggersi? Può chiedere di continuo incentivi ai mercati (vedi Italia) sui quali dichiara di credere, salvo poi continuare con le politiche di cassa integrazione, promesse di produzione disattese e progetti svaniti (vedi Termoli)? Evidentemente sì. È quello che fa da mesi Stellantis e viene di continuo riproposto dal suo ad Carlos Tavares: anche ieri il manager portoghese che nel 2023 ha guadaganto 36,5 milioni di euro, nel corso dell’Investor day del colosso franco-italiano dell’auto se l’è presa un po’ con tutto il resto del mondo tranne che con se stesso. I dazi che la Commissione Ue sta per imporre ai veicoli cinesi? Sono sbagliati perché aumentano la frammentazione del mercato. Le vendite e la produzione che non vanno soprattutto in Italia? Sarà mica responsabilità di Tavares se il mercato dell’elettrico da noi supera di poco il 2%, in Spagna è al 4%, mentre in Scandinavia raggiunge il 40% e in Francia e in Portogallo il 15%? Il progetto della gigafactory di Termoli sospeso? Responsabilità di Acc, la joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies, mica nostra. Peccato che poi ci siano i numeri a mostrare altre realtà. Un recente studio di Transport&Environment, che si occupa con grande autorevolezza di tematiche legate alla mobilità e all’ambiente ha evidenziato che nel 2023 i player dell’automotive globale hanno destinato 42 miliardi di investimenti per lo sviluppo dell’industria e delle infrastrutture per la mobilità elettrica europea, rispetto ai 58 miliardi di euro investiti nel Nord America. I maggiori beneficiari del flusso di investimenti, tra il 2021 e il 2023, sono stati il Regno Unito (26 miliardi), la Germania (13 miliardi) e la Spagna (10 miliardi), mentre l’Italia è riuscita ad attrarre solo 1,3 miliardi. Ma i dati più interessanti sono quelli che riguardano la ripartizione degli investimenti delle singole case automobilistiche.Stellantis, come detto, investe solo il 10% per la e-mobility in Europa, salvo poi farci la morale per i dazi che frammentano il mercato e per le scarse vendite Bev in Italia, e il 74% in Nord America. Mentre solo 6 produttori - Bmw, Jaguar Land Rover , Renault, Mercedes, Nissan e Volkswagen) hanno indirizzato più del 50% dei loro budget eletrici in Europa. «Dati», evidenzia l’analisi, «che dovrebbe far suonare un campanello d’allarme per l’Europa, perché l’attuale mancanza di una strategia industriale coerente per i veicoli elettrici, in grado di competere con la Cina e gli Stati Uniti, sta ostacolando gli investimenti anche da parte delle case automobilistiche nazionali». «Per dire», continua l’analisi, «nei paesi oltre l’Atlantico, quasi due terzi (65%) degli investimenti in veicoli elettrici, tra il 2021 e il 2023, provengono da industrie straniere, attratte soprattutto dalle sovvenzioni previste dall’Inflation reduction act.Il problema è che anziché fare squadra, la case automobilistiche europee gareggiano tra di loro. Una strategia rispetto alla quale Stellantis fa da maestra. Le parole di Tavares contro i dazi, per esempio, hanno un obiettivo ben preciso che è quello di salvaguardare l’investimento nella cinese Leapmotor, un giovane costruttore specializzato in veicoli elettrici con piattaforme altamente tecnologiche e a costi contenuti. L’ad Tavares e il presidente John Elkann starebbero valutando seriamente l’ipotesi di trasferire la produzione di alcuni veicoli della casa cinese in Europa, proprio per dare una risposta alla stretta di Bruxelles. Si tratterebbe, in buona sostanza, di anticipare il trasferimento dell’assemblaggio dei modelli Leapmotor nei siti europei di Stellantis, con l’obiettivo abbastanza evidente di non pagare i dazi. Sarebbe un reale vantaggio per il mercato italiano? Difficile da dire. Molto dipenderà da quello che potrà succedere nella pratica. Se dovesse trattarsi di un mero assemblaggio con i componenti che arrivano tutti dalla Cina sarebbe un conto, mentre se dovesse configurarsi un lavoro di produzione a 360 gradi con una parte della componentistica che viene acquistata in loco, i vantaggi per l’Italia aumenterebbero. Nell’impossibilità di riuscire a prevedere quello che ci riserverà il futuro, siamo però abbastanza sicuri di una cosa: Stellantis sceglierà la strada che gli sembrerà più profittevole e se poi dovesse sbagliarsi, le colpe sarebbero senza dubbio di qualcun altro.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.