2024-04-07
Stangata e fermo per la nave di Casarini
Multa di 10.000 euro e stop di 20 giorni per la Mare Jonio, attraccata a Pozzallo dopo i presunti spari della Guardia costiera libica. L’ex tuta bianca: «Rappresaglia, Meloni non ci fai paura, faremo un esposto». Intanto, l’hotspot di Lampedusa è al collasso.Il curato di Turbigo sugli spazi negati per il Ramadan: «Dovere del Comune rispondere».Lo speciale contiene due articoli.Un copione già scritto. Tutto altamente prevedibile. Eppure per la Ong Mediterranea, che con la nave Mare Jonio lo scorso 4 aprile ha recuperato in mare 56 migranti, sotto il naso e i presunti spari della Guardia costiera libica, l’epilogo sarebbe «l’ennesima rappresaglia di un sistema criminale» e un governo disumano. Un governo, quello italiano, che ha notificato alla Ong un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa di 10.000 euro, come previsto dal decreto Piantedosi del gennaio 2023. A quanto si apprende, gli operatori della Mare Jonio, sarebbero responsabili di aver istigato la fuga dei migranti per sottrarsi alla Guardia costiera libica. Non solo, secondo le autorità italiane, uno dei gommoni di soccorso si sarebbe avvicinato alla motovedetta libica Fezzan e avrebbe incitato i migranti già soccorsi in precedenza a lanciarsi in mare così da interrompere le operazioni dei libici. Una ricostruzione contestata dall’equipaggio guidato da Luca Casarini che ieri ha indetto una conferenza stampa sull’accaduto, nella quale si è rivolto direttamente a Giorgia Meloni: «Non ci fai paura» ha detto l’ex capo delle tute bianche, già al centro di una inchiesta della Procura di Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione del codice della navigazione. «È una rappresaglia. Noi continueremo a pensare che è giusto salvare vite, questi provvedimenti non ci fermeranno, noi continueremo». Mentre Mediterranea parla di criminalizzazione del soccorso in mare, secondo le autorità italiane la dinamica sarebbe piuttosto lineare. Il soccorso infatti è avvenuto in area Sar libica, ossia di competenza della Guardia costiera libica. Il che significa che salvo specifiche indicazioni del centro di Ricerca e Soccorso della Guardia costiera di Roma, il recupero dei migranti in mare spetta ai libici. Nonostante Casarini e compagnia si ostinino a parlare di «cosiddetta» Guardia costiera libica o addirittura di «bande di miliziani», dal 2018 la Libia ha un suo Mrcc (centro di coordinamento) regolarmente riconosciuto a livello internazionale. È la stessa Unione Europea inoltre a ritenere le Libia un interlocutore credibile, visto che la sostiene nella gestione delle frontiere terrestri, aeree e marittime, tramite la missione Eubam- Libia, da poco rinnovata fino al 2025. Ma le leggi internazionali, cui la Ong tanto si appella, evidentemente valgono solo quando fanno comodo. Perché a dirla tutta, secondo Casarini, la Libia non dovrebbe nemmeno avere una sua zona Sar visto che «non si può dare una zona di ricerca e soccorso a un Paese che non è in grado di assicurare un porto sicuro alle persone». Visto che la responsabilità delle operazioni di soccorso, piaccia o meno, spetta alla Libia, va da sé che ogni operazione non autorizzata da parte di una nave straniera, possa apparire come un’interferenza. Di qui il tentativo dei libici di allontanare la Ong dalle imbarcazioni dei migranti, anche sparando colpi in aria. Alla vista della Mare Jonio infatti, i migranti già recuperati dai libici avrebbero cercato una via di fuga. Dinamica del tutto prevedibile: poiché nessuno di quanti hanno pagato migliaia di dollari ai trafficanti per garantirsi un ticket verso l’Europa vuole tornare in Libia, non appena la Ong compare all’orizzonte si crea il caos. Comprensibilmente. Il capo missione di Mediterranea Denny Castiglione invece si dichiara basito. «Dicono che abbiamo creato pericolo per la vita umana durante l’operazione. È assurdo». Secondo gli operatori umanitari infatti, la Ong sarebbe stata la prima ad arrivare nel punto di mare in cui si trovano i migranti, motivo per cui il suo team legale starebbe lavorando ad un esposto per fare chiarezza su quanto accaduto. A difesa della nave umanitaria si è schierato Antonio Nicita del Pd che ha chiesto una interrogazione urgente in Senato. La sua colpa, osserva, è «aver salvato vite, sotto gli spari di una motovedetta libica, pur essendo i primi ad arrivare ed essendo on scene coordinator». Sulla stessa linea Nicola Fratoianni, dell’Alleanza Verdi Sinistra. «Invece di perseguire chi spara contro dei naufraghi e chi, come è stato documentato dalla ong, frusta degli esseri umani sulle imbarcazioni regalate e finanziate dal governo italiano - rileva - si accaniscono contro chi salva delle vite. Meloni, Piantedosi, Crosetto non hanno nulla da dichiarare?». Per la nave di Mediterranea, che dal 2021 ha ricevuto più di 2 milioni di euro di contributi dalla Cei e alcuni diocesi italiane, è il secondo stop in pochi mesi. Ma c’è da giurarci che sia stato messo tutto in conto o «sul conto». Conseguenze delle proprie operazioni comprese. Del resto, come Casarini ha più volte dichiarato, l’obiettivo di Mediterranea e quindi della Mare Jonio, prima che umanitario è politico. Ieri, intanto, si sono registrati nove sbarchi a Lampedusa, per un totale di 394 persone. L’hotspot dell’isola è strapieno, con 1.141 ospiti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stangata-fermo-nave-casarini-2667709771.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="parroco-in-aiuto-dei-musulmani-loro-diritto-riunirsi-per-pregare" data-post-id="2667709771" data-published-at="1712429011" data-use-pagination="False"> Parroco in aiuto dei musulmani: «Loro diritto riunirsi per pregare» A Turbigo, in provincia di Milano, prosegue lo scontro tra la giunta e la comunità mussulmana locale, Moschea Essa. L’oggetto della disputa è la non concessione, da parte del Comune, di uno spazio pubblico per celebrare la fine del Ramadan. Ieri è intervenuto anche il parroco, don Carlo Rossini. La decisione era arrivata lo scorso venerdì in seguito a un ricorso al Tar presentato dal legale della comunità islamica, Luca Bauccio, per via delle mancate risposte del Comune alle loro richieste. Le ragioni portate dalla giunta sono state l’impossibilità di trovare un posto adeguato, a fronte anche della carenza di organico per garantire la sicurezza e della non specificazione di un numero preciso di partecipanti. La comunità islamica non ha gradito il rifiuto, accusando la giunta di xenofobia e rimettendosi nuovamente al Tar. «Io sono venuto a conoscenza di questa situazione solo qualche giorno fa, dopo Pasqua», ha dichiarato don Carlo Rossini. «Credo ci sia sicuramente il diritto, da parte della comunità islamica, di avere dei luoghi e che ci sia il dovere, da parte delle istituzioni, di rispondere alle richieste. Detto questo, se il Comune non ha spazi, non può certo inventarseli». Il parroco ha spiegato che a Turbigo c’è una «discreta percentuale» di abitanti mussulmani, nell’ordine di qualche centinaia, e che finora «non ci sono mai stati problemi» nei rapporti tra le comunità. Il curato d’altra parte riconosce «il loro diritto di ritrovarsi e il dovere del Comune di rispondere», ma «se il Comune non ha i posti, non può costruirli in una settimana». Parole in linea con quelle pronunciate l’altro giorno dallo stesso sindaco, quando aveva affermato che la sua «amministrazione si trova nell’impossibilità di assegnare uno spazio non per volontà dell’ente, che intende invece garantire e tutelare la libertà religiosa e di culto di tutte le comunità», e per tale ragione aveva invitato a cercare uno spazio privato, «per dar luogo a un evento che consenta la piena condivisione e la valorizzazione della tradizione della comunità islamica». Versione rifiutata, però, dall’associazione mussulmana, che si è rivolta nuovamente al Tar, il quale ha ora disposto l’intervento del Prefetto di Milano. Questi - si legge nel decreto visionato dall’Agi - dovrà «avviare un confronto tra le parti», amministrazione e Moschea Essa, «anche attraverso la convocazione di un’apposita riunione entro la giornata di lunedì 8 aprile». In tale circostanza, dovrà valutare «la sussistenza o meno di «comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica» che impediscano la celebrazione religiosa «nel campo sportivo e negli spazi scoperti e, se in caso negativo, in quelli coperti». «È ciò che avevamo chiesto», ha dichiarato l’avvocato Luca Bauccio, autore del ricorso insieme con il collega Aldo Russo. «Adesso sarà il prefetto a trovare una soluzione. Da parte nostra vi è sempre stata la volontà di collaborare». Tra gli elementi evidenziati nel ricorso, anche una festa che ogni anno si celebra a Turbigo, il gran falò della gioia, in uno spazio che invece secondo i legali verrebbe negato ai mussulmani. Sarà dunque il prefetto a dirimere la questione, dopo la straordinaria solerzia con cui - certamente in ragione dell’imminente fine del Ramadan - è intervenuto per ben due volte il Tar.
(Esercito Italiano)
Si è conclusa nei giorni scorsi in Slovenia l’esercitazione internazionale «Triglav Star 2025», che per circa tre settimane ha visto impegnato un plotone del 5° Reggimento Alpini al fianco di unità spagnole, slovene e ungheresi.
L'esercitazione si è articolata in due moduli: il primo dedicato alla mobilità in ambiente montano, finalizzato ad affinare le capacità tecniche di movimento su terreni impervi e difficilmente accessibili; il secondo focalizzato sulla condotta di operazioni offensive tra unità contrapposte. L’area delle esercitazioni ha compreso l’altopiano della Jelovica, nella regione di Gorenjska, e il massiccio del Ratitovec, tra i 900 e i 1.700 metri di altitudine.
La «Triglav Star 2025» è culminata in un’esercitazione continuativa durata 72 ore, durante la quale i militari hanno affrontato condizioni meteorologiche avverse – con terreno innevato e fangoso e intense raffiche di vento in quota. Nella fase finale, il plotone italiano è stato integrato in un complesso minore multinazionale a guida spagnola. La partecipazione di numerosi Paesi dell’Alleanza Atlantica ha rappresentato un’importante occasione di confronto, favorendo lo scambio di esperienze e competenze.
La «Triglav Star 2025» si è rivelata ottima occasione di crescita, contribuendo in modo significativo a rafforzare l’integrazione e l’interoperabilità tra le forze armate dei Paesi partecipanti.
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Richard Gere con il direttore di Open Arms Oscar Camps (Getty Images)