2021-02-19
La stampa «mastina» si prostra a San Mario
Mario Draghi (A.Masiello/Getty Images)
«Discorso perfetto», dice la Crusca. «Riaccende l'amor patrio», secondo il «Qn». Per «Il Foglio», il banchiere ha dato «una lezione formidabile», per «Repubblica» ogni parola «era una notizia». I buddisti l'adorano. Ma lui ha solo dimostrato banale buon senso.E quando ha chiesto «posso sedermi»? Non è stato eccezionale? Chi altro al mondo avrebbe detto «posso sedermi» come l'ha detto lui? Si vede che è proprio un «marziano», come titola a tutta pagina Repubblica. Anche quando sbaglia i numeri, per dire: l'avesse fatto qualcun altro sarebbe stato una gaffe. La sua, invece, è una licenza aritmetica. Celestiale, ovviamente, come tutto il resto del suo discorso che è stato insieme lungo e corto, politico e impolitico, freddo e emozionato, ideologico e anti ideologico, tutto e il contrario di tutto. Oserei dire perfino uno e trino come la perfezione divina alla quale egli si è certamente accostato. Lo certifica laicamente l'Accademia della Crusca: «Inutile andare a caccia di imperfezioni, è stato perfetto». Così il giorno dopo il suo esordio nell'Aula del Parlamento, l'essere perfettissimo Mario Draghi può godersi i sobri commenti dei giornali. Il più negativo dei quali dice: «Discorso di altissimo livello». Pare che l'autore sia già stato segnalato all'apposito Minculdrag e sottoposto a duro interrogatorio: «Come mai tanta acrimonia nei confronti del premier?». In effetti. «Forza Draghi», titola sobriamente a tutta pagina Il Giornale. «Un'Italia per i nostri figli», stampa a caratteri cubitali La Repubblica. E Il Messaggero non lesina inchiostro e maiuscole: «Insieme per la Ricostruzione», dove la Ricostruzione è già un'epoca storica, come il Rinascimento e il Risorgimento. Molti quotidiani hanno ripubblicato integralmente l'intervento del premier («estraibile e conservabile», sottolinea il Qn), perché, è ovvio, qui si tratta di tramandarlo ai posteri: insieme alla Divina Commedia e ai Promessi Sposi pare possa entrare a far parte anche dei prossimi programmi scolastici. Si studieranno insieme: «Nel mezzo del cammin di nostra vita», «quel ramo del lago di Como» e «posso sedermi?». Alta poesia. Per portarsi avanti, il Corriere della Sera dedica alla fondamentale opera letteraria ben 11 pagine. Prima la sintesi, poi il testo completo, poi l'analisi (in pratica una specie di vivisezione argomento per argomento), e infine anche la revisione dei contenuti tramite l'originale formula dell'alfabeto: dall'A di «attrarre» alla Z di «zero», tutte le parole del premier, passando per l'«egoismo da evitare» e i «modelli da cambiare». Più che il programma del premier, in pratica, il bigino della santità. Solo la lettera B non convince molto (l'autore opta per un «Buon», riferito a pianeta). Non sarebbe stato più facile «Banalità»? Macché. «Ogni riga del discorso di Draghi contiene almeno una notizia» (Repubblica). Almeno. E, sia chiaro, «queste non sono solo chiacchiere», (Massimo Giannini, direttore della Stampa). La «ricetta» di Draghi infatti «somma pensiero e azione» (Maurizio Molinari, direttore di Repubblica). Capito? Gli altri è già tanto se pensano. Lui no: pensa e il suo pensiero è subito realtà. Meglio di Eta Beta. Per l'appunto: un marziano. Per altro, dopo aver letto la rassegna stampa, sarebbe offensivo dire che Draghi abbia parlato. Macché. Lui non parla. Lui, al massimo, tiene una lezione. Meglio: «una formidabile lezione» (Il Foglio). Lui «sale in cattedra» (più quotidiani). O meglio ancora: lui «scolpisce espressioni» (La Stampa). Diciamocelo: è il Michelangelo della politica, un incrocio tra Canova e l'intergruppo Pd-M5s-Leu, l'arte del Bernini innestata sulle larghe intese. E di fronte a cotanta bellezza i giornali si scoprono privi di parole adeguate. Così finiscono per usare quelle più retoriche. Com'è l'elenco di Draghi? «Puntuale» (Qn). Il ricordo? «Commosso» (La Stampa). La svolta? «Doverosa» (Il Foglio). L'obiettivo? «Strategico». Ma anche «comune» (Il Messaggero). Lo sforzo? «Unitario» (Il Messaggero). La battuta? «Fugace» (Qn). La citazione? «Elegante». (La Stampa). Nell'insieme siamo di fronte a un discorso «impegnativo, importante, ricco di spunti» (La Stampa), che regala «parole bellissime» (Qn), ma anche «parole nette» (Il Foglio) e che «riaccende l'amor patrio» (Qn). L'essere perfettissimo, nella sua infinità bontà, saprà perdonare commenti così severi e insieme così scontati. L'estasi, si sa, rapisce l'anima ma inaridisce il vocabolario. In realtà nel discorso di Draghi c'erano all'incirca le solite banalità che si sentono in questi casi. Né più né meno, al massimo più. Ma sui giornali sono state trasformate in oro fra gli osanna dei colleghi: una vecchia citazione di Cavour diventa una pietra miliare della politologia, un quasi ovvio riferimento al Papa diventa l'embrione di un trattato di teologia. Se Draghi dice: «Seguiamo quel che accade in Asia» (più o meno come potrebbe dire chiunque), sono già cambiate le sorti della geopolitica planetaria (del resto, si sa, il pensiero è subito azione). C'è addirittura un esperto di comunicazione politica, tal Pietro Raffa che ha sostenuto: «Draghi è il primo che parla di come sarà il mondo dopo la pandemia citando il riscaldamento globale». Ecco, che strano, non ce n'eravamo accorti: finora nessuno ha mai citato il riscaldamento globale. Ma proprio nessuno. Stavano tutti aspettando il genio innovativo di Draghi. Il nuovo premier (sempre sia lodato) appare come un «banchiere freddo», però allo stesso tempo è anche «emozionato». «Non lascia trasparire niente». Però «lascia trasparire tutto». Le sue emozioni sono «vere», «spontanee», però anche studiate un po' a tavolino perché «non ha tralasciato nulla, nemmeno i sentimenti». È «cristallino» (Repubblica), «asciutto e senza fronzoli» (La Stampa), uno «stile essenziale e per sottrazione», con «un completo scuro tre bottoni (più sportivo del classico a due») e addirittura (udite udite, colpo di magia) «senza pochette». Dev'essere il primo a comparire in Parlamento senza pochette, oltre che il primo a parlare di riscaldamento globale. Perciò sicuramente è «uno statista». Ovviamente «atlantista, europeista, anti sovranista». Sempre in pista. Forse anche un po' dentista. Magari batterista. Di sicuro buddista. Lo attesta l'Unione buddisti italiana che «si ritrova nell'analisi» del presidente Draghi. Del resto se in quell'analisi si ritrovano da Landini a Brunetta, da Zingaretti a Salvini, figuriamoci se non possono ritrovarsi anche i buddisti. È la forza di un discorso che, come si lascia scappare Il Foglio, in uno slancio di inconsulta sincerità, «passerà alla storia più per quello che non ha detto che per quello che ha detto». E noi saremmo pure d'accordo, s'intende. Ma ci sembrava di aver capito che ci fosse una notizia in ogni riga…
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)