2022-05-01
Spuntano varianti nonostante i vaccini. Un altro sbaglio targato Ricciardi
Crolla la narrazione secondo cui il siero «taglia» la mutazioni. E i vaccinati under 60 non sono più protetti dalla malattia grave.L’«editto di Draghi» sul green pass è stato smentito 4,6 milioni di volte. Il premier disse: «Se ti immunizzi, non contagi». Ma i numeri dicono che non è vero.Lo speciale comprende due articoli. Due giorni fa, il laboratorio di microbiologia dell’ospedale San Gerardo di Monza ha isolato e identificato la BA.4, nuova sottovariante di Omicron al vaglio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e che non era ancora stata sequenziata in Italia. La segnalazione, come sempre, è stata usata per sostenere tesi di una pandemia senza fine, con mutazioni che giustificherebbero misure sanitarie prossime future. «Da qui all’autunno può accadere di tutto. Può anche succedere che il virus muti ancora e salti fuori una variante con caratteristiche meno preoccupanti», ha dichiarato Massimo Galli, ex direttore di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano. Per poi subito allarmare: «Può anche succedere, al contrario, che ci siano varianti più patogene. Non lo sappiamo». Però sappiamo che, dopo aver sentito il ministero della Salute insistere per mesi sulla necessità di vaccinare quanta più popolazione possibile, così da evitare «che emergano varianti come quella sudafricana. Per questo dobbiamo vaccinare, vaccinare e vaccinare», ripeteva anche lo scorso dicembre Walter Ricciardi, consulente di Roberto Speranza, le mutazioni non sembrano fermarsi, malgrado l’altissima percentuale di immunizzati nel nostro Paese. Il messaggio, ancora una volta, era e rimane sbagliato. «L’obiettivo varianti zero è ridicolo, al pari della strategia cinese zero Covid», osserva Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze del Sacco. «Presumibilmente, nella coda pandemica, ci sono molte mutazioni che aiutano il virus a rimanere all’interno della specie umana. Non provoca grossi danni, ma si assicura la possibilità di non essere intercettato completamente». Sarebbe come avere periodicamente un nemico diverso, con il quale stabile una forma di convivenza accettabile. «Varianti e sottovarianti continueranno a prodursi, perché questo è un virus a Rna, quindi prima che ci abbandoni passeranno anni e darà ancora tante mutazioni», spiega la professoressa. «Nessun vaccino è mai riuscito a creare un blocco totale della diffusione di virus a Rna», virus che, dopo aver infettato una cellula, ha come scopo quello di costituire nuove copie di sé stesso. Nella copia del materiale genetico originale, l’enzima che forma lunghe catene di Rna può commettere degli errori, le differenze rispetto all’originale sono le mutazioni che hanno conseguenze sul virus, rendendolo più o meno aggressivo. Il virus, dunque, può sfuggire mutando ma non per colpa dei non vaccinati, come ci stanno raccontando. «Le varianti continueranno indisturbate e forse», insistendo con quarte dosi, «si potrebbe effettuare una pressione biologica sulla formazione di nuove mutazioni», avverte la Gismondo. «Abbiamo la costante realtà del virus dell’Hiv, tutte le volte che si sperimenta un’ipotesi di vaccino questo ci sfugge, con delle mutazioni», precisa la professoressa. Un po’ come succede con la resistenza agli antibiotici, che uccidono i batteri sensibili ma danno spazio biologico a quelli resistenti, facendoli diventare dominanti. «Con i vaccini, che sicuramente sono essenziali e che ci hanno liberato da terribili pandemie, questo fenomeno non è da escludere», osserva. Che cosa occorre fare, dunque, se la narrazione dei richiami continui risulta così errata? «Fino a poco tempo fa abbiamo agito con l’unica arma disponibile, ovvero il vaccino, elaborato sul virus di Wuhan che non circola più. Eppure ci vacciniamo sempre con quello», ricorda l’esperta. «È cambiato il virus, ed è cambiata la nostra condizione perché stiamo andando verso la stagione calda. Sappiamo che i vaccini non coprono più di tre, quattro mesi, non c’è motivazione a vaccinarsi a maggio, con un vaccino obsoleto». Se per alcune persone fragili una quarta dose può essere una difesa in più, «non c’è alcuna motivazione per la quale persone che vivono in buona salute debbano fare un richiamo con un vaccino vecchio», insiste la Gismondo. «Diventerebbe uno spreco economico e aumenterebbero i possibili effetti collaterali, per un obiettivo irrealizzabile o inutile. In questa fase si dovrebbe puntare molto di più su antivirali e monoclonali, che sono efficaci». La nuova variante genotipizzata a Monza, anche se dall’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria hanno fatto sapere di averla individuata già qualche giorno prima (il 21 aprile), rivendicando la primogenitura, non dovrebbe, dunque, essere l’ennesimo pretesto per insistere con nuove dosi indiscriminate. I vaccinati sotto una certa età non sono più protetti nei contagi, lo conferma l’ultimo report esteso dell’Istituto superiore della sanità. Nell’aggiornamento del 27 aprile, il tasso di incidenza settimanale di «malattia severa» da Covid riportato nelle tabelle mostra che nella fascia 12-39 anni i senza vaccino non sono messi peggio dei vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni. Meglio, in assoluto, va per coloro che hanno concluso le due dosi da più di 120 giorni e questo risulta in controtendenza, rispetto alla raccomandazione di fare il booster per non risultare esposti al contagio. Nella fascia 40-49 anni, il tasso per 100.000 rivela che i non vaccinati stanno infettandosi gravemente con poche variazioni rispetto a chi ha preso entrambe le dosi, perfino rispetto a chi si è già fatto il richiamo. Da quando c’è Omicron, nelle popolazioni più giovani e impegnate nel lavoro il rischio così basso di ammalarsi seriamente di Covid non giustifica l’accanimento vaccinale. Soprattutto perché le reazioni avverse non calano.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/spuntano-varianti-nonostante-i-vaccini-un-altro-sbaglio-targato-ricciardi-2657243366.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-editto-di-draghi-sul-green-pass-e-stato-smentito-46-milioni-di-volte" data-post-id="2657243366" data-published-at="1651345661" data-use-pagination="False"> L’«editto di Draghi» sul green pass è stato smentito 4,6 milioni di volte Da quello che chiamo «editto di Mario Draghi», sono stati oltre 4,6 milioni gli italiani con green pass che hanno preso il Covid. In realtà sono parecchi di più. Questo è il numero minimo certificato dai bollettini di sorveglianza integrata Covid-19 dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Questi bollettini settimanali riportano il numero di persone con diagnosi Covid degli ultimi 30-31 giorni, i cui dati sono di volta in volta disponibili, ma non recano i totali generali e neppure le percentuali. Ma sono riuscito comunque a calcolare questi dati: per ragioni «storiche» e per omogeneità, ho deciso di riportare i dati riferiti a un lasso temporale definito, ovvero dal giorno successivo quello che definisco «l’editto di Draghi», espresso dal presidente del Consiglio dei ministri il 22 luglio 2021, quando disse «il green pass è una misura con cui gli italiani possono continuare a esercitare le proprie attività e avere la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose», fino all’ultima data disponibile. L’affermazione del presidente del Consiglio è stata, dunque, smentita dai fatti ben oltre quattro milioni e mezzo di volte. Ovviamente è impossibile sapere quante persone si siano contagiate proprio perché coltivavano la certezza dell’affermazione dell’ex governatore della Banca d’Italia e della Bce. Nel consultare i dati, sono emersi altri dati interessanti: fino al 17 ottobre 2021, la maggioranza di contagiati erano non vaccinati; dal 18 ottobre la maggioranza era costituita da persone che avevano ricevuto almeno due dosi; dal 15 novembre i contagi tra chi aveva ricevuto due dosi negli ultimi 120 giorni superavano quelli dei non vaccinati; dal 17 gennaio il numero dei contagiati tra chi aveva ricevuto tre dosi superava quello dei non vaccinati; dal 14 gennaio i vaccinati con tre dosi sono abbondantemente la maggioranza assoluta dei contagiati. Dunque, è evidente che da tre mesi sarebbe molto più probabile essere contagiati da chi ha il green pass, anche se i non vaccinati potessero liberamente frequentare gli stessi luoghi, cosa che non avviene ormai da agosto 2021. Nelle ultime due settimane, in particolare, almeno il 75,64% dei contagiati, e dunque contagiosi, hanno il green pass perché hanno tre dosi, o due dosi da più di quattro mesi e meno di sei. Ma l’aspetto ancora più interessante è confrontare i dati percentuali dei contagiati con quelli della popolazione totale, nelle diverse condizioni vaccinali (anche questi forniti dai bollettini dell’Iss). Si nota facilmente che, con il passare dei mesi, esse arrivano all’incirca a coincidere. Insomma, chi si è vaccinato «per gli altri» non ha aiutato il prossimo se non per quel misero 2 per cento in meno di contagiabilità riscontrata. In generale, il green pass si dimostra pressoché privo di efficacia rispetto al contagio, rendendo, anzi, i suoi possessori più pericolosi perché chi non ce l’ha è indotto a controllarsi (a sue spese) facendo i tamponi. Resta solo un elemento: l’obbedienza al governo. Chi si è vaccinato, come il sottoscritto, non è meno contagiabile e non è meno contagioso, ma, se non era convinto dell’efficacia dei preparati, lo ha fatto per obbedire al governo. Per il governo cinese questa è una virtù, ma il filosofo statunitense Hanry David Thoreau scrisse: «Voglio essere un buon cittadino, ma un pessimo suddito».
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