2019-11-13
Spunta la prefazione di Napolitano al libro con la firma del prof maltese
Nel 2011 l'allora capo di Stato pubblica un suo scritto nel testo Sull'orlo del baratro, una lunga intervista al dem Gianni Pittella. Chiude il volume un «saggio» del protagonista della spy story che inguaia Giuseppi.Era il dicembre 2011 quando, nel bel mezzo della tempesta perfetta della crisi economica mondiale, si ritrovarono sotto lo stesso tetto di carta Giorgio Napolitano e Joseph Mifsud. Uno, presidente della Repubblica. L'altro presidente della più modesta Euromediterranean university (Emuni) e futuro testimone chiave del Russiagate, da oltre un anno e mezzo scomparso dai radar perché braccato dai servizi segreti di mezzo mondo. L'occasione dell'«incontro editoriale» fu la pubblicazione del libro di Gianni Pittella, all'epoca potente eurodeputato del Pd, dal titolo emblematico - e sotto sotto profetico - Sull'orlo del baratro (Infinito edizioni srl). Entrambi firmarono una decina di paginette: Napolitano come prefatore-guest star, e Mifsud in qualità di esperto di economia insieme ad altri studiosi come Daniel Gros e Stefano Micossi.Il rapporto tra Pittella e Mifsud affiora diffusamente nelle inchieste giornalistiche sulla spy story che lega le presidenziali americane del 2016 alle mail rubate dagli hacker russi dal server di Hillary Clinton, e offerte all'entourage di Donald Trump. Fu proprio Pittella, infatti, a presentare a Mifsud la bella Simona Mangiante. Lo fece nel 2011, l'anno della pubblicazione del volume. Simona Mangiante è la moglie (italianissima, natali casertani) di George Papadopoulos, ovvero colui che fu contattato dal docente maltese perché, da collaboratore del tycoon Usa, utilizzasse le mail trafugate in campagna elettorale. La donna, per anni, ha lavorato anche all'Europarlamento.Nel libro di Pittella non ci sono però richiami a Washington o a Mosca, ma solo l'analisi di come l'Europa tremasse sotto i colpi della crisi dei subprime. E di Europa parla diffusamente, nel suo intervento, Napolitano: «Abbiamo oggi bisogno di più Europa», scrive il capo dello Stato che, colto da un certo lirismo, apre a una stagione di fratellanza universale. «Mari e oceani uniscono i popoli e i loro destini […]. Le circostanze attuali impongono più integrazione e una maggiore condivisione di sovranità specialmente nel settore della politica economica e finanziaria». «Per noi europei questa è un'assoluta necessità: non è possibile alcuna marcia indietro dalla moneta unica che 17 Stati membri liberamente hanno scelto di condividere». Sono quelli i mesi anche della Primavera araba, vere e proprie rivoluzioni che incendiano il Nord Africa e che porteranno, entro qualche anno, allo sconvolgimento dei vecchi assetti geopolitici. Scossoni che impensieriscono Napolitano, per il quale la soluzione è una sola: globalizzazione. «La finanza e gli strumenti finanziari si evolvono velocemente, troppo velocemente per consentire agli Stati di reagire in tempo utile. Non si tratta di un fallimento della globalizzazione, ma piuttosto del governo internazionale dell'economia. Per milioni di persone la globalizzazione ha rappresentato un potente motore di crescita e di benessere. Penso ai contadini in regioni remote, i quali possono godere di più accettabili condizioni di vita grazie a migliori tecniche di produzione o a nuove modalità di commercio affidate ai telefoni cellulari o a Internet». Ragion per cui, per l'inquilino del Quirinale, «determinati sconvolgimenti politici possono essere spiegati come una conseguenza positiva della globalizzazione che ha fatto sentire ciascun uomo o donna cittadino di un mondo più ampio». «Sta per tramontare l'era dei regimi che nascondono la verità, limitano il movimento delle persone e fanno ricorso a menzogne, alla corruzione e a false rappresentazioni del mondo esterno», era il suo auspicio.E Mifsud che cosa scriveva, invece? Il docente maltese battezzò il suo intervento con l'ottimistico titolo «Il tracollo è evitato ma la crescita è lontana», illustrando la sua non proprio originale ricetta per uscire dalle secche: «stimolare la produzione potenziale (Pil potenziale) e aumentare la flessibilità del mercato del lavoro, riformare il processo di unificazione fiscale, facilitare le misure di aggiustamento intra Ue, livellare gli squilibri economici globali». Inoltre, ammoniva, «l'Europa ha anche bisogno di un esperto sistema di gestione della crisi, qualora una crisi del genere dovesse ripresentarsi». La crisi non se n'è mai andata. E s'è aggiunto pure il Russiagate.